Francesco Caio (Poste): “La quotazione in borsa sarà l’elemento centrale del piano industriale”

Francesco Caio (foto Lapresse)
Francesco Caio (foto Lapresse)

ROMA – “Spiegherò all’Italia le nuove Poste” dice, intervistato dal Messaggero, l’ingegnere Francesco Caio, l’amministratore delegato di Poste italiane.

Ingegner Francesco Caio, lei oggi sarà a Palermo per la prima tappa di un tour di presentazione del Piano industriale all’interno di Poste. Perché ha deciso di cominciare dalla Sicilia?
«Credo sia nella testa di tutti che se in Italia c’è un territorio difficile da cambiare, quello è il Sud. Il tema del Mezzogiorno è centrale. Il piano strategico di Poste è un progetto che ha una portata nazionale, ma partiamo dal Sud per cambiare anche noi, non solo per illustrare ma per attivare l’esecuzione del piano, perché la missione è mettere Poste al servizio del territorio in tutte le sue articolazioni e in tutte le sue componenti».
Tuttavia è evidente che Poste ha un’articolazione molto ampia, forse anche troppo, ben 13 mila uffici. È ancora una struttura sostenibile o è necessario un ripensamento, un ridimensionamento?
«La vicinanza al cliente resta la portante dell’attività di Poste, che già in passato ha dimostrato di sapersi trasformare da azienda di semplici servizi postali ampliando molto il suo portafoglio. La nostra posizione è mettere questa infrastruttura al servizio del Paese su tre mestieri principali: quello della logistica, quello dei pagamenti e quello del risparmio. Abbiamo la convinzione che questa prossimità fisica sia un elemento importante per accompagnare il Paese in un momento di trasformazione epocale dell’economia, dall’analogico al digitale. Siamo convinti che c’è un valore nella territorialità. Ovviamente bisognerà fare i conti con i pesi relativi di questa trasformazione, considerando che la domanda dei cittadini per la corrispondenza è in fortissimo calo strutturale».
Significa in qualche modo che dovremo rassegnarci ad avere delle Poste senza più la posta tradizionale?
«Per me non c’è Poste italiane senza posta. Esiste ancora una necessità di gestire i flussi postali, come quelli dei pacchi. La logistica è una di quelle infrastrutture che alla fine fanno la competitività di un Paese. Questa azienda continuerà ad avere la logistica e la corrispondenza nel suo portafoglio».
Lei ha più volte sostenuto che il servizio universale, ossia la consegna in tutto il territorio ogni giorno, va ripensato, perché non più sostenibile…
«Il servizio universale deve rispondere a delle esigenze dei cittadini che sono molto cambiate negli ultimi anni. Se la spesa media postale era di sei euro al mese qualche anno fa, oggi è solo di due euro, mentre nelle telecomunicazioni la cifra si è raddoppiata nello stesso periodo. C’è anche un tema di uso efficiente ed efficace delle risorse pubbliche. I fondi per il servizio universale sono pur sempre soldi dei contribuenti. Quindi il servizio deve rispondere alle loro esigenze attuali, esigenze che sono cambiate».
In che senso, in che misura?
«Oggi ci viene sempre più richiesta la certezza della consegna, piuttosto che la velocità di consegna. C’è un’ampia fascia della popolazione che preferisce una consegna lenta ma certa e ci sono segmenti che mettono un valore importante sulla velocità di consegna. L’esempio è quello di Amazon, se vuoi che il pacco ti venga consegnato il giorno dopo paghi un sovrapprezzo importante, se preferisci riceverlo in cinque giorni la consegna è compresa nel prezzo o è di pochi euro».
Significa che cambierà la politica tariffaria di Poste?
«La legge di stabilità recepisce questa nuova concezione. Un servizio universale che si sdoppia tra posta ordinaria e posta più veloce per rispondere alle mutate esigenze dei cittadini».
Quale sarà il costo della posta più veloce?
«In questo momento il tema è all’attenzione dell’Agcom e penso che sia prematuro parlarne. Quello che posso dire è che il livello di prezzo attuale sembra consono alla posta ordinaria. Bisognerà pensare delle tariffe più elevate che meglio riflettono il valore che le famiglie associano alla velocità della posta».
Nel piano industriale si punta molto sul settore bancario e assicurativo. La raccolta sul risparmio dovrebbe passare da 420 a 500 miliardi. Significa che le Poste dovranno vendere prodotti più rischiosi di quelli attualmente collocati. Di che prodotti si tratta?
«L’evoluzione dei prodotti finanziari va inserito nel contesto di un mondo che sta andando a tasso zero. Il baricentro della nostra offerta resta il risparmio postale e le polizze vita che con successo stiamo vendendo. Stiamo oggi ipotizzando dei prodotti che abbiamo componenti minime di azionario che quindi introducano un livello di rischio marginale che non va a infrangere il posizionamento tradizionale di Poste che è sempre un porto sicuro per il risparmio degli italiani».
Amplierete anche il portafoglio dei prodotti assicurativi?
«Con i bilanci dello Stato che si riducono, l’Italia è indietro nell’uso del risparmio privato delle famiglie per proteggerle da infortuni, rischi casa e patrimoniali. Nel nostro piano c’è un ampliamento dei servizi assicurativi, dalla casa al welfare».
Tre miliardi di investimenti verranno riversati sulla digitalizzazione. Su che progetti?
«Si tratta di investimenti per offrire servizi semplici ai clienti. Penso all’identità digitale, a piattaforme di pagamenti digitali, a meccanismi di interazione col cliente per aumentare il parallelismo tra ufficio postale e servizi web. Dobbiamo disegnare il tutto per rendere migliore la qualità di vita dei nostri clienti».
Parliamo della quotazione. L’approdo in Borsa è previsto quest’anno. Con che tempi?
«La tempistica ovviamente è una decisione dell’azionista. Noi guardiamo alla quotazione come elemento centrale del piano strategico che abbiamo fatto. È consono con un’idea di Poste che va verso il mercato».
I correntisti di Poste avranno delle quote riservate per la quotazione?
«Il marchio che portiamo è un marchio popolare. Mi sembrerebbe strano non vedere delle forme associate alla vendita retail delle quote. Ma è ancora presto per poter descrivere meglio questo dettaglio».
Un’ultima domanda ingegnere. Qual è la sua idea di Poste da qui al 2020?
«Io vedo nelle Poste uno strumento per far compiere all’Italia un salto: nella semplicità dei prodotti, nella velocità del digitale, senza lasciare indietro nessuno dei milioni di cittadini che ogni giorno, su tutta la Penisola, entrano in contatto con noi».

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