Decreto “Salva-Roma”, stop alla vendita di quote Acea

Decreto "Salva-Roma", stop alla vendita di quote Acea
La sede dell’Acea

ROMA – Stop al ridimensionamento del Comune di Roma nell’azionariato di Acea. Ieri, infatti, dal Senato è arrivato il via libera, con 142 sì, 100 no e 17 astenuti, all’emendamento Lanzillotta al Dl enti locali (ribattezzato “salva-Roma”) nella versione riformulata rispetto al testo originario.

Che, per l’appunto, apriva la strada alla discesa del Comune nel capitale dell’utility romana obbligando l’amministrazione guidata da Ignazio Marino “a dismettere ulteriori quote di società quotate in Borsa limitandosi a mantenere la quota di controllo”.

Scrive Celestina Dominelli sul Sole 24 ore:

Stop al ridimensionamento del Comune di Roma nell’azionariato di Acea (dove attualmente controlla il 51%). Ieri, infatti, dal Senato è arrivato il via libera, con 142 sì, 100 no e 17 astenuti, all’emendamento Lanzillotta al Dl enti locali (ribattezzato “salva-Roma”) nella versione riformulata rispetto al testo originario. Che, per l’appunto, apriva la strada alla discesa del Comune nel capitale dell’utility romana obbligando l’amministrazione guidata da Ignazio Marino «a dismettere ulteriori quote di società quotate in Borsa limitandosi a mantenere la quota di controllo (il 30%, ndr)».

La marcia indietro, per la verità, era già maturata nei giorni scorsi. Al punto che, di fronte alle perplessità del Pd, il correttivo firmato dalla senatrice di Scelta Civica era stato messo da parte. Poi, ieri, il dietrofront è divenuto definitivo: nella riformulazione, infatti, che ha raccolto il parere favorevole della relatrice Magda Zanoni (Pd) e del Governo, si specifica che «resta fermo il controllo pubblico delle società e delle reti ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, primo comma punto 1». Tradotto, il 51% delle quote del gruppo capitolino dovrà comunque restare in mano pubblica. La Lanzillotta aveva chiesto di limitarsi a un riferimento normativo più ampio, ma la relatrice si è opposta e il subemendamento presentato in questa direzione è stato respinto dall’aula di Palazzo Madama che poi ha licenziato l’intero provvedimento con 142 sì e 115 no (ora il Dl passa alla Camera).

Dal Campidoglio lo stop al “vecchio” emendamento Lanzillotta è stato accolto positivamente («Acea deve restare in mano pubblica», ha detto ieri Marino), ma certo il via libera di ieri al Dl potrebbe causare qualche grana alla giunta capitolina. Perché sempre dall’aula di Palazzo Madama, che ha vissuto una giornata molto convulsa, è arrivato poi il disco verde a un altro emendamento, firmato anche questo dalla Lanzillotta e da Pietro Ichino e su cui il Governo aveva dato parere contrario, che blocca l’aumento dell’addizionale Irpef del Comune di Roma dall’attuale 0,9% all’1,2 per cento, come prevedeva il testo originario del decreto. Anche su questo, come per la riformulazione del correttivo su Acea e le partecipate del Campidoglio, la maggioranza ha votato in ordine sparso: contrari Pd e Lega Nord, favorevoli invece Scelta Civica, M5S, Ncd, Forza Italia e Per l’Italia.

La possibilità di aumentare l’aliquota Irpef era stata decisa a ottobre dal Governo per consentire all’amministrazione, vista la grave situazione di squilibrio finanziario, di poter usufruire di una ulteriore deroga rispetto al limite dello 0,8% fissato dal Dlgs 360 del ’98 (che ha già permesso al Campidoglio di portare l’aliquota dell’addizionale comunale all’Irpef fino all’attuale 0,9% proprio per risanare parte del suo debito pregresso), incrementando la leva fiscale, dal 1° gennaio 2014, di altri 0,3 punti percentuali, che si traducono – secondo le stime – in circa 130-150 milioni di euro di possibili introiti (…)

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