Eni, politica estera di Descalzi: il corridoio Nord-Sud

Eni, politica estera di Descalzi: il corridoio Nord-Sud
Eni, politica estera di Descalzi: il corridoio Nord-Sud

ROMA – La politica estera di Eni si muove sull’asse Nord-Sud. Da un lato, il percorso inaugurato con il suo approdo al vertice del gruppo imperniato sulla rifocalizzazione del gruppo sull’upstream, sulla ristrutturazione degli altri business e sullo snellimento della macchina. Dall’altro, la capacità di continuare a mietere successi, a partire dall’ultimo colpo centrato in Egitto, mettendo a frutto le solide competenze e gettando le basi per un ulteriore consolidamento, con la rotta puntata verso l’Africa e verso il corridoio Nord-Sud del gas che rovescia vecchi assi ed equilibri ormai datati. È l’Eni targata Claudio Descalzi e la sua politica estera.

Celestina Dominelli per Il Sole 24 Ore spiega:

Davanti alla platea del festival, al suo segretario generale Giorgio Bartolomucci e al presidente del comitato scientifico Giampiero Massolo, il numero uno di Eni, Claudio Descalzi, ha quindi messo in fila le tappe principali della «trasformazione costruttiva» che porta la sua firma. «Il primo punto – spiega il top manager – è stato semplificare la macchina, per renderla più leggibile agli occhi del mercato, e questo ha significato, come prima cosa, identificarci come una società oil and gas, ristrutturando e portando a profitto quei business che avevano perso molto negli ultimi anni. Lo abbiamo fatto rifocalizzandoci su alcune componenti della raffinazione e della chimica, sulle specialities e abbiamo scelto di andare verso prodotti verdi, da Porto Marghera a Venezia, da Porto Torres a Gela, dove abbiamo raggiunto un accordo storico».

Quanto ai prossimi passi per l’Eni, Descalzi va avanti, confortato dall’apprezzamento degli investitori che hanno riconosciuto la bontà delle scelte e incamerato sostanziosi rendimenti. «Il modello vincente è quello di costruire qualcosa per il futuro, creando valore nel lungo termine». E dovrà farlo fronteggiando un prezzo del barile che stenta a risalire: «Il mercato oscillerà – precisa – fino quando l’offerta sarà superiore alla domanda e oggi lo è per 1,7 milioni di barili al giorno. C’è una volatilità che è legata al barile fisico, ma è soprattutto legata al barile cartaceo e, finché non torniamo alla parità fisica, questa dinamica continuerà».

E il prezzo? «Siamo in balia di posizioni corte e di chi specula sul brevissimo. Credo che per almeno un anno e mezzo e due, soffriremo di questa malattia. Secondo me, anche l’Opec e i grandi produttori devono capire che queste situazioni di instabilità fanno male a chi investe tantissimo e anche ai consumatori nel medio termine. Penso che rimarremo ancora nel 2016 su prezzi bassi. Le previsioni ci fanno pensare che nel 2017, più avanti, andremo verso i 70-80 dollari, sperando – chiosa l’ad – che non ci sia una scalata troppo veloce che fa male».

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