Grandi giornali. La crisi non è risolta con tagli e aumento del prezzo

La situazione dell’editoria italiana non è proprio da sogno, anzi, scrive Giovanna Lentini sul Fatto Quotidiano, “le cronache degli ultimi giorni sono impietose: i conti della grande stampa italiana sono sempre più in discesa”.

L’articolo è una analisi tra le migliori che si siano lette negli ultimi tempi sul tema. Giovanna Lentini si chiede se sia “solo colpa della pubblicità tagliata dalla crisi” o dipenda anche da “carenze di strategia costruttiva da parte degli editori?”. Non si chiede, purtroppo, quale sia stato l’effetto dell’ingresso di Sky nel mercato pubblicitario italiano, soggetto al principio dei vasi comunicanti per tutti tranne che per Fedele Confalonieri e, da ultimo, anche per gli uomini di Murdoch. E dismette,, con eccessiva sufficienza, il problema delle rassegne stampa, che invece è una importante causa del calo delle vendite di giornali in Italia.

L’analisi comincia dal  Sole24Ore, dove i giornalisti, all’assemblea di bilancio della società editrice, hanno “giudicato grave il continuo avvicendamento ai vertici della società che dimostra l’incapacità di chi governa l’azienda di assumere decisioni che abbiano una prospettiva di medio-lungo periodo” e hanno chiesto “all’azionista di definire la fisionomia del gruppo. Parole come pietre, per l’ad Donatella Treu che sta “presidiando il mondo digitale”. Il quotidiano nonostante la cura di Roberto Napoletano, non riesce a sfondare quota 266mila copie e il saldo dal cambio di testimone con Gianni Riotta è di meno di 700 copie in più”. Nel caso del Sole 24 Ore i commentatori, che in genere sono giornalisti e quindi coerenti con i loro miti, si ostinano a collegare le vendite con la linea politica, mentre  bisogna sempre ricordare che il Sole 24 Ore ha un suo mercato di professionisti che leggono, con l’avidità con cui una volta le cameriere leggevano i fotoromanzi, i commi e le virgole di regolamenti tributari e sentenze di Cassazione incomprensibili ai più. Il bel corredo di articoli e la ricchezza informativa sono un optional, che il Sole 24 Ore si poteva permettere negli anni d’oro, ma che influiscono poco sulla diffusione del giornale, il cui primo concorrente è invece internet.

Osserva ancora e giustamente Lentini che “‘aumento del prezzo a 1,50 euro, che ha dato al Sole il primato di quotidiano più caro d’Italia, non ha aiutato le vendite, ma ha sostenuto il fatturato”. Non appare allegra la situazione del gruppo editoriale della Confindustria, che solo pochi anni fa entrava in Borsa sull’ala di progetti esttemamente ambiziosi. Ora, “esauriti i tagli, si è passati ai contratti di solidarietà. Ma i conti ancora non tornano: nell’ultimo triennio l’editrice ha perso 100 milioni, 10 dei quali nel 2011”. Se uno avesse voglia di fare una ricerca un po’ approfondita su tutta la vicenda, ne verrebbe un piccolo capolavoro di giallistica industriale.

La situazione, prosegue Lentini, non è migliore al Corriere della Sera e alla Gazzetta, dove la preoccupazione “delle lotte di potere [prevale su quella per] la disaffezione dei lettori”.  In realtà le copie perse dal Corriere da gennaio 2011 a gennaio 2012 sono molto meno di quelle perse negli anni passati, a cominciare dall’outin di Paolo Mieli quando era direttore a favore della sinistra.  In realtà, più che le 7.904 copie perse su base annua, sono un brutto segno le 5.683 perse “da settembre in poi, in piena crisi politica ed economica”. Ma nei confronti del Governo di Salute Pubblica presieduto da Mario Monti il Corriere ha tenuto un atteggiamento troppo mite, così come con il Governo Berlusconi non nascondeva nulla sui dettagli del bunga bunga ma non rappresentava in modo coerente il patimenti dei ceti medi suoi lettori e già tartassati, senza strombazzamenti ma con pari efficacia, da Giulio Tremonti.

Lentini rileva che anche peggio è andata con la Gazzetta dello Sport, che “a gennaio rifletteva un calo annuo di oltre 30mila copie” e attribuisce la principale responsabilità del calo alle “scelte dei manager, con oltre 20mila copie bruciate dopo l’aumento del prezzo di luglio”.

Qui Lentini tocca un punto chiave che è la sensibilità dei lettori al prezzo. C’è un indice molto empirico ma efficacissimo, il rapporto tra prezzo del giornale e di una tazzina di caffé al bar: mai i due valori sono stati così disallineati, in un’epoca in cui siamo sommersi di informazione gratuita. Tutti pensano ovviamente a Internet, mentre nessuno pensa alla Tv, che con Sky Tg 24 e Rai News sforna notizie senza interruzione.

L’editrice del Corriere, la Rcs, “ha chiuso il 2011 con una perdita di 322 milioni” e “galleggia nel limbo, tenendo nel cassetto strategie che di industriale hanno poco: tagli, cessioni di testate ovvero di immobili o di rami aziendali. Ma niente è ancora certo”. Poveracci, si erano battuti il petto come King Kong quando avevano comprato il Mundo spagnolo strapagandolo: ma la colpa non era dei dirigenti, perché anzi, per non volore fare acquisizioni importanti quanto senza senso Vittorio Colao ci aveva rimesso il posto. E se anche il suo successore nella carica di amministratore delegato della Rcs, Antonello Perricone, si fosse a sua volta rifiutato, alla fine l’esasperata hubris degli azionisti avrebbe trovato qualcuno disposto a comprare qualsiasi cosa pur di farli contenti.

L’analisi di Lentini conclude riconoscendo che qualcosa “brilla” ed è  “il meno peggio, il Gruppo Espresso”, che, ha ricordato il Sole 24 Ore, è, ormai  da molti anni, “storicamente il «best-in-class» nel settore dei media a Piazza Affari e fa da punto di riferimento per gli altri”.

La trimestrale del Gruppo Espresso, “seppure in calo rispetto all’anno scorso con profitti in contrazione del 23,2% a 10,1 milioni, è stata accolta con favore dal mercato”. Per le copie di Repubblica, Lentini riporta questi dati: “gennaio ha segnato una perdita di oltre 13mila copie su base annua e la ripresa ingranata a dicembre con l’arrivo del governo Monti è già stata azzerata”. In realtà era la gioia di molti hard core anti berlusconiani che avevano accolto come un liberatore Monti andata poi delusa di fronte alla serie di pessime figure, bugie e annunci a vuoto del nuovo Governo. Repubblica, che poi ha abbastanza corretto il tiro, all’inizio era di un montismo cieco e acritico e lo ha naturalmente pagato, anche se, nota Lentini, “non ha aiutato il rincaro varato a inizio anno”. Così è stata annunciata “una nuova ondata di tagli. Mani avanti però sui dividendi: nonostante i tempi di magra agli azionisti sarà distribuita una cedola da 24 milioni, quasi la metà dei profitti. E pensare che nei migliori manuali di economia si suggerisce invece di investire nei tempi di crisi per non perdere l’occasione del rimbalzo”.

 

 

 

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