ROMA – “Lo scontro tra il Movimento Cinque-Stelle e il mondo dell’informazione, oltre che delle istituzioni, non accenna a placarsi, anzi,in un’escalation vertiginosa e un tantino deprimente” scrive Maurizio Caverzan sul Giornale:
Ieri ci ha pensato Rocco Casalino che lavora alla comunicazione pentastellata a gettare benzina sulla fiamma della polemica. «Cara Daria Bignardi», ha scritto Casalino in una lettera aperta pubblicata sul blog di Grillo, «come sarebbe per te se ti invitassi a una trasmissione tv e le domande fossero: come si sente tuo figlio a scuola ad avere il nonno mandante di un assassino? Come è l’aver sposato il figlio di un assassino? E se insistessi su questa domanda come hai fatto tu per il padre ex fascista di Di Battista?».
Nella sua lettera, l’ex concorrente del primo Grande Fratello peraltro condotto proprio dalla Bignardi, Casalino chiede cosa penserebbe se, dopo averla avuta come ospite invitasse «uno scrittore che invece di parlare del suo libro raccontasse di cosa è stato Lotta Continua e di cosa pensa di te? E se questo scrittore utilizzasse il suo tempo non per parlare del suo libro ma per denigrare te che, oltretutto, saresti impossibilitata a difenderti? ». Domande di carta vetrata, alle quali la conduttrice ha preferito non rispondere. Ma alle quali, ha invece sorprendentemente replicato da Doha, dove si trova in missione, il premier Enrico Letta stigmatizzandole come «frasi folli», esempio di «una barbarie senza fine».Il fatto è che di barbarie ce ne sono di diversi tipi. Grevi, intollerabili e indigeribili come quelle uscite in questi giorni dalle bocche dei cosiddetti «cittadini » di militanza grillina. Il «boia » con cui si è etichettato il presidente Napolitano. «I pompini » la cui arte di saperli fare avrebbe spalancato alle deputate Pd le porte del Parlamento. E il video su «Cosa fareste soli in auto con la Boldrini?» che ha scatenato i peggiori insulti in Rete. Rozzezze che si squalificano da sole.
Poi c’è un genere di barbarie, più sottili e sofisticate e rivendicate anche nei titoli dei talk show che fanno tendenza. Trucchi giornalistici, trappole e faziosità che non vengono avvertite come tali proprio perché realizzate col marchio del conduttore o del giornalista doc. Barbarie barbariche, invasioni barbariche, interviste barbariche. Alcune più e alcune meno, a seconda della simpatia, dell’antipatia, dall’empatia.Se c’è da intervistare Carlo Cracco che fa figo, prego faccia come fosse nel ristorante suo. Se tocca conversare con Barbara D’Urso, conduttrice e collega pop, via libera alle strizzatine d’intesa. Con Alessandro Di Battista detto “Dibba”, possibile candidato premier del Cinquestelle, zero complicità. Con il demonio del momento, la barbarie barbarica indossa il guanto di velluto. «Non posso non parlarne – premette Bignardi- visto che è uscita in tantissimi siti, se ne parla tanto in Rete. Avrà visto che c’è questa intervista in cui suo padre Vittorio Di Battista si dice orgoglioso di dichiararsi fascista, di indossare la camicia nera, di essere un camerata… Non è in imbarazzo?». «Mio padre è mio padre e io sono io», replica Di Battista. Ma la Bignardi non molla: davvero niente imbarazzo? «Siamo diversi, ma sono fiero di essere figlio di mio padre. Un uomo onesto…». Non basta. «Ma visto che lei è in politica suo padre non poteva evitare di dire di essere un fascista?». Signora mia. Alla fine, congedato Di Battista, se non fosse stato ancora chiaro, ci ha pensato Corrado Augias a esplicitare la presunta e latente accusa di continuità tra fascismo e grillismo. Ma qui siamo all’esercizio intellettuale e la barbarie diventa capziosa. Quel che invece è chiaro è che le colpe dei padri ricadono sempre sui figli. Soprattutto se stanno dalla parte sbagliata. Mentre ricordare quelle di suoceri e nonni che stanno dalla parte giusta, quella sì sarebbe vera barbarie. O no?
I commenti sono chiusi.