Def, l’ex capoeconomista del Tesoro “L’Italia sta camminando sul filo”

Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan (foto Ansa)
Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan (foto Ansa)

ROMA – “L’Italia sta pericolosamente camminando su un filo – si legge in una nota sul Def di Lorenzo Codogno, fino a poche settimane fa era il capoeconomista del Tesoro a Roma – Evitare di entrare in una spirale negativa (sul debito, ndr ) dipende dalla possibilità di migliorare in fretta il potenziale di crescita del Paese e sull’accelerazione del processo di riforme. Ma mancano alcune iniziative determinanti”.

L’articolo di Federico Fubini su Repubblica: Giorni fa è successo qualcosa di mai visto nella storia d’Italia: i creditori hanno accettato la certezza di perdere i loro soldi pur di avere il privilegio di prestarli al governo. I rendimenti dei Buoni ordinari del Tesoro in scadenza a ottobre, per chi li tiene fino al rimborso, sono scivolati sotto zero. Da allora sono risaliti, ma la mano della Banca centrale europea sui mercati si fa sentire. E rende ancora più traumatiche le parole diffuse domenica notte da Lorenzo Codogno: lo spazio di bilancio per il bonus da 1,6 miliardi, scrive, «non emerge chiaramente dal Documento di economia e finanza»; e ancora: «L’Italia sta pericolosamente camminando su un filo. Evitare di entrare in una spirale negativa (sul debito, ndr ) dipende dalla possibilità di migliorare in fretta il potenziale di crescita del Paese e sull’accelerazione del processo di riforme. Ma mancano alcune iniziative determinanti».
Codogno, 55 anni, non è un economista qualunque. Insegna alla London School of Economics, ma fino a poche settimane fa era il capoeconomista del Tesoro a Roma. Ha calcolato e scritto ogni numero e riga dei Def dei governi dal 2006 ad oggi. Nel frattempo a Bruxelles ha guidato il comitato di politica economica che prepara i vertici: è uno dei pochissimi a conoscere dall’interno l’economia italiana, i conti dello Stato, i rapporti con Bruxelles. La sua nota sul Def, diffusa dopo un silenzio seguito alle sue dimissioni, è pesata in ogni parola.
E ogni parola pesa. Codogno dà atto al governo per le riforme approvate finora, a partire dal Jobs Act («Chapeau a Matteo Renzi»). Ma dubita che la diminuzione del debito annunciata nel Def sia plausibile: «Non c’è bisogno di dire che questo non è assicurato», scrive in proposito. Si riferisce a previsioni di calo del debito basate su una crescita nominale dell’economia (aumento del Pil più inflazione) senz’altro molto ottimistiche, fra il 3% e il 4%. Allo stesso tempo, il governo ipotizza aumenti dei tassi d’interesse sul debito che salgono «solo molto gradualmente». Quei costi da interessi sul debito previsti nel Def fino al 2019 sono così bassi che, sulla base di quelle ipotesi del Tesoro, gli investitori in teoria dovrebbero essere disposti ad accettare continue perdite in termini reali pur di prestare i loro soldi a un debitore fragile come l’Italia.
Ma non sono tanto queste apparenti incongruenze a preoccupare l’ex collaboratore del ministro Pier Carlo Padoan. Piuttosto, è il disegno complessivo: Codogno osserva che gli aumenti di spesa previsti sono permanenti, eppure vengono finanziati da fattori passeggeri come il calo dei tassi o le speranze di ripresa dell’economia. Secondo lui servirebbero tagli di spesa «strutturali» da 16 miliardi, come annunciato inizialmente, non da 10 come previsto oggi. E scrive: «C’è la chiara percezione che il governo ormai sia a corto di modi semplici di tagliare la spesa corrente». Per andare avanti con i risparmi, dice, «servono profonde riforme alla pubblica amministrazione e al modo in cui vengono forniti servizi ai cittadini». Eppure, aggiunge, «in quest’area sembrano esserci poche informazioni nuove».
Secondo Codogno tagli di spesa più profondi servono per finanziare misure costose, ma necessarie per permettere all’Italia di crescere: tagli alle tasse, incentivi fiscali per aiutare le banche a smaltire i crediti deteriorati ( «frenano la ripresa»), misure per i poveri e per ridare una formazione ai disoccupati cronici, ristrutturazione della burocrazia. Per questi interventi, dice Codogno, il governo ha bisogno di fondi, dunque dev’essere più incisivo e strategico nel perseguire tagli di spesa. Anche perché la pazienza a Bruxelles non è infinita: ciò che fa l’Italia «non basta a rispettare la regola del debito nel 2016-2019». E con un ritorno di ripresa in vista, avverte l’ex capoeconomista del Tesoro, in Europa sarà più difficile concedere nuovi sconti al governo Renzi.

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