Graffiti sul Tevere: l’arte divide Roma. Camilla Mozzetti sul Messaggero

William Kentridge
William Kentridge

ROMA – In una città come Roma dove manca  un miliardo di euro all’appello del bilancio del comune e dove i contribuenti di tutta Italia sono chiamati a pagare per gli sprechi degli amministratori capitolini, c’è chi non sa come buttare i soldi e  si inventa nuove iniziative come quella dei murales sul Tevere. L’articolo di Camilla Mozzetti sul Messaggero:

Potrebbe cambiare l’aspetto del Tevere e del centro storico. Ma potrebbe anche dividere i romani e far saltare sulla sedia i più legati alle tradizioni capitoline e all’immagine della città eterna. Lui è l’artista sudafricano William Kentridge, che vanta una fama internazionale e ha scelto la Capitale per la sua più grande opera d’arte urbana mai realizzata finora. Il progetto di street-art prenderà forma alla fine della prossima estate, voluto dall’associazione onlus Tevereterno per riqualificare le sponde del biondo fiume, anche se inevitabilmente si accenderà il dibattito sulla necessità prioritaria di bonificare prima il fiume, le sue banchine e le sue piste ciclabili, rendendo vivibile la zona tutto l’anno, per poi occuparsi dell’aspetto estetico. Eppure, nonostante le ormai note difficoltà di creare proprio a Roma un’osmosi di successo tra arte contemporanea e urbanità, è possibile che alla fine prevalgano comunque gli apprezzamenti. All’artista sudafricano – cooptano dopo anni di lungo corteggiamento dall’associazione onlus Teverterno – è stato dunque assegnato il compito di impreziosire, con i suoi disegni, i muraglioni del Tevere per 550 metri, da ponte Sisto fino a ponte Mazzini. Kentridge creerà, nell’opera intitolata “Triumphs and laments” – trionfi e lamenti, più di novanta grandi figure, alte fino a nove metri, che rappresenteranno il procedere dei trionfi e delle sconfitte dell’età dei miti. Volti d’imperatori, schiavi e gladiatori sembreranno camminare controcorrente e racconteranno la storia della città, formando quasi una processione visibile al pubblico dalle banchine lungo il fiume così come dal livello del Lungotevere. La tecnica usata – ideata e testata già nel 2005 dall’artista statunitense Kristin Jones nello stesso luogo – sarà quella della pulitura selettiva della patina di smog e pellicola biologica che si è accumulata sui muraglioni. Getti d’acqua e vapore, dunque, nessuna vernice e nessun colorante, mostreranno le immagini di Kentridge senza arrecare danno alla tutela dei monumenti storici. L’opera, pertanto, sarà destinata lentamente a scomparire, quando lo smog tornerà a impossessarsi dei muraglioni. Il costo complessivo dell’operazione è di 350mila euro, completamente finanziati dall’associazione Onlus Tevereterno e da una serie di gallerie d’arte contemporanee che da anni lavorano con l’artista sudafricano. «L’obiettivo è semplice: impreziosire quella parte della città che nell’immaginario collettivo altro non è se non un luogo sporco e pericoloso», afferma Thomas Greene Rankin, a capo dell’associazione Tevereterno. «Parlare delle sponde del biondo – prosegue Rankin – per molti significa solo parlare di Estate romana, di banchetti e ristoranti che fioriscono da giugno a settembre, mentre per il resto dell’anno quell’area va bene solo per portare a spasso i cani, fare jogging o trovarci qualche morto ammazzato». Eppure c’è anche chi crede, invece, che quello spazio potrebbe trasformarsi in una valida officina di diffusione culturale, consacrando, a Roma, l’arte contemporanea anche al di fuori di un museo. Tentare di creare questa connessione senza provocare cortocircuiti non è affatto semplice, ma il progetto è pronto e Kentridge sta già lavorando ai bozzetti. Resta ancora da capire se la Sovrintendenza capitolina riuscirà, per tempo, a licenziare l’autorizzazione, al momento in stand-by più per la mancanza di un sovrintendente capace di licenziare il progetto e assumersi eventuali oneri e onori, che per reali perplessità legate all’opera. Il progetto gode, invece, sia del benestare del Mibac che di quello della regione Lazio, oltre che del favore «incondizionato» dell’assessore capitolino alla Cultura, Flavia Barca.

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