“La prima estate con droni, privacy e divieti in spiaggia”, Berberi sul Corriere

La nostra prima estate con i droni tra giochi, privacy e divieti in spiaggia
La nostra prima estate con i droni tra giochi, privacy e divieti in spiaggia

ROMA – C’erano una volta le foto, i filmini delle vacanze e i selfie. Poi arrivarono i droni. Piccoli, simpatici, facili da maneggiare e a prezzi contenuti. Soprattutto: capaci di fare riprese mozzafiato, di elevarsi anche a un chilometro d’altezza e di muoversi in lungo e in largo su spiagge e montagne, tra i vicoli dei villaggi e i grattacieli delle città. Il tutto da far vedere a parenti e amici pubblicando i video su Facebook e YouTube. Poi, certo, c’è anche chi, è successo a Prato, prova a usarli come camerieri. Ma questa, forse, è materia per giuslavoristi e sindacati.

Scrive Leonard Berberi sul Corriere della Sera:

L’entusiasmo però è durato poco. Perché con il loro arrivo sono atterrati anche i primi incidenti, le regole (per ora ancora poco applicate) e le contromosse dei sindaci. Così, se a Treviso un aggeggio svolazzante è precipitato sui tavolini di un bar e a Jesolo l’amministrazione locale li vuole usare nelle spiagge per scovare i venditori ambulanti abusivi, in un evento pubblico a Rimini decine di persone hanno lanciato contro un drone di tutto — comprese le bottiglie di birra — fino ad abbatterlo.

A Forte dei Marmi il sindaco ha optato per la «tolleranza zero»: quegli oggetti nel territorio sono vietati, anche se muniti di autorizzazione dell’Enac, l’ente nazionale per l’aviazione civile. Ma è in Costa Smeralda che il fenomeno rischia di rovinare l’estate a più di qualcuno. Ne sa qualcosa un’imprenditrice milanese che lo scorso fine settimana s’è ritrovata nel giardino della villa un drone-spia (con telecamera) appena precipitato. A Portofino, per ora, «il problema non si è posto», almeno a sentire il sindaco Giorgio D’Alia. Che però precisa: «Ben vengano i droni per le riprese cinematografiche. Ma se quegli aggeggi li maneggiano cittadini o turisti li fermerò subito».

Il problema non riguarda soltanto i centri abitati. Negli Stati Uniti, dove dal 2001 — secondo il Washington Post — si sono schiantati oltre 400 droni, l’ente federale che gestisce i parchi sta pensando di vietarli su 340 mila chilometri quadrati di verde perché fastidiosi per i visitatori e gli animali. «Sull’argomento la nostra legislazione è già avanti», spiega Nino Morabito, responsabile nazionale fauna di Legambiente. «Non si può sorvolare una zona protetta senza l’autorizzazione dell’Enac e dell’ente che gestisce l’area».

Dal 30 aprile proprio l’Enac ha deciso di rendere obbligatori in Italia il patentino e l’assicurazione: senza questi nessun drone può alzarsi in volo. Ma a leggere l’elenco ufficiale soltanto 22 «operatori» — tra individui e società — hanno avuto l’ok al decollo. Mancherebbero all’appello almeno 500 autorizzazioni. «La maggior parte svolazza senza alcun via libera», ragiona Fausto Gamma, docente di Propulsione aerospaziale all’Università La Sapienza di Roma. «C’è ancora molta confusione».

Gerardo Moccaldi, 27 anni, è uno di quelli che il drone se l’è comprato. Le sue riprese, pubblicate su Facebook, spaziano da Segrate (Milano), comune in cui vive, alla Lombardia. Una passione, la sua, che però si scontra sempre più con le esigenze degli altri. «Qualche giorno fa stavo facendo delle riprese aeree a Peschiera Borromeo. A un certo punto è arrivata una persona che ha minacciato di chiamare i carabinieri se non avessimo smesso subito e cancellato il file video». Il drone di Moccaldi è costato 1.400 euro, «compresa la fotocamera». Ma se proprio non si vuole spendere tanto, con duecento euro lo si può costruire in casa. Basta comprare in Cina il software per gestire il volo, il microchip per i motori delle eliche, un telaio (…)

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