Giovanni Malagò: “Tavecchio potrebbe dimettersi se si sentirà condizionato”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Agosto 2014 - 09:08 OLTRE 6 MESI FA
Giovanni Malagò: "Tavecchio potrebbe dimettersi se si sentirà condizionato"

Tavecchio (LaPresse)

ROMA – Giovanni Malagò, presidente del Coni, ha parlato in esclusiva al Corriere della Sera riguardo l’ultima l’inchiesta aperta dall’Uefa contro Carlo Tavecchio, per le sue infelici dichiarazioni su banane e stranieri.

Un’estate folle, presidente, colpa di Tavecchio o del maltempo?
«A me è andata bene. Mare, sole e un po’ di maestrale che non guasta. Quanto ai problemi conseguenti alle parole di Tavecchio sono stati davvero tanti».

L’ultimo è l’inchiesta dell’Uefa: se l’aspettava?
«Avevo ricevuto segnali in questo senso. E non mi sorprenderei se si muovesse la Fifa e sulle prese di posizione dell’Associazione calciatori anche la procura federale».

Non è certo un bell’inizio per Tavecchio.
«Per niente. L’ho sentito, gli ho parlato, sta preparando la sua difesa, mi è parso sereno, sta lavorando molto. Ma aggiungo che se il neopresidente federale dovesse sentirsi condizionato da certi eventi, tipo quello dell’Uefa, o da altre manovre, da pressioni di parte, corporative, non mi stupirei affatto se facesse un passo indietro e rassegnasse le dimissioni».

Addirittura. Lei ha parlato di «possibili sorprese». Sarebbero clamorose le dimissioni di Tavecchio.
«In un lungo colloquio, prima della sua elezione, Tavecchio mi ha parlato del suo programma, della sua forza elettorale, anche in modo convincente. Aggiungendo che se non fosse stato in grado di operare per il bene del calcio si sarebbe dimesso. Ribadisco, se questi ultimi avvenimenti dovessero condizionare lui e la sua azione, Tavecchio lascerebbe».

È stata difficile la gestione del caso Tavecchio?
«Dico solo questo: non avrei mai immaginato di ricevere così tante pressioni, interferenze di ogni tipo. E non scendo nei particolari facendo esempi e nomi, ovvio, ma tutti sembravano convinti di essere depositari della verità. Ho ascoltato, educatamente, ma certo non mi faccio condizionare. Mi sono mosso secondo le regole e rispettando spazi e prerogative altrui».

Il programma di Tavecchio la soddisfa?
«In buona parte sì, è un programma coraggioso. Ma deve dimostrare di non essere, mi si permetta questa immagine, un re travicello. Non sarebbe nel suo carattere mantenere una posizione indefinita».

La prima mossa di Tavecchio: l’ingaggio di Antonio Conte come c.t.
«Quando mi confrontai con lui (ovviamente lo feci anche con Albertini, l’altro candidato) mi confidò l’intenzione di ingaggiare Conte. Gli replicai che avrebbe avuto il mio consenso, Conte è un vincente, aggiungendo però che ci sarebbero state delle difficoltà sull’ingaggio. Mi spiegò che le avrebbe affrontate e risolte, rispettando quei limiti economici e finanziari che guidano una Federazione. Ha mantenuto la parola coinvolgendo in modo creativo aziende private. E, conoscendo Conte, stiano tranquilli i puristi, non si farà certo condizionare dallo sponsor».

La seconda mossa: Fiona May come immagine della lotta al razzismo
«Quando Fiona ha chiesto la mia opinione, le ho detto di accettare solo nel caso di un ruolo preciso, operativo».

La terza mossa: basta con la chiusura delle curve che ululano e offendono in nome della discriminazione territoriale.
«Una saggia decisione comunicata malissimo, come se adesso si potesse insultare il prossimo a seconda della sua provenienza, che sia Milano, Roma o Napoli. In realtà scatterà una differente sanzione, più mirata, chirurgica e non solo a danno delle società e degli altri tifosi che nulla c’entrano».

Ma nella governance di Tavecchio, con le vicepresidenze assegnate a Beretta (Lega calcio) e Macalli (Lega Pro), dove sta quello «sprint», «il nuovo», da lei auspicato?
«Tavecchio ha mantenuto l’impegno di non coinvolgere esponenti che rappresentano interessi di parte, societari…» .

Si riferisce all’esclusione di Lotito, l’uomo ovunque?
«Lotito ha fatto un bel gesto, un passo indietro. Ha molti meriti Lotito, ma deve capire che è meglio frenare ciò che può apparire invadenza» (…)