ROMA – “Prato? Come in Bangladesh e sindacati assenti”: Cesare Damiano, intervistato da Emiliano Liuzzi del Fatto Quotidiano, parla di “complicità di molti” a proposito dell’incendio nel quale sono morti sette operai cinesi, che lavoravano in nero, come tanti, in una fabbrica-dormitorio a Prato.
“Partiamo dal presupposto che dietro a quello che accade a Prato ci sono le complicità di molti, a partire dalle grandi griffe. E l’assenza di tanti altri”.
Una tragedia annunciata: chi ha perso?
“Abbiamo perso tutti e ha vinto la cattiva cultura dei tempi di crisi, quella per cui chiudiamo gli occhi purché si produca. È come se questa fase autorizzi tutti a non rispettare la minima regola. Il rispetto della dignità del lavoro”.
Potevano bastare i controlli?
“I controlli mirati servono. E i settori a rischio sono noti a tutti. Quando ero ministro, ai tempi del governo Prodi, qualche passo in avanti lo avevamo fatto. Siamo tornati indietro di mezzo secolo”.
La realtà di Prato è figlia dell’indifferenza, dicono oggi.
“Certo che lo è. E credo che la soluzione sia nel coinvolgimento di tutte le istituzioni, a partire dal ministero fino ai consigli di quartiere e alle organizzazioni sindacali. Non possono esistere zone franche. E non sono le grandi aziende a non rispettare le regole, ma le imprese invisibili come quelle di Prato. È inutile mandare gli ispettori nei call center, devono girare per i cantieri edili. Non possono lavorare dietro a una scrivania. Ormai siamo capaci solo di fare i buonisti in casa altrui”.
A cosa si riferisce?
“Al Bangladesh. Alla Nike che sfruttava i bambini. Ce la ricordiamo tutti quella vicenda. Un finimondo. Ci siamo scandalizzati, ma la vergogna ce l’abbiamo in casa. E l’attenzione mediatica finirà e tutto tornerà come prima. Anche a Prato”.
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