ROMA – Il Palazzo in mano ai Matteo boys, scrive Franco Bechis su Libero: “I parlamentari in fila per un colloquio con la Boschi, Nardella o Lotti: i nuovi potenti, ammirati e invidiati, dell’universo renziano. E nel Transatlantico impazzito nascono inedite alleanze”.
L’articolo di Franco Bechis:
Basta entrare a Montecitorio e trovi subito la fila. Non all’entrata, proprio al centro del palazzo. È lì che sono in tutti in fila per un colloquio, una battuta, magari anche solo per fare amicizia con i nuovi potenti: i Renzi’s boys e girls. In aula ieri c’era pure un provvedimento importante, come la nuova legge sulla custodia cautelare. A un certo punto stava anche per accadere qualcosa che avrebbe cambiato notevolmente la giustizia italiana: un montiano ha presentato un emendamento per introdurre nel nostro Paese il più classico degli istituti della giustizia americana: la libertà su cauzione. Stava per dire sì perfino il rappresentante del governo, il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri.
Poi il Pd che era così distratto si è all’improvviso svegliato: qualche rapido cenno, e l’emendamento è stato ritirato. La distrazione ha rischiato di essere fatale: fosse passata la norma, sai che polemiche sulla nuova giustizia ritagliata su misura per i ricchi… Ma il Pd era in fila, aveva altro in mente. Una parte del Transatlantico ormai si è trasformata nell’ufficio personale di Maria Elena Boschi, la renziana più alla moda, che sfonda in tv, piace a Silvio Berlusconi ed è guardata con ammirazione e spesso invidia da molte parlamentari che insieme all’astro nasce vedono la stella personale spegnersi un po’. Lei parla e spiega tutto a tutti come una macchinetta. Si nota subito dal capannello che le sta intorno: i pochi renziani alla Camera si dividono fra lei e l’al – tro punto di riferimento sicuro, che riceve invece i questuanti in un corridoio laterale: Dario Nardella, già vicesindaco di Firenze. C’era anche Luca Lotti – il terzo Re magio del neo segretario Pd – al fianco di una Boschi mai troppo vistosa (ieri era in camicia, spolverino rosso, pantaloni blu larghi, solo il tacco 12 e il rossetto marcato e intonato allo spolverino la rendevano meno anonima).
Fila di altri deputati in attesa di un colloquio, non pochi ex parlamentari seduti sui divanetti almeno per vedere i nuovi potenti, e numerosi giornalisti desiderosi di strappare qualche dichiarazione, battuta o anche solo di simpatizzare. C’è l’omaggio al nuovo potere, e un po’ di lumaconismo perché certo la Boschi è graziosa, e attira contatti e relazioni. Piace, e lo si capisce anche dal broncio di una elegantissima Laura Ravetto in completo lilla. Lei sarebbe una delle vittime della nuova epurazione berlusconiana: depennata dalla lista di quelle che sono inviate dal partito negli show tele- visivi. È sarcastica: «Sai che novità, non mi hanno mai mandato. Però mi invitano lo stesso». Guarda la Boschi e sorride: «Per Berlusconi lei è bravissima, non solo bella. Perfetta in tv. È il modello ideale che ci ha proposto…». La renziana continua a ricevere. Si va avanti per un’oret – ta buona, mentre la seduta chiude i battenti. Lei cerca un attimo di appartarsi su una poltrona e rispondere alle telefonate. Niente. Arriva l’assistente di Silvio Berlusconi, Sestino Giacomoni, e le sorride. Lei si alza, baci e abbracci e in piedi i due parlottano fitto gesticolando per buono un quarto d’ora. A pochi metri di distanza attende facendo finta di parlare con altri il capogruppo di Sel, Gennaro Migliore. Appena si allontana l’assistente di Berlusconi, Migliore la punta. E la Boschi svolta a sinistra: pranzo rapido insieme alla buvette di Montecitorio. È quel che offre un palazzo ormai dove si guarda a Renzi e al nuovo potere anche se non c’è. La politica? Tutto quel che esisteva fino a Natale è ormai diventato una maionese impazzita. Michela Vittoria Brambilla tuba in buvette con il grillino Matteo Mantero: stanno costruendo le grandi intese proanimali su una direttiva europea sulla sperimentazione scientifica che è in discussione alla commissione affari sociali della Camera. Non si capiscono più le geografie. Mentre tubano le Brambille, i grillini, le Boschi e i vari Giacomoni e Migliore, Carlo Cottarelli mani di forbice, commissario alla spending review, sta incontrando Piero Grasso e Laura Boldrini per farsi raccontare come hanno tagliato loro le spese di Camera e Senato. Avremmo pensato dovesse accadere il contrario, ma il Palazzo ormai procede alla rovescia. E semina la stessa confusione fuori. Il cronista di Libero viene assalito in piazza Montecitorio (capita a chiunque esca dalla Camera) da una collega con telecamera. È aggressiva: «Perché non avete tagliato le vostre indennità, eh?». Quando le viene spiegato di avere preso un granchio, è delusa: «Ah, lei non è un politico? Beh, anche io non sono una giornalista: faccio la comica…». Per fortuna a due passi da lei ce ne è uno serissimo. Un ragazzo libico iscritto alla facoltà di economia alla Sapienza. Si è studiato un librone sulla finanza pubblica scritto da Giuseppe Vegas, oggi presidente della Consob. Non ha capito un granchè. «È un giornalista? Mi spiega come funziona la legge di stabilità e dove posso trovare un rendiconto generale dello Stato? C’è gran confusione sulle cifre…». Basta parlargli dieci minuti ed è chiaro: ne sa più lui di Fabrizio Saccomanni.