Eugenio Scalfari intervista Papa Francesco: autentici ritratto e… cornice

Eugenio Scalfari intervista Papa Francesco: autentici ritratto e... cornice
Eugenio Scalfari intervista Papa Francesco: autentici ritratto e… cornice

ROMA – È il vero Papa Francesco quello che viene fuori dalla lunga intervista firmata da Eugenio Scalfari e pubblicata su Repubblica il 1° ottobre? Se lo chiede Andrea Tornielli, vaticanista de La Stampa. I suoi dubbi vengono ripresi da Formiche.net:

“I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare”. Ecco, aggiunge il vaticanista della Stampa, “non riesco proprio a immaginarmi Papa Bergoglio che parlando di se stesso dice di avere l’umiltà e l’ambizione di voler fare qualcosa”. Non solo, ma anche la risposta in cui si parla del bene e del male – una delle più sorprendenti e “problematiche” – è sembrata incompleta. In quelle righe, Francesco dice che “ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e anche del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene”.

Il Papa, dunque, ha realmente detto ciò? I dubbi sussistono. Non è un caso che sull’argomento sia intervenuto anche Padre Federico Lombardi, il direttore della Sala Stampa vaticana, che a precisa domanda ha risposto che “non risulta che il testo dell’intervista di Francesco su Repubblica sia stato rivisto”. […] Benché – ha aggiunto Lombardi – la ricostruzione complessiva delle affermazioni del Papa è stata fedele . […] Ciò non significa che il testo dell’intervista sia falso (tutt’altro, dal momento che molti passaggi ampliano e riprendono tratti salienti di questo primo scorcio di pontificato), ma che sulla novità dell’intervista come strumento per intercettare anche il non credente, c’è ancora da lavorare. Il rischio è infatti quello di andare incontro a pericolosi fraintendimenti (il passaggio citato su Bene e Male e la frase sull’inesistenza del “Dio cattolico”) e a incomprensioni. Quantomeno, il Papa potrebbe rivedere il testo delle sue dichiarazioni prima che questo sia reso noto, onde evitare facili strumentalizzazioni e prevenire dubbi e perplessità sull’uso del colloquio giornalistico come elemento per annunciare i passi del Magistero”.

I dubbi di autenticità non hanno fondamento. Come ammette padre Lombardi, “la ricostruzione complessiva delle affermazioni del Papa è fedele”. Lo ammette lo stesso Tornielli, che quei dubbi ha sollevato.

A fugare i sospetti di un Papa troppo “scalfarizzato” si può portare sul banco dei testimoni la lunghissima storia giornalistica di Scalfari. Le sue famose interviste a Gianni Agnelli, a Giulio Andreotti. E ancora di più quelle a Guido Carli, alla guida della Banca d’Italia dal 1960 al 1975.

Collaboratori di Carli come Azeglio Ciampi e Cesare Geronzi hanno riferito come l’allora direttore di Bankitalia e l’allora direttore de L’Espresso facessero lunghissimi colloqui sull’attualità e l’economia senza che Scalfari prendesse un appunto. Poi usciva un articolo a firma “Bancor” nel quale Scalfari, a detta anche dei testimoni Ciampi e Geronzi, riportava fedelmente il pensiero di Carli. Lo ha raccontato lo stesso fondatore di Repubblica:

«inaugurammo una forma di collaborazione del tutto inedita creando una firma e un personaggio fittizio cui demmo il nome di “Bancor”. Il contenuto degli articoli, che uscirono sull’Espresso che allora dirigevo, nasceva da libere quanto riservate conversazioni che avvenivano nel suo studio in via Nazionale sui temi dell’attualità economica. Lui parlava, io interrogavo. Non presi mai alcun appunto. Guido s’infervorava, esponeva una strategia, ne scorgeva gli ostacoli e i limiti, ne intravedeva i possibili risultati con nella mente sempre l’interesse generale, spesso contraddetto da quelle che lui chiamava le “arciconfraternite” del potere, l’egoismo corporativo, le tentazioni monopoloidi nascoste ad ogni cantone. Uscendo da quegli incontri frastornato facevo fatica a riordinare fatti e pensieri. Dopo un paio di giorni mi mettevo a scrivere dando una libera interpretazione del suo pensiero. E usciva sull’Espresso l’articolo di “Bancor”. La mattina del giovedì (era il giorno d’uscita del settimanale) gli telefonavo per conoscere le sue reazioni. Furono sempre positive e così andammo avanti per un paio d’anni; anche quando la voce che dietro quella firma ci fosse lui prese consistenza, Guido decise di continuare ancorché le polemiche si infittissero. Poi raccogliemmo quegli scritti in volume. Gli mandai la prima copia con la dedica “Bancor a Bancor”. Lui mi rispose con una bottiglia di Champagne e un biglietto: “Bancor ringrazia Bancor”».

L’intervento di Scalfari è nella cornice. Un paziente lavoro di intarsio nel quale “Barbapapà” mette in una cornice scalfariana le affermazioni dell’interlocutore, che però sono autentiche. Quindi tornando al Papa, quello che viene fuori dall’intervista di tre pagine uscita il 1° ottobre è un ritratto fedele di Jorge Mario Bergoglio “incorniciato” dalla penna laica di Eugenio Scalfari.

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