Governo, Marò, morte Mennea, Italia-Brasile: rassegna stampa e prime pagine

ROMA – Governo, Bersani ci prova. Il Corriere della Sera: “Pier Luigi Bersani vuole provarci. A Napolitano ha chiesto l’incarico come leader del Pd, rivendicando la vittoria elettorale. In subordine ha aperto a un esecutivo «sostenuto dalla corresponsabilità di tutte le forze parlamentari» (grillini compresi, quindi) che traghetti il Paese fino alle prossime elezioni. Il capo dello Stato gli darà l’incarico ma a condizione di numeri certi. Alle consultazioni Grillo ha bocciato ogni soluzione e chiesto un governo 5 Stelle. Berlusconi vuole un esecutivo Pd-Pdl.”

L’equilibrio indispensabile. L’editoriale a firma di Sergio Romano:

“In secondo luogo occorrerà tornare alle urne, ma non con questa legge elettorale. Sapevamo che quella dell’on. Calderoli è una pessima legge, ma non potevamo immaginare che le elezioni si sarebbero concluse con un photofinish e che il voto avrebbe regalato il 54% della Camera al minor perdente. Votare con questa «lotteria» sarebbe molto più azzardato di quanto non fosse il secondo voto greco nel giugno del 2012. Potremmo avere un altro risultato inconcludente al Senato e addirittura una maggioranza del Movimento 5 Stelle alla Camera. In terzo luogo ciò che maggiormente serve all’Italia in questo momento è un governo che non susciti i dubbi dell’Europa e lo scetticismo dei mercati. Ancora prima delle molte riforme necessarie al Paese occorre far capire immediatamente a tutti che la linea politica sarà quella concordata a Bruxelles nelle scorse settimane: la crescita, indubbiamente, ma senza deroghe al programma di risanamento dei conti pubblici, se non quelle concordate con l’Ue. Considerata alla luce di questa esigenza la strategia di Bersani ha avuto l’effetto di allungare i tempi dell’incertezza e di rendere la crisi italiana intraducibile in qualsiasi altra lingua europea.”

Consultazioni, il peso dei veti Il Pd: governo di cambiamento. L’articolo a firma di Dino Martirano:

“Il primo a salire al Quirinale è Grillo. Si presenta a bordo di una monovolume nera guidata dal fidato Walter Vezzoli (in gilet e camicia bianca). Il leader del M5S, accompagnato dai capigruppo Vito Crimi e Roberta Lombardi, indugia col naso puntato sugli affreschi lungo le scale che conducono allo studio della Vetrata. Però al termine del colloquio con Giorgio Napolitano, Grillo sparisce dietro una porta e manda allo scoperto i suoi parlamentari che leggono un testo: 1) «Siamo il primo partito, abbiamo chiesto un incarico pieno, poi comunicheremo chi sarà la personalità indicata per guidare l’esecutivo». Crimi elenca pure i 20 punti del programma, compreso il referendum sull’euro, mentre Lombardi rivendica per l’M5S all’opposizione le presidenze delle commissioni di controllo (servizi segreti e vigilanza Rai). Niente domande. E Crimi, nella fretta, sbaglia strada ma viene ripreso dal cerimoniale col quale si è lamentato per la mancanza di segnale Gsm nello studio del presidente. Berlusconi e Grillo non si incrociano. Il Cavaliere (accompagnato da Alfano, Brunetta, Schifani e dai leghisti, Stucchi, Bitonci e Giorgetti) all’uscita usa uno stile asciutto: «I risultati elettorali hanno prodotto 3 forze di pari entità, anche se una non è disponibile… Tocca a Pd e Pdl la responsabilità di dare un governo al Paese… Però il Pd, che ha il 30%, dopo le presidenze di Camera e Senato non può pensare di accaparrarsi Palazzo Chigi e il Quirinale».”

Napolitano ordina gli appunti e pensa a un esecutivo di scopo. Il Giornale: “Il capo dello Stato oggi scioglie la riserva. Un eventuale fallimento di Bersani spalancherebbe le porte a una figura istituzionale, da Grasso a Ignazio Visco.” L’articolo a firma di Massimiliano Scafi:

“Il presidente si prende venti­quatt’ore. «Devo riguardare gli appunti e riordinare le idee per vedere quali decisioni prende­re. Decisioni che domani pre­senterò e motiverò. Intanto an­diamo tutti a riposare». Eppu­re, a grandi linee, il piano per da­re un governo al Paese è già pronto. Dopo le consultazioni il no di Grillo è agli atti, dunque il segretario del Pd non ha la maggioranza, però ancora non si è arreso. Ma Napolitano non se la sente di dargli strada e pas­sa la giornata a spiegare a tutti che «chi riceverà l’incarico do­vrà dimostrare di avere i nume­ri ». Ma nemmeno di mandare il Paese alle urne, che quasi nes­suno vuole. Ecco allora Pietro Grasso, che appare già compre­so nella parte. «Sono ottimista di natura. Si potrebbe sperare in un governo tecnico-politico con personaggi di statura e specchiata moralità e capaci di portare a compimento un pro­getto definito». Il presidente del Senato po­trebbe ottenere un mandato esplorativo per un esecutivo di scopo. «Mi sono addormentato Pietro e mi sono svegliato meto­do », racconta. Una procedura, leggermente riveduta e corret­ta, che Napolitano vorrebbe ap­plicare anche per la formazio­ne del governo. È il «sistema del­la griglia», che punta a costrui­re intese attorno a singoli temi. Vista la perdurante ostilità del Pd alle larghe intese, il capo del­lo Stato vuole infatti ribaltare l’approccio tradizionale, par­tendo stavolta non dalle allean­ze ma dalle cose da fare e da un programma circoscritto e con­diviso. Non un «patto tra le se­greterie », bensì un senso di re­sponsabilità per il bene del Pae­se. C’è il Def, il Documento di programmazione finanziaria, da approvare entro giugno, ci sono i conti da mantenere in or­dine, c’è una legge elettorale da cambiare, ci sono provvedi­menti per il lavoro e le imprese da prendere. Per tutti questi motivi un go­verno serve, e subito. E così ol­tre a Grasso, ecco che nelle ulti­me ore sono spuntati pure altri possibili nomi. Valerio Onida o Alberto Capotosti, se si vuole re­st­are nel campo dei garanti isti­tuzionali, Ignazio Visco o Fabri­zio Saccommani, se invece si cerca un nuovo Monti che per tenere d’occhio la situazione economica. Qualcuno pensa anche a Fabrizio Barca, mini­stro della Coesione territoriale, un tecnico di sinistra ben visto a destra e in ottimi rapporti con il Colle.”

Bersani non vuole mollare ma rischia l’incarico trappola . L’articolo de Il Giornale a firma di Laura Cesaretti:

“Le ragioni le argomentava senza giri di parole il «giovane turco» Matteo Orfini, che in questa fase è in sintonia con quello che pensa il suo segreta­rio: «Noi non siamo in gra­do di reggere in alcun modo e sotto alcu­na forma, gover­no tecnico, isti­tuzionale o poli­tico che sia, una maggioranza in­sieme al Pdl. Per­ché qui dentro ci spaccheremmo, e soprattutto perché nel paese sarebbe la morte definitiva della sinistra italia­na, e regaleremmo a Grillo un’autostrada per le prossime elezioni». Quindi, avverte Orfi­ni, chiunque pensi a questa so­luzione sappia che dovrà fare i conti con «un nutrito gruppo di noi, che qui siamo almeno 50, che dirà no a qualsiasi ipotesi del genere: molto meglio anda­re a votare a luglio». Oggi sarà Napolitano a far sa­pere quali conclusioni ha tratto dal suo primo giro di consulta­zioni. Il presidente si è preso una nottata di tempo prima di dire la sua, ben consapevole del complicatissimo puzzle di veti incrociati che ha davanti. E nel Pd, tra gli esponenti della fronda che sta montando con­tro il segretario ( accusato di ave­re «un unico piano A: far preci­pitare tutto verso le elezioni a lu­glio, in silenziosa convergenza con Berlusconi. Con un’unica differenza: Berlusconi vuole an­dare al vot­o ma sa che sarà anco­ra e sempre lui il candidato, Ber­sani spera di essere lui ma non lo sarà»)si ipotizza che la prossi­ma mossa del presidente possa essere proprio quella di conferi­re a Bersani un incarico con ri­serva. «Nella consapevolezza ­dice un dirigente Pd fautore del­le larghe intese – che così lo manda a sbattere, perché non ha i numeri, e lo leva di mezzo». Liberando quella ampia fetta del Pd che, secondo molti, sa­rebbe pronta a far partire un esecutivo «di scopo» che metta in calendario riforme e provve­dimenti anti-crisi e che porti il paese al voto nel 2014, con le ele­zioni europee.”

Onida gela l’armata anti Cav: Berlusconi non è ineleggibile. L’articolo de Il Giornale a firma di Roberto Scafuri:

“Questa proprio non ci vo­leva. A ventiquattr’ore dalla manifestazione di massa indetta nella piazza Santi Apostoli cara all’Uli­vo prodiano, a un passo dal tra­guardo come Dorando Pietri nelle Olimpiadi di Londra del 1908, a un capello dal traguardo considerevole di 250mila firme (alcune altisonanti) raccolte. Il problema sarà dirlo con dovuta cautela a Paolo Flores d’Arcais, animatore del comitato che ne­gli ulti­mi due decenni ha prova­to in tutti i modi a far capire al po­polo come Silvio Berlusconi fos­se ineleggibile, a norma della leg­ge del 1957 che inibisce il Parla­mento a titolari di concessioni pubbliche. Attorno a questo importante risultato, fallito per un pelo nel ’94 e nel ’96,e così distante dalle ultime raccomandazioni di Na­politano («Garantire al Cavalie­re la partecipazione politica»), si era coagulata nelle scorse setti­mane l’unico concreto punto di contatto tra il Movimento di Gril­lo e il partito di Bersani. Punto di contatto plasticamente identifi­cato nel capogruppo dei senato­ri Pd, Luigi Zanda, unico del gruppo dirigente ad aver sotto­scritto l’appello anti Cav e pron­to, immaginiamo, a prendere parte alla manifestazione di do­mani «per la difesa della Costitu­zione e l’ineleggibilità di Berlu­sconi ». I fatti, però, congiurano contro titolo e obbiettivo. O si sta alla Costituzione, e con uno dei massimi suoi interpreti, il professor Valerio Onida, presi­dente emerito della Corte Costi­tuzionale, o con l’idea di ghigliot­tinare lo scranno del Cav in for­za di legge.”

La (quasi) inevitabilità del tentativo di Bersani. La Stampa: “La strada è difficilissima, ma un fallimento e il voto subito bloccherebbero Renzi.” L’articolo a firma di Federico Geremicca:

“Eppure Bersani – pur avendo chiara la difficoltà del compito che lo attende – crede assolutamente nella possibilità di un successo: «Non abbiamo “piani b” – ha spiegato ieri ai giornalisti – e neanche “piani a”: io sento, e il partito sente, di avere delle responsabilità da esercitare. Spero di poter dare una mano: e chi mi conosce sa che non metto davanti questioni personali (e infatti accettò il governo Monti invece che le elezioni, nel novembre 2011, e successivamente la sfida di Renzi alle primarie, che avrebbe potuto evitare semplicemente richiamando quanto previsto dallo Statuto Pd). Tentare di raggiungere il successo, va bene: ma come? Con un programma che possa allettare la Lega (Senato delle Regioni) e perfino il Pdl (profonde riforme istituzionali), sperando di ottenere in qualche forma (astensione ma non solo) la possibilità di partire; e dall’altro lato, però, con innovazioni programmatiche e di uomini (come per i presidenti di Camera e Senato) capaci di mettere in seria difficoltà, al momento del voto, il Movimento di Beppe Grillo. Non è il massimo della vita e non sono certo le condizioni che Bersani immaginava dopo il voto del 24 e 25 di febbraio: ma le elezioni sono andate come sono andate, e bisogna fare i conti con quel che c’è…”

L’Italia fa marcia indietro. I fucilieri tornano in India. L’articolo de La Stampa a firma di Grazia Longo:

“Con questi due punti fermi, ieri sera, i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono partiti per l’India, accompagnati dal sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura. Un colpo di scena: l’11 marzo il governo aveva annunciato che i due marò non sarebbero tornati in India. Innegabile quindi – nonostante le ampie rassicurazioni – il drammatico effetto sorpresa della decisione del governo. Che in una nota precisa di aver ritenuto prioritario «mantenere l’impegno, preso in occasione del permesso per partecipare al voto, del ritorno in India entro il 22 marzo. I due fucilieri di Marina hanno aderito a tale valutazione». Secondo alcune indiscrezioni, la decisione è arrivata dopo un faccia-a faccia di cinque ore davanti ai massimi esponenti della Farnesina e della Marina italiana. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha avuto una conversazione telefonica con Massimiliano Latorre nel corso della quale ha espresso a lui e al suo collega Salvatore Girone «l’apprezzamento per il senso di responsabilità con cui hanno accolto la decisione del Governo e ha assicurato loro la massima vicinanza nel percorso che li attende con l’augurio di un sollecito, corretto riconoscimento delle loro ragioni».”

Mennea, la volontà ascetica di un campione immenso. L’articolo de La Stampa a firma di Gian Paolo Ormezzano:

“È morto ieri mattina a 60 anni, in una clinica di Roma, Pietro Mennea, ex velocista azzurro, olimpionico ’80 e per anni primatista mondiale dei 200 metri. Era nato a Barletta il 28 giugno 1952 e lottava da tempo contro un male incurabile. La camera ardente è stata allestita nella sede del Coni a Roma e aprirà stamane alle ore 9. I funerali saranno celebrati domani alle 10, nella basilica di Santa Sabina a Roma. Ascetica, fachiristica, muscolo dopo muscolo, con Franco Mascolo primo allenatore artigianale e Caro fanno fascista (è stato lo Vittori ultimo guru, artistico nel Ldeputato europeo, ma senso che fece il capolavoro. Figlio con Di Pietro), dopato, di un sarto, si guadagnò i primi solalteratore di cronometri, di scommettendo a chi vinceva sui illetterato (ha scritto 50 metri contro auto dai molti caventi libri). Non gay perché si è valli, su uno stradone della sua Barsposato da poco letta. Come quasi e con la moglie tutti i poveri rimasi è impegnato se sempre assai atnel sociale, an- tento al denaro, e che contro il do- ovviamente lo disping, però igno- sero avido, anche e rante perché specialmente non aveva la parlata forbita, e ov- quando chiedeva soldi alla Federaviamente le sue quattro lauree zione, magari soltanto o addirittura (giurisprudenza, lettere, scienze (le parcelle dei dentisti…) per farsi politiche e scienze motorie) non belli i denti irregolari in quella sua contano. faccia col mento deviato, alla Totò.”

Italia all’altezza. Pari in rimonta con il Brasile: la svolta arriva dal 4-3-3 nella ripresa. L’articolo de La Stampa a firma di Marco Ansaldo:

“L’ Italia che prevale nel gioco sul Brasile è una notizia. È una perla rara perché solo nella madre di tutte le vittorie, il 3-2 del Sarrià firmato Paolo Rossi, gli azzurri dimostrarono di stare al livello dei sudamericani per la tattica e il coraggio, se non per l’abilità pura. Non si possono fare paragoni: allora ci si giocava il Mondiale e ieri una briscola di amichevole, ma il segnale mandato da Ginevra è che l’Italia prandelliana cresce con uno sviluppo discontinuo però molto interessante. Se quattro anni fa, a Londra, il Brasile asfaltò la Nazionale creando le avvisaglie del crollo nella Confederations Cup e nel Mondiale sudafricano, la prestazione di ieri è stata un’altra canzone, dopo l’Europeo, di una squadra che si è rifondata dalle ceneri e ha un futuro. Speriamo che il tempo (e il prossimo incontro con i verdeoro, il 22 giugno a Salvador de Bahia) non ci smentisca.”

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