Dipendenti Camera-Senato si ribellano a tetto stipendi: minimo 100 mila

di Redazione Blitz
Pubblicato il 19 Settembre 2014 - 11:43 OLTRE 6 MESI FA
Tetto agli stipendi di Camera e Senato. Dipendenti in rivolta

Tetto agli stipendi di Camera e Senato. Dipendenti in rivolta

ROMA – I dipendenti di Camera e Senato protestano contro il tetto degli stipendi loro imposto. A guidare la rivolta è la Cgil, che capeggia le altre sigle sindacali di categoria.

Con i nuovi limiti, uno stenografo prenderà massimo 170 mila euro all’anno, un commesso massimo 99 mila. In media, il 40% dei dipendenti di Montecitorio e Palazzo Madama oggi guadagna più di quello che dovrebbe diventare il tetto.

E stiamo parlando di soldi al netto dei contributi previdenziali: quanto viene percepito dal lavoratore e non quanto viene effettivamente speso dal datore di lavoro. Cioè lo Stato.

Scrive Carmelo Lopapa su Repubblica:

La Cgil di Palazzo Madama nemmeno si è presentata, come un paio di altre sigle di Montecitorio, gli altri erano presenti (rappresentati da una trentina di dipendenti). Giudicano il piano «irricevibile», sebbene una risposta formale dovrà essere comunicata entro le 20 di questa sera. Nei corridoi e negli uffici dei due palazzi ieri sera era tutto un parlottare e un organizzarsi, in vista della «battaglia », che passerà soprattutto attraverso una valanga di ricorsi al giudice del lavoro. Ma ecco il piano. Per la qualifica più alta, quella dei consiglieri, viene adottato un tetto allo stipendio già introdotto per la pubblica amministrazione, di 240 mila euro al netto degli oneri contributivi. A seguire, gli stenografi con 170 mila euro, i documentaristi con 160 mila, i segretari e i coadiutori con 115 mila, i collaboratori tecnici con 106 mila e infine gli assistenti parlamentari, cioè i commessi, che avranno un tetto pari a 99 mila euro. Ci saranno tre scaglioni per i tagli, a seconda di chi supera il tetto del 25 per cento, di chi lo supera tra il 25 e il 40 e di chi va oltre il 40.

Al termine di uno screening, i vertici di Camera e Senato hanno constatato che il 40 per cento dei dipendenti — destinati a fondersi in un ruolo unico del Parlamento entro dicembre — sfonda i tetti individuati per ciascun livello. La prima «vittima», si fa per dire, sarà il segretario generale, carica apicale, che alla Camera passerà da una retribuzione che oggi si aggira attorno ai 406 mila euro l’anno ai 240 mila, appunto; al gradino più basso, un assistente col massimo di anzianità vicino ai 136 mila euro, si fermerà a 99 mila. La controproposta dei sindacati rilanciava con il piano introdotto dal Quirinale per i suoi dipendenti, laddove a essere intaccate sono essenzialmente le voci accessorie e non lo stipendio base e tanto meno il maturato negli anni di servizio, questa la tesi. Ma il piano, che comprende anche una serie di incentivi di produttività, è quello e non sarà modificato, è stata la risposta. Trascorsa una settimana dal responso già scontato di questa sera, i due uffici di presidenza torneranno a riunirsi per adottare comunque il piano, già passato in prima battuta a luglio con le sole astensioni dei grillini (…)