
ROMA – “Fate beneficenza non pagliacciate con i gavettoni” è l’appello che lancia Vittorio Feltri sulle pagine del Giornale in merito alla sfida, benefica, che corre sul web: l’Ice Bucket Challenge.
I gavettoni benefici sono oggettivamente una manifestazione clamorosa di stupidità e proprio per questo hanno avuto e continuano ad avere successo. Se oggi non sei chiamato a scaraventarti in testa una secchiata di acqua mista a ghiaccio non sei abbastanza imbecille per essere considerato un personaggio importante.
Dopo aver scoperto l’acqua calda, e averla spacciata per secoli come una geniale invenzione, l’umanità si è accorta che quella fredda è ancora più simpatica e vale la pena di versarsela addosso. A che scopo? La spiegazione è tortuosa ma rivela che il conformismo non è solo uno stato d’animo molto diffuso: è anche un liquido a bassa temperatura.
Credo che il lettore sia già abbastanza informato sulla questione che sto trattando, ma la riassumo per chi eventualmente fosse stato distratto da banalità tipo lo sgozzamento di un reporter americano in Irak e la crocefissione di vari infedeli in zone a forte intensità islamica. Negli Stati Uniti, un tale Corey Griffin, avendo un amico malato di Sla (roba esiziale), e desiderando aiutarlo, si è inventato una forma stravagante per raccogliere denaro utile alla ricerca di terapie idonee a sconfiggere il suddetto morbo. Quale? Avviare una sorta di catena di Sant’Antonio basata sul gioco già descritto: invitare Vip, ovviamente facoltosi, a sottoporsi a una rudimentale doccia (secchiate di acqua gelida, appunto) allo scopo di suscitare interesse, o almeno curiosità, nella gente comune inducendola a prendere coscienza del flagello Sla e a versare contributi in denaro onde aiutare gli scienziati a intensificare gli studi per la cura e la prevenzione di questa terribile forma di sclerosi.
L’idea è stata accolta con entusiasmo, come tutte le novità idiote, in mezzo mondo, Italia inclusa, talché oggi anche dalle nostre parti si fa a gara per bagnarsi e rabbrividire. Poco male. Essendo estate, il rischio di raffreddori, polmoniti e affini è ridotto al minimo, o almeno si spera, dato che il solleone quest’anno non è stato implacabile.
Se c’è da imitare gli americani, noi italioti siamo in prima fila. Cosicché non vi è da stupirsi se un sacco di compatrioti si sono messi di buzzo buono a inzupparsi davanti alla macchina fotografica o alla telecamera. Si sfidano l’un l’altro: bagnati tu che io mi sono già bagnato. I giornali, costretti a raccontare la realtà, anche la più cretina, non trascurano di documentare questo esercizio umido, e giù articolesse in cui si narrano le prodezze di chi, per essere alla moda, non esita a farsi gioiosamente annaffiare.
Gli infradiciati, felici di essere immortalati mentre battono i denti, riescono a vantarsi con gli amici del loro sacrificio e fanno molti adepti, tutti interessati ad allungare la lista di coloro che si offrono alla doccia fredda. L’elenco degli umettati è lungo. Si va da Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti a Valentino Rossi, da Emma Marrone a Laura Pausini, da José Mourinho a Marco Materazzi (quello delle capocciate con Zidane ai mondiali di calcio del 2006). Ci fermiamo qui per un senso di pietà nei confronti dei bagnanti.
Una citazione però merita Selvaggia Lucarelli, giornalista mai banale, esteticamente apprezzabile, a suo modo snobbetta, dalla quale tutto ci aspettavamo tranne che si assoggettasse al gavettone pur di non essere esclusa dal madido club. Tu quoque (…)