ROMA – Nel 2006, Susanna Lima, la figlia di Salvo, l’eurodeputato Dc assassinato nel ‘92 a Palermo, scrive il Fatto Quotidiano, ha ricevuto dallo Stato un milione e 815 mila euro, denaro incassato grazie al Fondo di rotazione che la legge 512 del ’99 ha creato per i familiari delle vittime di mafia e terrorismo.
Questa la ricostruzione di Giuseppe Lo Bianco e Sandro Rizza per il Fatto Quotidiano:
A erogarla alla primogenita del potentissimo luogotenente di Andreotti in Sicilia (già nel ‘ 76 riconosciuto dalla relazione di minoranza della Commissione Antimafia come “contiguo ad ambienti mafiosi’’) è il governo guidato da Romano Prodi: il Fondo di rotazione è gestito dal ministero degli Interni che nel 2006 è diretto da Giuliano Amato. Nessuno può parlare di un indennizzo illegale. Ma l’erogazione che, sul piano formale, appare rispettosa dei requisiti richiesti dalla legge 512, suona come una beffa se si legge la sentenza della Corte d’assise di Palermo che, nel 1998, condannando gli assassini di Lima, specificava, nero su bianco, come l’eurodeputato Dc fosse stato assassinato perché non era riuscito a mantenere “l’impegno affinché l’assegnazione del ricorso per Cassazione del maxi-processo venisse affidata alla prima sezione penale”, presieduta da Corrado Carnevale, che avrebbe provveduto “secondo le aspettative di Cosa Nostra, all’assoluzione della commissione provinciale”.
NELLA SENTENZA, insomma, i giudici consegnano il ritratto di un notabile che, pur non essendo uomo d’onore, è “vicino” ai poteri mafiosi e che viene assassinato solo quando Cosa Nostra lo ritiene responsabile di non essersi speso abbastanza per l’assoluzione degli imputati del maxi-processo. Per questo motivo, quando il 5 maggio 2010 Giulia Maria Lo Valvo e Marcello Lima, la vedova e il figlio dell’eurodeputato Dc, bussano anch’essi a quattrini chiedendo di accedere ai benefici della legge 302 del 1990 per le vittime di mafia e terrorismo, la loro richiesta viene respinta. Dopo una rapida istruttoria, infatti, il ministro degli Interni Roberto Maroni, richiamandosi allo sbarramento previsto dalla norma che prevede come requisito fondamentale “la totale estraneità del soggetto leso ad ambienti e rapporti delinquenziali’’, risponde picche.
No allo status di familiari di una vittima della mafia, dunque, ma sì al rimborso milionario: il presupposto che impone la “totale estraneità” della parte lesa agli ambienti criminali non esiste nel Fondo di rotazione, che per concedere il denaro chiede (oltre alla costituzione di parte civile, la condanna degli assassini per fatti di mafia e il pagamento delle spese processuali a loro carico) che il richiedente non abbia riportato condanne definitive e che la vittima, al momento della morte, non sia sottoposta a misura di prevenzione, procedimento penale o condanna. Susanna Lima possiede tutti i requisiti, e suo padre – nonostante la contiguità con Cosa Nostra conclamata dalle sentenze – al momento dell’uccisione risultava incensurato. Ecco perché la figlia di Lima ha avuto quasi 2 milioni di euro dallo Stato ed ecco perché, nell’ultima udienza del processo sulla trattativa, al-l’avvocato che le chiedeva se avesse ottenuto il riconoscimento di familiare di vittima di mafia, la donna ha risposto di sì, per poi essere contraddetta dal marito, l’avvocato Carlo Lo Monaco, che all ’ Ansa ha precisato: ‘ ’Non è così. Mia moglie ha equivocato”. Ossia, ha confuso i modesti emolumenti previsti per i parenti delle vittime, con la somma ingente da lei percepita grazie al Fondo di rotazione che – almeno dal punto di vista esclusivamente formale – ha posto Lima sullo stesso piano di Falcone, Borsellino e di tutti gli altri servitori dello Stato caduti per mano mafiosa.