Il Fatto: “L’inutile cavo dal Montenegro all’Italia da 1 miliardo”

Il Fatto: "L’inutile cavo dal Montenegro all'Italia da 1 miliardo"
Il Fatto: “L’inutile cavo dal Montenegro all’Italia da 1 miliardo”

ROMA – Stanno costruendo un cavo elettrico dal Montenegro all’Italia che passa sotto l’Adriatico, costa un miliardo di euro e di fatto ci costringe a comprare l’elettricità dai Balcani a un prezzo più che doppio di quello di mercato. Nonostante l’Italia, soprattutto nel Sud, stia producendo molta più energia di quella necessaria e non sapendo che farsene debba venderla all’estero , per esempio alla Grecia.

Una grande e costosissima opera, pensata e decisa in un’altra epoca, prima che la crisi facesse precipitare i consumi di elettricità. Un’infrastruttura che produrrà all’Italia più svantaggi che vantaggi, almeno nell’immediato e nel breve periodo, regalandoci bollette più care fino al 3 per cento secondo le valutazioni dell’Autorità dell’energia, nel caso teorico il cavo fosse pagato subito e in una sola soluzione.

Scrive Daniele Martini sul Fatto Quotidiano:

Nonostante queste controindicazioni, i lavori per il gigantesco elettrodotto di mille Megawatt di potenza sono in pieno svolgimento per collegare Villanova in provincia di Pescara con l’area montenegrina di Tivat-Kotor. Il cavo è lungo 415 chilometri, 390 passano sotto il mare, 15 nella terraferma italiana e 10 in Montenegro. Sul versante montenegrino i lavori sono in fase preparatoria, in Italia invece procedono spediti. Come se quel collegamento fosse ancora una priorità e un investimento vantaggioso e non indifferibile per gli italiani.

In realtà c’è chi ci guadagna con l’elettrodotto italo-balcanico: il gruppo Seci-Maccaferri di Bologna che con sorprendente tempismo è andato a costruire una decina di centrali idroelettriche proprio nei Balcani, in Serbia, a ridosso del Montenegro. L’intervento di Maccaferri è gigantesco: 800 milioni di euro per tre centrali idroelettriche lungo la Drina e altri 300 milioni per altre piccole centrali sull’Ibar. Il costo è per il 51 per cento a carico del gruppo bolognese e per il 49 per cento dalla società Eps (Elektroprivreda Srbije).

Quando anni fa apparvero sui giornali le notizie che davano conto dell’operazione Maccaferri, il significato di quell’investimento non fu capito. Il gruppo bolognese, invece, sapeva ciò che stava facendo, avendo probabilmente avuto fin da allora l’assicurazione da chi poteva darla che l’Italia avrebbe sicuramente comprato quell’elettricità prodotta così lontano dai confini nazionali. Il calcolo si è rivelato esatto. In forza di accordi internazionali con la Serbia, il cavo trasporterà in Italia l’elettricità serba di Maccaferri a 155 euro al Megawatt, più del doppio rispetto ai 63 euro del costo medio rilevato alla Borsa elettrica italiana nel 2013. Quelle intese portano le firme di due ministri di governi di centrodestra, entrambi assai vicini a Silvio Berlusconi: Claudio Scajola nel 2009 e Paolo Romani nel 2011. Dopo aver riposato nel cassetto di qualche ufficio, forse anche a causa dei numerosi cambi di governo, quei trattati vengono ripescati proprio nel momento in cui partono i lavori del cavo sottomarino e ora si trovano in Senato per la ratifica. La discussione riprende a settembre. Una volta approvate, quelle intese diventano operative e vincolanti. E il grande affare dell’elettricità balcanica inarrestabile (…)

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