Inferno Trastevere e Testaccio. Tra knockout e roghi di auto e motorini

Inferno Trastevere e Testaccio. Tra knockout e roghi di auto e motorini
Inferno Trastevere e Testaccio. Tra knockout e roghi di auto e motorini

ROMA – Trastevere, centro di Roma. Sera tardi. Passeggi per strada, magari dopo aver cenato. Ti si avvicina un estraneo, solitamente un giovane, e senza nessun motivo ti stende all’improvviso con un pugno. Knockout, come si dice nella boxe. Il punto è che quell’estraneo non è un pazzo isolato. Il punto è che, come racconta in un lungo reportage Federica Angeli, è  una “moda”.

Qualche giorno fa ci ha rimesso un cameriere. Steso da un adolescente dopo il turno di lavoro, mentre tornava a casa. Si è svegliato con in tasca cellulare e soldi. Perché il knockout non ha neppure il “senso” della rapina. E’ solo un grottesco gioco assolutamente privo di senso.

Scrive Federica Angeli:

Ogni sera è lo stesso inferno, dicono i residenti, un suk caotico di bancarelle abusive, spacciatori e fiumi di adolescenti. E ora è scoppiata anche una nuova e pericolosa moda, made in Usa: il knockout. Ovvero, stendere con un pugno un passante distratto, filmare la scena, e poi tornare alla base con più “punti” possibili. Un real game violento che, complice l’alcol e la droga, inizia all’una di notte e finisce intorno alle cinque.
E in effetti, quasi ci fosse un orologio virtuale a battere i rintocchi, poco dopo l’una il sipario si apre e racconta l’altra vita di Trastevere. Una bolgia fatta di schiamazzi, rutti e fragorose risate, bottiglie di birre lanciate contro i muri, cori da stadio, bestemmie. L’alcol scorre a fiumi, l’odore di hashish è fortissimo e le migliaia di giovani che si accalcano nelle stradine, da piazza Trilussa a piazza Sant’Egidio, fuori dai locali, barcollano già. Ma non mollano. Siamo solo al prologo.
Angeli decide di seguire un branco di picchiatori e racconta:
Il nostro tour comincia in via del Cipresso.È lì lo start del knockout game, ci dice un ristoratore della zona. In effetti un gruppo di ragazzini su di giri rolla canne in sella a motorini parcheggiati lungo la stradina e tira su strisce di coca tagliate sugli specchietti di scooter; ai loro piedi decine di bottiglie vuote che rotolano sui sampietrini. Sono in otto e appena uno di loro dà l’ok, gli altri si infilano sulla testa il cappuccio della felpa e partono. «Uccidiamo, uccidiamo», grida quello che ha tutta l’aria di essere il leader che, camminando sferra pugni nell’aria, come se un punching- ball immaginario fosse davanti a lui. Il branco lo tallona, si carica con le sue urla, è pronto a entrare in azione.
La giornalista, però, viene notata e scambiata per una “guardia”, una della polizia:
Li seguiamo. Da vicolo del Cinque girano verso vicolo Bologna e iniziano a dare spallate a chi sosta fuori dal locali con bicchieri e bottiglie in mano. Lo fanno apposta. Gli gridano nelle orecchie parolacce. Aspettano solo che qualcuno risponda alla provocazione: sembrano indemoniati. Gli occhi sbarrati e rossi, le pupille dilatate, si muovono a scatti, saltellano, smaniano in cerca di un nemico su cui scaricare la loro rabbia cieca. Difficile capire da cosa nasca quella rabbia, complicato immaginare quanto il knockout gameabbia bisogno di autoalimentarsi di violenza per portare a casa il risultato. Ma così è. Dunque spintonano, bestemmiano, prendono in giro due ragazzine, provocano: «Fai schifo ma come te sei vestita? Tornatene a casa». Poi uno del gruppo si accorge che li osserviamo a distanza: «occhio c’abbiamo le guardie dietro». Si fermano e si appoggiano al muro di un palazzo, fingendo di telefonare. Il capetto, diciotto anni al massimo capelli rasati, due tatuaggi sul collo e orecchino, è nervosissimo, fatica a stare fermo: «Me prudono le mani, fateme sfogà», grida saltellando avanti e indietro. La nostra presenza però ha bruciato le loro intenzioni. Ci hanno scambiato per forze dell’ordine e imprecano verso di noi per aver mandato in fumo il loro piano. Non sarà la loro squadra, almeno finché gli siamo dietro, a vincere il trofeo del knockout. Game over.
Tutto finito? No. Tutto deve ancora iniziare.
Giriamo ancora per il quartiere. Sono le due del mattino e la sirena di un camion dei pompieri, che fatica a passare tra la folla, supera per un breve attimo gli schiamazzi. In piazza de’ Renzi stanno andando a fuoco cinque motorini e un’auto, proprio accanto a una frutteria rivendita di alcol. Le fiamme lambiscono il palazzo. «Lo vede cosa succede? — dice una residente — scrivetelo che qui siamo ormai allo sbando e che le istituzioni ci hanno girato le spalle. Il Prefetto dovrebbe capire che è necessario avere un presidio fisso qui, che tuteli chi vive. Va bene il divertimento, ma che sia sano. Guardi, guardi quei ragazzi come non si reggono in piedi. E guardi la frutteria piena di adolescenti che escono con le birre. È mai possibile che i vigili vadano solo a multare i ristoratori storici? E che chiudano gli occhi di fronte a questo sballo commerciale?».
I carabinieri — che il venerdì e il sabato presidiano con dei posti fissi piazza Trilussa e Santa Maria in Trastevere, e con pattugliamenti a piedi il quartiere — fanno largo ai pompieri e invitano la folla a mettersi ai lati della strada. «C’è un’emergenza, fate largo, fate largo, spostatevi», ansima un militare che fa fare manovra alla camionetta dei vigili. Il loro passaggio in via della Pelliccia viene accolto da “vaffa” e “guardie infami”. Sono mille contro una ventina al massimo, che fanno del loro meglio per contenere l’inferno movida. Ma se intervengono su un incendio, che ha la priorità, è ovvio che lasciano scoperto il resto.
Ma neppure l’incendio basta:
E infatti è in quel momento che un altro gruppetto si infila il cappuccio in testa e si allontana nella direzione opposta a quella in cui le forze dell’ordine sono impegnate per tenere a bada il rogo, che poi si scoprirà essere stato doloso. Ennesima bravata nel quartiere terra di nessuno che i residenti stanno cercando di riprendersi in mano con tavoli tecnici assieme alle istituzioni e con appelli disperati su social network e stampa. La squadra di giovani imbocca da piazza della Scala via Garibaldi dove in uno dei minisupermercati sorti in sei mesi come funghi, e in cui si ven- dono fino alle cinque del mattino alcolici ai minorenni, in barba alle ordinanze, comprano tre bottiglie di vino e cinque di birre. Una a testa, più il vino da steccare. Nessuno chiede loro l’età, nessuno si preoccupa di notare che i ragazzi sono già perdutamente ubriachi. Infilano i soldi nella cassa senza neanche fare lo scontrino. Nessuno contesta.
Infine il bilancio:
La notte scivola nell’alba, con lunghe file fuori dai minimarket aperti e giovani allo stremo che vomitano agli angoli di ogni via, sorretti da coetanei o appoggiati ai muri scrostati dei palazzi. Sono le cinque del mattino: gli scheletri dei 5 motorini e quelli dell’auto dati alle fiamme sono l’unico trofeo di un venerdì a Trastevere. Passa mezz’ora e un altro rogo scoppia sull’altro lato del Tevere. A Testaccio, l’altro quartiere ostaggio della movida: via Vespucci, 14 motorini e 4 auto in cenere.

 Sempre a Repubblica, la presidente del Primo Municipio Sabrina Alfonsi, parla di “rione allo sbando” e spiega di aver già allertato il Prefetto. Basterà? Difficile. Intanto si studiano soluzioni di emergenza. Più telecamere per esempio. Poi servirebbero più forze dell’ordine, ma i costi…

 

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