Giovanni Malagò: “Tavecchio-Albertini? Finale a sorpresa”

Pubblicato il 5 Agosto 2014 - 14:13 OLTRE 6 MESI FA
Giovanni Malagò

Giovanni Malagò

ROMA – “Prevedo un finale a sorpresa, non tanto sul risultato ma sulla governance” dice, intervistato dal Messaggero, il presidente del Coni, Giovanni Malagò che prevede un finale a sorpresa della disputa tra Carlo Tavecchio e Demetrio Albertini per la presidenza della Lega.

L’intervista completa:

Presidente Malagò, lunedì è il giorno delle elezioni. La Federcalcio avrà un presidente?
«Prevedo un finale a sorpresa, non tanto sul risultato ma sulla governance».
Lei, presidente, cosa pensa?
«Sono sincero: non escludo ci possa essere uno scoop dopo le elezioni».
Potrebbe non esserci un accordo sulla squadra che proporrà il neo presidente, presumibilmente Tavecchio, che lascerebbe subito il suo posto chiamando in causa il commissario ad acta. Lei ha pronto un piano in tal caso?
«Se mi chiede dell’eventuale commissariamento, un piano vero non è pronto ma ci sto pensando».
Il calcio sta facendo imbarazzare lo sport italiano. D’estate spesso capita questo con il pallone.
«Tutto quello che sta succedendo crea difficoltà e mi imbarazza moltissimo. Ho sempre fatto presente al mondo del calcio che tante cose non solo non mi andavano bene ma andavano nella direzione opposta».
Lei da quando è diventato presidente del Coni ha spesso contestato la Figc.
«Certe linee non possono essere disattese e sulla mia presa di posizione nei confronti del mondo del calcio la stampa da tempo ci ha ricamato sopra. Adesso, i nodi vengono al pettine».
Presidente, come se ne esce da questo pantano?
«Resettando tutto, voltando pagina».
La settimana scorsa ha parlato per tre ore con Tavecchio. Cosa le ha detto del suo programma?
«Mi ha mostrato il suo intento. Il suo è un programma fortemente coraggioso e innovativo. Gli ho sviscerato le mie riflessioni sulla difficoltà di attuazione e soprattutto sulle cambiali da pagare che difficilmente lo aiuterebbero. Ritengo che le sue idee non sono conciliabili con le cambiali. Per questo credo che non sarà possibile governare così».
Cosa pensa della candidatura di Albertini, un ex calciatore?
«La sua candidatura e la sua eventuale vittoria sarebbe una grande novità anche se ritengo difficile il suo successo elettorale».
Tavecchio e Albertini vogliono cambiare tutto. Lo stesso, però, voleva fare anche Giancarlo Abete, e non solo in questi ultimi due anni al vertice.
«L’ho sollecitato e ho dimostrato che io sono andato per la mia strada anche senza il calcio, come è stato per la giustizia sportiva riformata. È stata approvata nonostante l’opposizione proprio del calcio e del nuoto. Ho dimostrato che lo sport italiano può continuare anche senza il calcio, almeno questo calcio».
Lei ha anche cerato di modificare l’assegnazione dei contributi al calcio ritenendo eccessivi 62 milioni di euro. Come finisce questa battaglia?
«La commissione ha lavorato e ha concluso le sue valutazioni. A settembre ci saranno i numeri. Credo che mostri come il Coni non fa sconti a nessuno nonostante il calcio sia un attore principale».
Abete si è dimesso in Brasile. Scelta giusta la sua quella di lasciare adesso?
«Prima di tutto va detto che Abete non si è dimesso per un gol subito. È sbagliato collegare le dimissioni di un presidente con un cattivo risultato sportivo, e non solo in questa vicenda. Penso che sia indispensabile fare una valutazione su quello che c’è stato prima dei campionati del mondo in Brasile. C’erano, alla vigilia, le premesse per fare cose importanti che poi non si sono realizzate. Sono convinto che Abete si sarebbe dimesso in ogni caso, e per ragioni personali ma anche per le pressioni dell’esterno. Il suo è stato un gesto nobile».
Perché, presidente, sarebbe un bene che a via Allegri arrivi il commissario?
«Se non si arriverà all’elezione di un presidente in maniera democratica è giusto che ci sia una persona che cerchi di dare un ordine».
Perché non è giusto mandare un commissario?
«Si creerebbe un precedente nel rispetto dell’autonomia delle Federazioni. Se non richiesto e non necessario, non posso commissariare».
Daniele De Rossi ha parlato della frase delle banane di Tavecchio e di cosa succederebbe se fosse lui a pronunciarla nei confronti di un avversario. Cosa pensa?
«Affermazioni da incorniciare nella cassazione della giustizia sportiva. Però devo aggiungere che le frasi dei giocatori della Juventus e della Roma sulla vicenda Federcalcio hanno un sapore diverso da quelle che avrebbero potuto spendere, sulla questione, calciatori del Milan o della Lazio».
A proposito di quella infelice frase, Tavecchio non sarebbe passibile di un’inchiesta?
«Qnon so cosa ne pensi, ma aprire eventualmente un fascicolo spetta al procuratore della Federcalcio, Stefano Palazzi. Sarebbe interessante chiedergli cosa ne pensa».
Cosa manca al calcio italiano per tornare grande?
«Preparare e fare crescere una nuova classe dirigente a prescindere da questi tormenti dove tutto, adesso, è aperto. Neppure un veggente saprebbe prevedere».
Questa disputa sta portando in primo piano molti problemi del mondo del calcio, soprattutto in ambito dirigenziale.
«Ripeto che non ci sono dirigenti all’altezza ma il problema è ampio. Diciamo la verità: dove lo si trova uno che viene a Roma, lavora dodici ore al giorno e guadagna 36 mila euro lordi l’anno trovando anche un largo consenso e con tutte le responsabilità che ha? In Germania nel calcio hanno posto al vertice anche ex calciatori che sono diventati dirigenti dopo un percorso. Ma sono persone che hanno studiato e si sono preparate».
E in Italia?
«I calciatori rispetto agli atleti di altri sport seguono percorsi diversi. Altri campioni li vedo studiare ai corsi di management e mi riferisco a Cammarelle e Gravina per fare un esempio che vedo all’Acqua Acetosa. Nel calcio non c’è quasi nessuno mentre occorrono dirigenti-manager. I calciatori al massimo diventano allenatori e direttori sportivi».
Questione anche di cultura sportiva, sulla quale siamo in ritardo. Di chi le colpe?
«Occorre seminare e servono buoni insegnanti. La grande partita è la scuola e sto cercando di realizzare qualcosa di diverso da quello che adesso di fa nella scuola. Il problema? Manca la materia prima, che sono le persone che fanno sport».
Il Coni cosa fa per giocare questa partita?
«Mi voglio prendere la responsabilità di questa vicenda affiancando lo Stato per quanto riguarda l’educazione fisica nella scuola. Come? Coinvolgendo le associazioni e le società di base. Sarebbe una svolta epocale e spero di partire la prossima primavera».
Scusi, tra due giorni lei vuole andare in vacanza. Pronto al rientro con urgenza se lunedì…
«C’è il senso del dovere prima di tutto».