Il sindaco di Cortina torna dopo l’esilio. Jenner Meletti, Repubblica

Il sindaco di Cortina torna dopo l’esilio. Jenner Meletti, Repubblica
Il sindaco di Cortina torna dopo l’esilio. Jenner Meletti, Repubblica

ROMA – “Aveva nove anni, il sindaco Andrea Franceschi – scrive Jenner Meletti di Repubblica – quando Enzo Tortora dopo una pesante condanna e una piena assoluzione tornò in televisione nel febbraio 1987 e disse: Dunque, dove eravamo rimasti? Adesso, in giacca azzurra e jeans e soprattutto con la fascia tricolore da primo cittadino, è lui a ripetere: Dove eravamo rimasti?”

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Per rispondere, bisogna tornare a 506 giorni fa, quando un decreto del prefetto di Belluno sospese il primo cittadino perché impossibilitato a fare il suo lavoro: il tribunale del riesame aveva infatti decretato il «divieto di dimora» nel Comune di Cortina. Non potendo recarsi in quella che qui chiamano la «Ciasa de Comun », Andrea Franceschi ha dovuto lasciare la fascia tricolore. «Sono stato mandato in esilio, non potevo nemmeno portare mio figlio all’asilo».
Ci vorrebbe Italo Calvino, con «Il Visconte dimezzato», per raccontare la storia di questo sindaco tagliato a metà, per fortuna non da una palla di cannone come Medardo di Terralba. Metà nel Comune di Cortina, almeno virtualmente, perché Andrea Franceschi non si è mai dimesso. L’altra metà nel paese vicino, San Vito di Cadore, ad aspettare la fine dell’esilio. «È stata dura», dice commosso ai compagni di giunta e alla piccola folla che lo aspetta davanti al municipio. «Il confino è finito. Non sarò il salvatore della Patria, non ho la bacchetta magica, ma voglio tornare ad affrontare i problemi di Cortina ».
Non è finita: il sindaco è ancora “dimezzato”. Una metà ha ripreso i pieni poteri, l’altra aspetta invece la conclusione, ancora lontana, del processo avviato con lentezza a Belluno, con accuse pesanti: turbativa d’asta, abuso di ufficio, violenza privata. Turbativa per avere chiesto a un dirigente del Comune di cambiare un bando, abuso e violenza per due messaggini inviati al capo dei vigili urbani. «Lo dico per l’ultima volta. Mettete in magazzino etilometri e autovelox e lasciateli là altrimenti prendo provvedimenti ». E poi (si era in campagna elettorale e gli autovelox non portano voti) «Cosa non vi è chiaro nelle disposizioni che vi ho scritto?».
Il sindaco si difende. «Cambiando quel bando, che riguardava la raccolta differenziata, sono stati risparmiati 100.000 euro che sono rimasti nelle casse del Comune, non nelle mie tasche. Quei messaggini? Con quel comandante, che adesso si è trasferito a Venezia, io parlavo o scrivevo ogni giorno, anche quando non c’era la campagna elettorale. Gli ho inviato un messaggio anche quando ho visto che in corso Italia c’era una casetta di legno di Lele Mora che non era autorizzata. Lui organizzava feste nei locali e nello stand aveva gadget degli sponsor. C’è stato un tempo in cui chi veniva da fuori si sentiva dentro un cinepanettone come “Natale a Cortina”, chiamava veline e velini e si sentiva padrone in casa altrui. Ai vigili non dicevo solo di lasciare da parte gli autovelox ma di andare a controllare i cantieri e di bloccare le eventuali speculazioni edilizie. E di fare chiarezza sulle false residenze, che permettono di pagare una Imu più bassa».
Conferenza stampa, sempre con la fascia tricolore appena riconquistata. «Io credo che questa non sia una vicenda solo mia. Qui si discute il ruolo dei sindaci. Possono o no intervenire per guidare le scelte di un Comune? Devi solo avallare le scelte dei dirigenti? Con queste inchieste il rischio è gravissimo, perché per evitare problemi fra il fare e il non fare si sceglierà sempre quest’ultimo, perché il non fare non è reato ». Cortina si sente lontana da Napoli, e non solo per gli oltre 800 chilometri di distanza. «Io devo ancora cominciare a difendermi, Luigi de Magistris ha già subito una condanna. Contro lo Stato e la magistratura ha detto cose gravi. Io penso che un sindaco che fa bene il suo lavoro non possa essere condannato ma le sentenze vanno comunque rispettate ».
L’opposizione, per il ritorno del primo cittadino, non ha suonato le campane a festa. «Non commento — dice Stefano Ghezze, già coordinatore provinciale del Popolo delle libertà — la vicenda giudiziaria di Franceschi. La nostra lista di centro destra si limita a un lavoro di verifica e controllo in Consiglio comunale». Il Pd non è in Consiglio, la lista civica del sindaco si presenta come «un gruppo di amici, non di politici, che vogliono fare il bene della città».
Un giro nei cantieri, al pomeriggio. «Stamattina sono arrivato presto, prima delle 8. Ho portato finalmente mio figlio alla scuola materna. Mi ha tenuto lì per farmi vedere i nuovi giochi. Un saluto alle zie, una visita al cimitero, perché nei 506 giorni non mi era permesso andare ai funerali. Io avrei potuto evitare tutto questo. Se mi fossi dimesso non sarei stato mandato al confino. Ma ho voluto resistere. Un giorno mio figlio sarà grande e mi chiederà di questo esilio. Gli dirò che bisogna combattere, per difendere certi valori». A gennaio la seconda udienza del processo. «È una fortuna vivere a Cortina: qui ci si conosce tutti. E così, anche prima della sentenza, tanti sanno che posso girare a testa alta ».

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