“Le banche creditrici di Sorgenia sono pronte a mettere sul tavolo 300 milioni — anche convertendo il debito in azioni — per venire incontro al gruppo di energia controllato dalla Cir della famiglia De Benedetti e presieduta da Rodolfo De Benedetti, gravata da 1,86 miliardi di debiti, 600 milioni dei quali in eccesso. Ma chiedono che la Cir immetta in Sorgenia non 100 ma almeno 150 milioni di nuova finanza, anche se Cir punta i piedi”.
Sembra l’attacco di un romanzo di fantaeconomia, invece è il lead dell’articolo scritto da Fabrizio Massaro sul Corriere della Sera sulla drammatica vicenda di Sorgenia, che doveva affiancare Rodolfo De Benedetti al padre Carlo De Benedetti nel pantheon del capitalismo italiano e invece rischia, o ha rischiato, di mandare in fumo quel che resta dell’impero che Carlo De Benedetti aveva conquistato negli anni ’70 e ’80.
L’operazione cui stanno pensando le banche avrebbe come conseguenza la fine di un sogno di gloria ma il prezzo pagato dall’autore del disastro è relativamente basso, anche con un aiutino dall’appena sciolto Governo Letta.
La sostanza è detta in sintesi da Libero:
“Le banche pronte a salvare De Benedetti”
i quali magari perderanno l’azienda ma avranno anche scaricato la patata bollente sulle capaci braccia delle incaute banche, le quali a loro volta raccolgono gli effetti di prestiti elargiti con molta fiducia.
La cosa qualche reazione l’ha provocata, per il contrasto con le migliaia di imprenditori falliti o uccisi dalle stesse banche che hanno loro negato crediti non di centinaia di milioni ma poche di migliaia di euro
Secondo Fabrizio Massaro, Sorgenia si starebbe preparando a varare l’aumento di capitale,
“tanto è vero che al consiglio di lunedì scorso sul piano finanziario da 600 milioni (con l’assistenza di Lazard e dello studio Latham & Watkins) sarebbe stato discusso un aumento di capitale da 200 milioni: e se davvero Verbund, il socio austriaco al 47% di Sorgenia, non farà la propria parte, toccherà a Cir (assistita da Bonelli Erede Pappalardo) decidere quanto versare, in accordo con le banche. In questo modo Sorgenia, che ha liquidità fino a marzo, eviterebbe l’asfissia finanziaria.
“All’incontro tra le banche — sono in totale 21 gli istituti esposti, in testa Mps con 600 milioni — l’advisor dei creditori Rothschild (quello legale è Lombardi Molinari Segni) ha tracciato il quadro delle possibili vie d’uscita. Ma non è stata presa una decisione, segno che tra le banche non c’è ancora unanimità, fra l’altro sul futuro peso della Cir nella governance di Sorgenia. Il vertice decisivo, alla presenza degli amministratori delegati degli istituti principali (Mps, Unicredit, Banca Imi, Banco Popolare, Bpm, Ubi) insieme con i vertici di Sorgenia, è stato fissato per lunedì 3 a Milano.
“Nei vari scenari ipotizzati, Cir è chiamata a versare 150 milioni, a fronte dei quali le banche metterebbero il doppio. In uno schema le banche convertono il credito in «nuovi strumenti partecipativi», che consentono di alleggerire il debito garantendo comunque una remunerazione. In altro schema, che implica un intervento più duro, Cir sottoscrive azioni per 150 milioni, mentre le banche convertono 300 milioni di debiti in capitale. In entrambi i casi, l’esposizione residua verrebbe trasformata in un prestito convertendo. Nell’ipotesi estrema che Cir mettesse solo 100 milioni, le banche convertirebbero solo 200 milioni.
“In ogni caso, si pone il problema della governance. Con l’aumento di capitale le banche prenderebbero il 67% circa di Sorgenia. Ma anche nell’ipotesi dei nuovi strumenti finanziari il tema resta quello di far avere un peso maggiore alle banche nella ristrutturazione di Sorgenia e successivamente nel rientro dai prestiti. Per riequilibrare la situazione patrimoniale si punta alla cessione del ramo delle rinnovabili, sul «capacity payment» — cioè del nuovo sistema introdotto nella legge di Stabilità di remunerazione pubblico della capacità di produzione (cioè il fatto di essere una sorta di «riserva» di energia per il Paese) — oltre a un possibile intervento del socio di maggioranza Gaz de France (GdF) nella controllata Tirreno Power. Obiettivo finale, a medio termine, la vendita a un operatore più grande o magari la quotazione”.