ROMA – In pensione anticipata con il prestito Inps-imprese.
Probabilmente si tratta solo di uno dei tanti annunci del ministro Enrico Giovannini, che negli ultimi giorni è diventato più attivo del solito nel cercare di uscire sui giornali perché nell’aria c’è la voce che Matteo Renzi lo voglia sostituire con qualcun altro, non perché più bravo ma perché della sua corrente (anche se Renzi dice che non segue le correnti).
Infatti si parla di Marianna Madia, quella che non sa nemmeno distinguere un ministro dall’altro.
Scrive Andrea Bassi sul Messaggero,
La questione era uscita dai radar. Ma presto potrebbe tornare di attualità. Il ministro del lavoro, Enrico Giovannini, sta lavorando ad una «manutenzione» della riforma delle pensioni per introdurre degli elementi di flessibilità sia per i lavoratori che vogliono lasciare in anticipo il lavoro rispetto ai requisiti attuali, ma anche per le imprese che potrebbero avere la necessità di ringiovanire il proprio personale. Lo schema è quello del cosiddetto «prestito pensionistico», un’ipotesi che già era circolata e di cui si era parlato nei mesi scorsi. Funzionerebbe pressapoco così: supponiamo che ad un lavoratore manchino due anni alla pensione. Con le regole attuali non potrebbe fare altro che attendere.
Con il meccanismo al quale sta lavorando Giovannini, invece, potrebbe lasciare anticipatamente il lavoro. Non andrebbe in pensione, ma incasserebbe un assegno pari ad una certa percentuale del suo stipendio (per esempio l’80%) pagato dall’Inps eventualmente con il contributo della stessa azienda. Dal momento in cui, maturati i requisiti per la pensione, si incomincia ad incassare l’assegno previdenziale, quest’ultimo verrebbe decurtato di una cifra (che secondo le ipotesi circolate potrebbe oscillare tra il 10 e il 15%) per poter restituire i soldi ottenuti in prestito nei due anni precendenti. «Il meccanismo al quale stiamo lavorando», spiega a Il Messaggero il ministro Giovannini, «prevede anche il coinvolgimento da parte delle imprese oltre che del lavoratore e dello Stato. È un’operazione anche finanziariamente difficile da disegnare». . Il prestito pensionistico dovrebbe valere soltanto per i lavoratori del settore privato e sarebbe, comunque, un meccanismo volontario.
Il principale ostacolo, come sempre accade quando si parla di pensioni, sono i costi per le casse pubbliche di un sistema del genere. Costi che, spiega Giovannini, «possono essere molto alti». Per questo si stanno facendo delle simulazioni insieme al ministero dell’Economia e alla Ragioneria generale dello Stato. Molto dipende dal numero di lavoratori e dal numero di imprese eventualmente interessate ad attivare il il prestito. Se, per esempio, il mondo imprenditoriale non fosse propenso ad utilizzare il sistema, tutti i costi si scaricherebbero sui lavoratori e sull’Inps e dunque il meccanismo potrebbe diventare difficilmente sostenibile. Anche per questo, non appena il lavoro tecnico di Giovannini sarà concluso, il risultato sarà illustrato alle parti sociali, a cominciare dalla Confindustria, per sondare l’interesse delle imprese (…)
Il prestito pensionistico, inoltre, sarebbe alternativo all’altra ipotesi di cui pure si era parlato, ossia la cosiddetta staffetta generazionale. In questo caso i lavoratori più anziani vedrebbero trasformati i loro contratti in part time con una contribuzione figurativa a carico dello Stato in modo da non incidere sulla futura pensione, dando così la possibilità alle imprese comunque di far entrare giovani nel mercato del lavoro. Rispetto alla staffetta, il prestito pensionistico avrebbe anche un altro vantaggio, non secondario, quello di essere una misura in grado di dare una risposta più strutturale anche al problema degli esodati, fino ad oggi affrontato con interventi spot, l’ultimo in finanziaria con la salvaguardia di altri 33 mila lavoratori.
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