Giuliano Pisapia contro i ciclisti: “Serve più disciplina”. Luca De Vito, Repubblica

Pisapia contro i ciclisti: "Serve più disciplina". Luca De Vito, Repubblica
Pisapia contro i ciclisti: “Serve più disciplina”. Luca De Vito, Repubblica

ROMA – Anche Repubblica e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia dopo la morte di una donna travolta da una bici si sono accorti finalmente del pericolo dei ciclisti troppe volte per nulla rispettosi delle regole e del codice stradale.

Scrive Luca De Vito di Repubblica:

Sono croce e delizia del traffico in città. I ciclisti non inquinano, riducono gli ingorghi e obbligano gli automobilisti a rallentare. Ma sempre più spesso sono oggetto di critiche feroci per comportamenti ritenuti poco o per nulla rispettosi delle regole. Il fatto di cronaca più recente è la tragedia che, domenica scorsa, ha visto un ciclista investire una signora di 88 a Milano. La donna ha perso l’equilibrio ed è morta dopo aver battuto la testa. Un caso su cui non sono ancora state chiarite del tutto le responsabilità, ma che ha comunque dato il via alle polemiche. Per primo è stato il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, a rivolgere un appello direttamente a chi si muove in bicicletta: «Troppi ciclisti oggi pensano di passare col rosso, ma così mettono a rischio la propria incolumità e quella degli altri. Lo vedo tutti i giorni: vanno contromano. Ecco, questo è pericoloso».
In effetti, la crescita esponenziale delle due ruote in città — per la prima volta nel 2011 sono state vendute più bici che auto — ha fatto aumentare anche le occasioni di conflitto. E ingrossato le fila del partito anti-bici, che invoca più sanzioni e forme di controllo per chi pedala. Per esempio, c’è chi chiede di rendere i ciclisti sempre identificabili: «Bisogna obbligarli a munirsi di un contrassegno di identificazione visibile a distanza — ha spiegato Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia — perché ogni mezzo di trasporto deve essere munito di targa quando circola ». Spesso nel mirino finiscono alcuni comportamenti – pedalare sui marciapiedi, passare con il rosso, andare contromano -, e non mancano le polemiche contro le piste ciclabili: da Napoli a Treviso, comitati di residenti e ne-gozianti raccolgono firme per chiedere che non ne siano più costruite. Sempre a Milano, un’insolita alleanza tra tassisti e tranvieri ha chiesto di aumentare i controlli contro i ciclisti che entrano nelle corsie preferenziali per bus e taxi: «Sono un pericolo prima di tutto per se stessi — ha sottolineato Pietro Gagliardi, dell’Unione Artigiani Taxi — dovrebbero essere estromessi dalle corsie preferenziali che sono a scorrimento veloce».
Le critiche arrivano anche dalla rete, dove sempre più spesso blogger e gruppi sui social network si lasciano andare a commenti che scadono nella violenza verbale. Nelle settimane scorse, è saltato fuori il caso del gruppo Facebook che istigava a «investire i ciclisti che non usano la pista ciclabile». La pagina è stata chiusa dopo le polemiche, quando aveva già raggiunto oltre tremila like. Violenza, e non solo verbale, si è vista invece a Catania, dove a metà ottobre un ciclista è stato aggredito da alcuni gestori di camionbar sul lungomare cittadino con calci e pugni, durante la domenica senz’auto voluta dal sindaco Enzo Bianco. Motivo? Attriti tra i ciclisti e una manifestazione di commercianti contrari all’iniziativa pro-bici.
Contro la rabbia e l’emotività scatenati da un incidente come quello di Milano, c’è però anche chi richiama alla calma. E a ragionare con statistiche (reali) alla mano: «Quello di Pisapia è un appello giusto e legittimo — spiega Alberto Fiorillo, promotore della campagna #Salvaiciclisti, nata sul web dall’iniziativa di blogger e associazioni per aumentare la sicurezza dei ciclisti sulle strade italiane — ma mi piacerebbe che i sindaci delle grandi città e i presidenti delle regioni facessero dieci appelli analoghi ogni volta che sulle strade muoiono ciclisti e pedoni a causa di incidenti con le auto. Quello è un bilancio drammatico: ogni anno sulle nostre strade registriamo 4mila morti».

L’intervista a Ercole Giammarco, consulente per il mondo della mobilità sostenibile e promotore delle manifestazioni Cyclopride day in varie città italiane.
Che cosa pensa del comportamento di chi pedala sulle nostre strade?
«Noi ciclisti in Italia stiamo diventando antipatici e arroganti. Ci sentiamo liberi di non rispettare le regole e sempre più spesso ci tiriamo addosso critiche che arrivano anche da persone serie e colte. Da noi chi va in bicicletta si fregia di essere particolarmente civile, ma poi si comporta da arci-italiano».
E come si fa a cambiare?
«Prima di tutto i cittadini vanno informati. Chi si muove in bicicletta deve sapere quali sono le regole e cosa può fare o non fare. È educazione civica e bisognerebbe partire dalle scuole… ».
E una volta informati i cittadini?
«Chi sbaglia deve essere sanzionato. C’è poco da fare, nei Paesi dove c’è tolleranza zero, come la Svizzera, i ciclisti sono educati e rispettosi».
Lei ha scritto un libro, Andare in bici — le ragioni del pedalare, schierato dalla parte dei ciclisti. Ora non teme di essere criticato dal popolo delle due ruote?
«Al contrario. La maggior parte dei ciclisti la pensa proprio come me».

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