La vendetta del “cinghiale”: lo stampatore paga per tutti

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Marzo 2014 - 09:27 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “La vendetta del cinghiale: lo stampatore paga per tutti” scrive Enrico Fierro sul Fatto Quotidiano:

Il primo a rimetterci le penne sarà proprio lui, Umberto De Rose lo “stampatore”. L’incauto telefonista dell ’ affaire Gentile. Voleva proteggere il senatore amico e invece lo ha precipitato nell’inferno. Presto dovrà lasciare la presidenza di Fincalabra, la cassaforte regionale. Si fa feroce la lotta tra i clan politici che dominano in Calabria. Tonino, il senatore mancato sottosegretario, lo ha detto ieri chiaro e tondo. “Mio figlio non ha ricevuto ad oggi nessun avviso di garanzia. È uscito uno stralcio di un procedimento penale a carico di altre persone e una manina lo ha portato fuori per farne un caso nazionale. Perché dovevano creare il problema al senatore Gentile che stava per essere nominato sottosegretario”.

DOVE si nasconde la “manina”, in quali anfratti di quel sottopotere calabrese fatto di un maleodorante intreccio di politici, massoni e spesso uomini delle istituzioni compiacenti? Si vedrà nei prossimi giorni. Intanto il quotidiano L’Ora della Calabria continua a pubblicare particolari sull’inchiesta che ha coinvolto il figlio avvocato del senatore “cinghiale”, soffermandosi su 50 mila euro ricevuti dal giovane legale per sette consulenze giudicate dalla Gdf “incoerenti, generiche e non motivate”. Come finirà lo decideranno i magistrati, per il momento gli occhi sono puntati sulla poltrona di De Rose, “imperturbabile sabotatore”, “insulto alla legalità”, come lo definisce Aurelio Chizzoniti, consigliere regionale di maggioranza. In queste ore i ras del centrodestra, dal Ncd a Forza Italia, gli uomini padroni dei pacchetti di voti divisi tra Alfano e Berlusconi, su una cosa sono pienamente d’accordo: via De Rose. Il quale De Rose, esperto in “cinghiali feriti”, non intende pagare per tutti. E allora passa al contrattacco: “Ora Citrigno mi deve restituire i soldi per la stampa del giornale. Non vedo un centesimo da dieci mesi”. Il debito verso lo stampatore, dicono a Cosenza, è enorme, il giornale è sull’orlo del fallimento, tanto che poche settimane prima dello scandalo l’editore aveva minacciato la chiusura. Ma Tonino Gentile è incavolato nero anche per l’atteggiamento di Giuseppe Scopelliti, il governatore. “Peppe lo ha difeso male”, dicono gli amici del senatore. Gentile ha fatto buon viso a cattivo gioco, ma ha calato i suoi assi in queste sere di conciliabili tra i notabili calabresi per “il patto di fine legislatura” alla Regione. Peppe Scopelliti è nelle pesti, la proroga del commissariamento per mafia del Comune di Reggio Calabria, la sua città bacino elettorale, è stato uno schiaffo duro, ma ad agitare le sue notti è il rischio di una condanna in primo grado per il cosiddetto “caso Fallara”. Una storia di bilanci comunali e spese folli al Comune di Reggio all’epoca in cui era sindaco.

SE VERRÀ condannato per abuso di ufficio, rischierà gli effetti della legge Severino. Un altro cinghiale ferito, ma questa volta ad approfittarne sono i “cosentini”, i fratelli Gentile, Tonino il senatore e Pino l’assessore regionale, insieme a Jole Santelli. La pupilla di Cesare Previti non ha tradito Berlusconi, ma l’asse con la Gentile-family è fortissimo. Chi conosce le dinamiche del potere calabrese ci invita a leggere tra le righe il comunicato emesso alla fine degli incontri tra berlusconiani e diversamente berlusconiani in riva allo Stretto. “Si è convenuto di definire una serie di iniziative politiche e amministrative che vanno in direzione di una immediata risposta rispetto alle vicende di queste ultime settimane, che a breve determineranno decisioni conseguenti”. Tradotto: abbiamo scelto il nuovo candidato alla presidenza della Regione. Sarà Jole Santelli, assicurano gli addetti ai lavori, lei dovrà trasferirsi a Catanzaro al posto di Peppe Scopelliti, e col beneplacito dei Gentile. Al povero Peppe, resterà il Comune di Reggio, con l’avvocato Nino D’Ascola, già pronto per la candidatura a sindaco. “In Calabria esiste una grande emergenza democratica. In quella regione opera un comitato d’affari animato dalla pervicace volontà di depredare le risorse pubbliche. Una lobby tentacolare alimentata da un trasversalismo di destra e di sinistra”. Era il 5 luglio 2007, il cosentino Giacomo Mancini jr parlava alla Camera e faceva nomi e cognomi, Nicola Adamo, allora Ds, e i fratelli Gentile, gli autori del pactum sceleris. Tempi passati. Ora Mancini fa l’assessore regionale a fianco di Pino Gentile. E tace.