Emilia. Pd come Berlusconi: “I magistrati si vendicano”, “Giustizia a orologeria”

Stefano Bonaccini (Foto Lapresse)
Stefano Bonaccini (Foto Lapresse)

ROMA – La notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati dei due candidati alle primarie Pd per la regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini e Matteo Richetti, entrambi con l’accusa di peculato. fa scattare una molla nel Pd:

“La coincidenza è inquietante; l’obiettivo finale era quello di azzerare una classe dirigente, di abbattere un partito alla vigilia del voto; questa è Giustizia a orologeria” e tutto è collegato “con le riforme presentate il 29 agosto, alla svolta garantista del Pd, all’ultima polemica sulle ferie dei magistrati”, riporta Goffredo De Marchis su Repubblica.

Goffredo De Marchis osserva trattarsi di una “formula che apparteneva al centrodestra, a Berlusconi”.

Invece ora, rileva Goffredo De Marchis, questi sono “i commenti che si ascoltano a Largo del Nazareno, la sede del Pd. C’è una vecchia partita tra i democratici emiliani e la procura di Bologna. Ma sia al governo sia nelle stanze del Pd risuona anche una : «Giustizia a orologeria».

C’è un clima di accerchiamento che nessuno vuole ammettere pubblicamente. Ma si respira il timore che l’opposizione alle riforme possa trasformarsi in guai giudiziari per il Pd. Palazzo Chigi non ha dubbi, non farà dietrofront: «Noi andiamo avanti con la riforma. Massimo rispetto per le indagini, ma non è che ci fermiamo per quello che succede a Bologna».
È un paletto chiaro. Semmai la magistratura avrebbe dovuto apprezzare i tempi più lunghi concessi dal Guardasigilli Andrea Orlando sul fronte del penale. «Non erano legati solo alle resistenze dell’Ncd e di Forza Italia Berlusconi. Volevamo anche lasciare all’Anm lo spazio di una riflessione », si sente ripetere a Palazzo Chigi.

“Brucia ancora, in Emilia, la condanna a Errani per falso ideologico” scrive De Marchis.

Il Pd non sa se si trova di fronte a una battaglia locale o una partita che si può estendere a livello nazionale fino a colpire l’esecutivo o i dirigenti del partito. Per “difendersi” dal cortocircuito giudiziario il Partito democratico e Renzi in prima persona hanno cercato di darsi un profilo garantista. È successo per esempio con il membro della segreteria Davide Faraone, sotto indagine per gli stessi motivi di Bonaccini e Richetti: spese ingiustificate da consigliere regionale. Faraone è rimasto al suo posto, anzi sarà confermato nella nuova segreteria che verrà votata domani. A Errani il premier chiese di rimanere alla guida dell’Emilia dopo la condanna. Un apprezzamento pubblicato reiterato domenica dal palco della festa dell’Unità di Bologna. Una difesa piena e convinta, malgrado il giudizio dei magistrati.

Una ritorsione contro la riforma della giustizia?

Ma uscendo dal periodo giustizialista che ha segnato la storia recente della sinistra, all’ombra del conflitto Berlusconi- giudici. Vent’anni persi, è sempre stata l’opinione di Renzi. Per quello la riforma della giustizia non poteva aspettare. Il governo vuole farla dialogando con tutti. Non per niente oggi il ministro della Giustizia incontrerà il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli, dopo il durissimo comunicato di ieri.
Rimane la sensazione di essere nel mirino. Se lo scontro non troverà una pacificazione, il Pd si aspetta altre vicende simili al temporale che ieri si è abbattuto sull’Emilia. «Ma tornare indietro, no – ripetono al governo -. Confrontarsi, discutere, va tutto bene. Ma la riforma della giustizia è necessaria, la storia delle ferie è ridicola. Noi andiamo avanti».

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