Domenico Palazzo rapina la Posta per sfamare il cane: condanna a 8 mesi

Domenico Palazzo rapina la Posta per sfamare il cane: condanna a 8 mesi
Domenico Palazzo rapina la Posta per sfamare il cane: condanna a 8 mesi (Foto d’archivio)

UDINE – Ha rapinato la Posta per comprare da mangiare al cane, un alano affamato da giorni. E’ successo lo scorso 16 marzo alla filiale di Piazza Mercato a Tarcento (Udine). L’uomo, un 58enne originario di Catania e residente a Reana Del Rojale, fece irruzione nell’ufficio postale semi-deserto, si finse armato e lanciò un sacchetto all’impiegato dello sportello, intimandogli di riempirlo con le monete in cassa. Quando la conta è arrivata a 26 euro e 30 centesimi gli ha detto di fermarsi e se l’è filata. Un bottino magrissimo, giusto il necessario per comprare il cibo per cani e le sigarette. Ma quella bravata Domenico Palazzo la pagherà cara: è stato condannato a 8 mesi di carcere e a pagare una multa di 160 euro. Senza condizionale.

La storia è raccontata da Luana De Francisco sul Messaggero Veneto

Il processo è stato celebrato con rito abbreviato (quello che garantisce lo sconto fino a un terzo della pena). Il gup del tribunale di Udine, Emanuele Lazzàro, ha concesso all’imputato le circostanze attenuanti generiche e quelle previste in caso di danno patrimoniale di lieve entità e di risarcimento del danno alla parte offesa.

Non, invece, la sospensione condizionale della pena. Il che ne ha comportato il rientro in carcere, nel capoluogo friulano, dov’è detenuto, appunto, dal 19 marzo.

Il pm Claudia Finocchiaro aveva chiesto 1 anno di reclusione e 300 euro per la rapina e 4 mesi di arresto e 800 euro di ammenda per il porto del taglierino. Il giudice ha ritenuto invece di unificare i due episodi nel vincolo della continuazione. Al termine della discussione, il difensore, avvocato Consuelo Zanini, aveva proposto il minimo della pena, con concessione della sospensione condizionale, per il reato più grave, e l’assoluzione per il secondo.

È stato lo stesso Palazzo, accompagnato in aula dalla Polizia penitenziaria, a spiegare cosa l’avesse indotto a improvvisarsi rapinatore. Stava attraversando un momento difficile – ha raccontato a giudice e pm – e ad aumentare la disperazione era il fatto di trovarsi senza lavoro. L’unica maniera che aveva saputo immaginarsi per comperare il cibo per il proprio cane e le sigarette per sé era stata quella. Un gesto di cui si è detto pentito e cui aveva cercato di porre rimedio, restituendo alle Poste una somma equivalente a quella sottratta.

Le modalità stesse con cui agì, del resto, non possono che confermare l’assenza di profili criminali nell’imputato, padre di due figli e da poco separato. Quel giorno, non gli venne neppure in mente di nascondersi il volto o, comunque, di camuffarsi un po’. Una volta dentro l’ufficio, si limitò ad appoggiare sul bancone un berretto di lana, lasciando intravvedere un oggetto scuro, e a lanciare un sacchetto di tela all’impiegato. «Non stiamo a fare gli eroi – gli disse –. Lo riempa di spiccioli. Ho una calibro 38».

L’altro, spaventato, ubbidì, cominciando dalle monete. E fu proprio quando stava per passare alla conta delle banconote che Palazzo lo bloccò, domandandogli a quanto fossero arrivati. I 26,30 euro erano ufficienti, disse. E se la squagliò.

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