ROMA – “Non sparate sul David armato”, questo il titolo dell’articolo a firma di Vittorio Sgarbi sulle pagine de Il Giornale:
Sono molto perplesso sulle reazioni che ha determinato la sfrontata utilizzazione, attraverso un fotomontaggio, del Davide di Michelangelo come testimonial di una industria che produce armi, l’Illinois ArmaLite. Quando mi è stata descritta la scandalosa immagine, ho pensato a un semplice fucile che assimilava la celebre scultura a un notevole monumento alla Resistenza di Marino Mazzacurati in Piazza della Pilotta a Parma. Il giovane partigiano, con un mantello, in atteggiamento romantico e avventuroso, imbraccia il fucile mentre un compagno, colpito, sta a terra.
Per una causa nobile, una statua armata, assume la forza di un simbolo. È lecito, dunque, armare un giovane eroe come Davide, che espresse la sua violenza uccidendo, sia pure con un’arma più primitiva, Golia?
In altre rappresentazioni Davide tiene in mano la fionda con il sasso.
In molti dipinti esibisce, come un trofeo, la testa di Golia. È comunque un combattente, un guerriero. Non è soltanto un uomo bello, ignudo, apollineo, nella sua trionfante compostezza.
E se, come appare nella pubblicità della fabbrica americana, con un’arma tecnologicamente molto avanzata, difendesse una causa nobile? Se quel guerrigliero avesse accompagnato Allende o Che Guevara?
Perché non è poi detto, come afferma il direttore dell’Accademia Angelo Tartuferi, uomo intelligente e sensibile, che le armi e l’arte si escludano a vicenda: «L’immagine della violenza e delle armi non è accostabile a quella della bellezza».
Nella rappresentazione ogni soggetto è lecito. Così come mostrano gli infiniti martìri, con decollazioni, squartamenti, tagli dei seni, Giuditte, violente e insaziabili. L’arte è piena di ammazzamenti. E se i fucili arrivano tardi, non si contano le spade, le clave, i pugnali. Anche la Sovrintendente dei Musei fiorentini, Cristina Acidini, non è convincente: «Oltre che ad un atto illecito, siamo di fronte a un atto di cattivo gusto. La valenza estetica non può essere snaturata». Infatti è discutibile che un’immagine di dominio universale, come la Gioconda, non sia alterabile.
Duchamp ha pagato i diritti al Louvre per mettere i baffi alla Gioconda, come pretenderebbe Tartuferi per il Davide? «L’azienda statunitense non ha chiesto alcuna autorizzazione per utilizzare il Davide: l’opera di Michelangelo è coperta da diritti e l’utilizzo dell’immagine a fini pubblicitari è subordinato ad un permesso rilasciato dallo Stato». Il che vuol dire che, in cambio di denaro, sarebbe possibile trasformare il Davide in un feroce combattente.
Non lo è comunque. E, anzi, armato, appare ancora più sexy, la ragione prima della sua forza di attrazione.
Il ministro Franceschini sceglie la strada più rigida e, come indignato, dichiara: «L’immagine pubblicitaria del Davide armato offende e viola la legge. Agiremo contro l’azienda americana che deve ritirare subito la campagna » .
Forse sarebbe meglio lasciar perdere. La contaminazione delle e nelle immagini è una espressione tipica dell’arte contemporanea. Ed è difficile pretendere diritti, tecnicamente, non sulla riproduzione dell’opera originale ma su quella alterata, perché è un’altra immagine che potrebbe, a sua volta, pretendere diritti.
Non è da escludere che il malore che ha colto in queste ore il ministro dipenda da una oscura potenza apotropaica del Davide, disturbato da chi lo vuole disarmare.