Il Giornale: “Maria Elena Boschi, la primadonna di Renzi”

maria elena boschiROMA – Per Maria Elena Boschi, responsabile democratica delle riforme, una carriera lampo. Iniziò appoggiando un dalemiano, poi il salto sul carro di Matteo Renzi.

Scrive Giancarlo Perna sul Giornale:

Ha già pure un soprannome: la Giagua­ra. Segno che ha acceso la fantasia dei cro­nisti. Tutto è nato alla Leopolda di due me­si fa – kermesse da lei brillantemente orga­nizzata – quando giunse in scarpe leopar­date, tacco dodici (che alterna con il dieci, ma è sempre in supertacco). I giornalisti, che nelle associazioni sono impagabili, hanno subito collegato il leopardo di Ma­ria Elena al giaguaro di Bersani ( quello che l’ex segretario pd si era fissato di volere smacchiare, alludendo al Cav). Di qui il so­prannome, quasi un omaggio alla grinta di­mostrata dalla rag­azza nell’infrangere il ta­bù che aveva portato iella a Bersani e al Pd.

Parlando di scarpe,aggiungo quel che Ma­ria-Elena ha voluto farci sapere in un’inter­vista. Ora che passa a Roma cinque giorni la settimana (trascorre il week end nella natia Toscana), indossa sempre scarpe con ultratacchi a Montecitorio, ma ha con sé delle ballerine che calza invece per af­frontare gli infidi sanpietrini romani tor­nando a casa. Un accorgimento che deno­ta equilibrio tra vanità e testa sulle spalle.

Che sia ragazza quadrata, non ci piove, e neppure che sia ambiziosissima. Nata a Montevarchi,ma solo perché lì c’era Oste­tricia, Maria Elena è di cospicua famiglia di Laterina, borgo aretino di qualche mi­gliaio d’anime. Papà Pierluigi è dirigente della Coldiretti, direttore di un consorzio vinicolo e nel cda di BancaEtruria. In so­stanza, un ex democristiano traslocato nel Pd, via Margherita (stesso partito dei Ren­zi). Idem la mamma, Stefania Agresti, pre­side e vicesindaco pd del borgo (…)

Dopo una superlativa laurea in Legge, Maria Elena si specializzò in Diritto socie­tario, iniziando la prati­ca legale. A studio con lei,c’era Francesco Boni­fazi, di cinque anni mag­giore, avvocato piddino col pallino della politica. I due diventarono amici – c’è chi dice qualcosa di più- e insieme sostenne­ro nel 2009 la candidatu­ra a sindaco di Firenze del dalemiano, Michele Ventura, contro Renzi. Matteo però pre­valse e Bonifazi, eletto unico consigliere comunale venturiano, il giorno successi­vo passò armi a bagagli con il vincitore di­ventandone, come tutti quelli che si alline­ano con Matteo, reggicoda. Ne è stato lau­tamente ricompensato: oggi è deputato e tesoriere del Pd. Fu lui a presentare al neo sindaco Maria Elena che, a sua volta, si mi­se a disposizione ricevendone altrettanti benefici. Per riassumere: la Nostra fanciul­la, che non doveva all’inizio avere le idee chiare, debuttò in politica con un prodi­gioso salto della quaglia dall’universo to­gliattiano di D’Alema a quello indefinito di Renzi, suo rottamatore.

In quattro anni dall’entrata in scena,ec­co quel che è accaduto. Il rapporto tra Mat­teo e Maria Elena è diventato più stretto, alimentando illazioni. È seguita la nomi­na dell’avvocata nel cda di Publiacqua (la maggiore azienda idrica toscana), l’attri­buzione di un compito importante ( la «te­nuta dell’agenda» di Renzi!) nelle prima­rie 2012 in cui Matteo fu battuto da Bersa­ni e un­apprezzato contributo professiona­le di Maria Elena nella privatizzazione del­l’Atef, l’azienda filotran­varia fiorentina. Opera­zio­ne osteggiata con scio­peri dalla Cgil, tra il pitto­resco sacramentare de­gli utenti fiorentini (…)

 

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