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Feltri sul Giornale: “Alfano, hai sei mesi per non fare la fine di Fini”

di Gianluca Pace |9 Dicembre 2013 9:53

Feltri sul Giornale: “Alfano, hai sei mesi per non fare la fine di Fini”

ROMA – Vittorio Feltri, dalle pagine del Giornale. scrive una lettera aperta: “Caro Alfano, hai sei mesi per non fare la fine di Fini”. Alfano, secondo Feltri, non fa che ripetere la solita predica:  riforma­re la giustizia, rilanciare l’eco­nomia, cambiare la legge elet­torale eccetera. “La solita predi­ca che nessuno – né a dritta né a manca – è mai riuscito a tra­durre in realtà”.

Ecco l’editoriale:

Alfano e la sua orchestrina, che i son­daggi danno al 4-6 per cento, appoggia­no la maggioranza di governo dominata dal Pd e che ha fatto delle tasse il proprio cavallo di battaglia, esattamente il con­trario dei programmi di Forza Italia. Per il resto, il Ncd è la fotocopia sbiadita del partito dal quale si è staccato gridando ai quattro venti che non sopportava l’estremismo degli ex amici.Quale estre­mismo? Quello di Raffaele Fitto? Ma se quest’uomo è più mansueto di un agnel­lo! Quello di Daniela Santanchè, che si li­mita­a considerare indispensabile la lea­dership di Silvio Berlusconi? È incredibi­le.
Dal Pdl uscì a suo tempo Gianfranco Fini perché si era innamorato della sini­stra e ne cercava – ottenendoli – gli ap­plausi, senza rendersi conto che essa lo blandiva per meri interessi di bottega, es­sendo ben lieta che il Cavaliere perdesse qualche pezzo. Ora dal medesimo schie­ramento sono usciti gli alfaniani, a oc­chio e croce per le stesse ragioni, più qualche premietto: poltrone ministeria­li. Provvisorie, però, giacché Matteo Ren­zi ha già ann­unciato che cinque dicaste­ri per un gruppo esiguo quale è quello diNcd sono troppi, pertanto saranno pre­sto ridotti in base a equilibri numerici. In effetti il Pd ha un esercito di parlamen­tari, Alfano solo un plotoncino.
Insomma, addio sogni di gloria per i transfughi. Quindi la domanda è la se­guente: chi gliel’ha fatto fare all’ex delfi­no del Cavaliere, a Fabrizio Cicchitto, a Gaetano Quagliariello e soci di voltare le spalle al vecchio partito nelle cui file so­no stati eletti e hanno fatto carriera? Più passano i giorni e più la spiegazione di­venta chiara: anzitutto, l’attaccamento alla cadrega; poi il timore che Berlusco­ni sia in procinto di essere giubilato e che Forza Italia, priva del timoniere, fini­sca in balia delle onde, ovvero di coloro i quali sono convinti che una linea dura nel centrodestra paghi più di un atteggia­mento morbido nei confronti dei pro­gressisti e del loro mentore, Giorgio Na­politano, considerato il burattinaio del teatrino politico.
Non è passato per la mente ad Angeli­no e soci che in un momento delicato e di sbandamento,come l’attuale,l’unica strategia fosse e sia la compattezza, cioè l’unione che, notoriamente, fa la forza, mentre la divisione lacera e indebolisce. La sensazione è che tra due partiti simili, uno doc (Forza Italia) e uno scopiazzato male dal primo, sia destinato a sopravvi­vere l’originale e a scomparire il clone, com’è accaduto al Fli di finiana memo­ria. Non ci vorrà molto tempo per verifi­care se la nostra ipotesi sia o no campata in aria. Tra cinque mesi si voterà per le europee e lì cascherà l’asino, se di asino si tratta.
Se il Ncd, come supponiamo, non su­pererà la soglia di sbarramento del 4 per cento, si affloscerà più di un palloncino bucato. E il Pd, che ha benedetto la scis­sione, si sbellicherà dalle risa. Il cinismo della sinistra è evidente. Pensate: dopo aver distrutto mediaticamente Roberto Formigoni, La Repubblica lo ha santifi­cato non appena questi ha saltato il fos­so. Se l’ex governatore della Lombardia non ce la farà a spingere il proprio partiti­no ( lo stesso di Alfano) a Bruxelles, verrà rimesso alla berlina. O scaricato come un peso morto. Fini docet. 

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