ROMA – “Poi c’è chi dice che gli eurodeputati lavorano poco – scrive Luigi Offeddu del Corriere della Sera – Non è vero, naturalmente, non si può generalizzare. Ma il rapporto che oggi verrà diffuso da Transparency International dice qualcosa di più: e cioè che gli eurodeputati lavorano molto, anche fuori dall’Europarlamento. Lo attestano le stesse dichiarazioni di interessi finanziari, che gli onorevoli sono tenuti a firmare per il triennio precedente l’elezione”.
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In un anno, 398 eurodeputati messi insieme su un totale di 751 portano a casa dai 5,8 ai 18,3 milioni di euro oltre ai loro salari da parlamentari, soldi guadagnati cioè con attività esterne: consulenze, poltrone in aziende pubbliche e in enti privati, incarichi di ogni genere. Fra loro, 110 precisano nero su bianco che si tratta di «attività regolarmente retribuite». Altri hanno gettoni, per esempio dai consigli di qualche azienda, o compensi saltuari. E altri ancora ammettono l’attività ma la classificano come non retribuita. In definitiva: per «Transparency» il 53% degli eurodeputati lavora anche fuori dal Parlamento.
Il totale annuale dei salari dei deputati (media mensile 8.020,53 euro) arriva invece a 72,3 milioni. Ci sono anche 15 che ammettono di guadagnare di più fuori dal Parlamento, che dentro.
Una deputata francese, Nathalie Griesbeck, 58 anni, liberaldemocratica del collegio di Metz, dichiara serenamente di svolgere 68 attività esterne, «retribuite o no», nei consigli di aziende o società: dalle associazioni dei bambini disabili alla direzione del dipartimento «incendio e soccorsi». La signora abita a Metz, l’Europarlamento si riunisce a Bruxelles e Strasburgo, dove mai lei troverà il tempo per tutto? Invece l’italiano Nicola Caputo, Pd dell’Alleanza progressista dei socialisti e democratici, «sul mio onore e in piena conoscenza del regolamento del Parlamento europeo» si ferma a 16 impegni o incarichi professionali: consigliere dell’Automobile Club Italia di Caserta, presidente del Consorzio Caserta Felix, socio «Caputo 189 Srl», socio «Vigne del Sud», e così via. Di tutti questi, ne dichiara uno come retribuito, e cioè consigliere regionale alla Regione Campania, nella fascia di «oltre 10 mila euro lordi al mese». Pure dodici suoi colleghi percepiscono esternamente «almeno» 10 mila euro al mese. Mentre 45 stanno nei paraggi, cioè rientrano nella fascia «di 10 mila euro al mese o più». È un reato, tutto ciò? No, almeno secondo il Codice etico dei deputati che ammette questi incarichi purché dichiarati e «trasparenti». Si profila però, in molti casi, una presumibile quantità di energie, e di tempo, dedicata a qualcosa che potrebbe non rientrare nel mandato elettorale: a incarichi che forse gli elettori non avevano conferito agli eletti, al momento del voto.
Ci sono comunque casi di tutti i tipi. Per esempio, Gianni Pittella, anch’egli Pd e qui presidente dell’Alleanza dei socialisti e democratici, noto da sempre come politico impegnato e attivo. In un primo momento, notano quelli di «Transparency», era stato classificato nella fascia dei più pagati fra quelli che svolgono «attività regolarmente retribuite», ma nella sua dichiarazione presentata il 4 giugno si precisava che quelle attività (8 in tutto) erano in parte remunerate e in parte no. Il 10 ottobre, l’altro ieri, Pittella ha presentato una «dichiarazione riveduta» in cui si elencano 9 attività esterne, «retribuite o non retribuite».
Non manca il girone dei «nullatenenti», o quasi: 7 eurodeputati (fra cui due italiani, Giulia Moi, grillina dell’Efd, e Daniele Viotti del Pd) hanno presentato dichiarazioni completamente in bianco; e 46 (fra cui Elisabetta Gardini, Ppe/Forza Italia) hanno dichiarato «meno di mille euro lordi al mese nell’ultimo triennio, inclusi 8 membri della legislatura precedente».
Che malinconia, riassume il rapporto: non è facile prevenire i possibili conflitti di interessi, quando un eurodeputato afferma che all’esterno lavora come «consulente», «freelance», «manager». O fa «qualcosa che viene spiegato con un’abbreviazione come “Rvc Fmo” o “Asdcam”».