Laura Boldrini “terzomondista borghese e triste”: Giancarlo Perna sul Giornale

Laura Boldrini "terzomondista borghese e triste": Giancarlo Perna sul Giornale
Laura Boldrini

Laura Boldrini, “terzomondista borghese che piange solo per le minoranze”, è il presidente della Camera dei Deputati cui Giancarlo Perna dedica un suo articolo sul Giornale di Berlusconi.

Il profilo che ne traccia non è cattivo, piuttosto è realistico, con qualche tocco di gentilezza cavalleresca e qualche stoccatina frutto di una marcata diversità politica.

Giancarlo Perna , spesso crudele con i suoi soggetti, appare affascinato da Laura Boldrini, come lo sono molti in Italia, ma non gli sfugge che

“Boldrini è sempre imbronciata e dedica il suo ruolo di presidente della Camera ai povericristi: per lei i bisogni della maggioranza degli italiani sono banali”.

Laura Boldrini, secondo Giancarlo Perna,

“non è accattivante ma ne­anc­he antipatica. Solo che, aven­do l’aria di chi si carica di tutti i mali della terra, comunica una tristezza infinita. Mai un sorri­so sul bel volto di cinquanta­duenne giovanile. Sempre im­bronciata e superciliosa, con la voce esasperata di chi ha la ri­cetta per un mondo migliore ma è inchiodata a questa valle di lacrime dai trogloditi che non la pensano come lei”.

Laura Boldrini appare a Giancarlo Perna

“fieramente consapevole di appartenere a un’élite come borghese benestante e militan­te della sinistra mondialista”

Ha tuttavia

“degli sbalzi umorali che manifesta nel cam­bio continuo del look. Un gior­no ha i capelli sciolti, l’altro a co­da di cavallo, a volte ha occhia­li, altre è senza, alterna abiti da clausura a maliziosi decolleté, vesti arcobaleno a cupe tenute da esistenzialista. Metamorfosi che, come in un uomo il quale passi da glabro a barbuto, dalla barba al pizzetto, dalla mosca ai baffi, denotano un carattere malfermo aldilà delle apparen­ze.

“Deputato debuttante in mar­zo con Sel, il partito di Nichi Vendola, e subito eletta presi­dente di Montecitorio dalla sini­stra, Boldrini ha un’idea del­l’Italia tutta sua, derivata da una visione globalista della ri­partizione dei compiti. Della Pe­nisola ha una considerazione, per così dire, solo «geografica» come di piattaforma galleggian­te adagiata nel Mediterraneo per servire da attracco ai barco­ni provenienti dall’Africa. Altri elementi, storiografici, cultura­li, eccetera, le paiono accessori.

“Alcuni episodi come terza ca­rica dello Sta­to ci daranno un’idea più precisa di Bol­drini. È molto sensibile ai di­ritti delle persone. Ma non quel­li cui aspira la maggioranza de­gli italiani: meno soprusi, più li­bertà, più merito e altre banali­tà. I diritti che a Laura premono sono quelli delle minoranze.

“Così, in giugno, è andata al Gay Pride di Palermo a caldeggiare matrimoni, adozioni, feconda­zioni e altri diritti del Duemila. Si è però rifiutata, sembrandole forse ottocentesco, di andare in luglio all’inaugurazione di uno stabilimento Fiat in Val di San­gro dove era stata invitata da Marchionne. Invito che il mana­ger le aveva rivolto dopo il suo affettuoso incontro a Monteci­torio con i capi della Fiom in rot­ta con Fiat, con l’intenzione di mostrarle che anche l’azienda faceva la sua parte.

“Molto gauchiste anche il giu­dizio boldriniano sull’attenta­to di aprile del disoccupato Lui­gi Preiti contro due carabinieri (uno tuttora paralizzato) davan­ti a Palazzo Chigi: «È il disagio sociale che trasforma le vittime in carnefici». Una sorta di asso­luzione che fa pensare a una Laura che guarda con simpatia ai poveri cristi.

“Ma quando è toc­cato a lei subire un torto, si è in­vece infuriata come una Erinni, ordinando una rappresaglia mi­litare. È successo appena sul web è circolata una sua foto (fal­sa) che la ritraeva in costume adamitico. Indignata, ha aizza­to contro il colpevole la Polizia postale che ha fatto irruzione in casa, sequestrato computer, fat­to denunce. Qui, non le è passa­to per le meningi che anche co­stui fosse un disagiato o un ba­nale buontempone da trattare con indulgenza. Così come, lei sempre pronta a difendere le donne, si è fatta pizzicare dal Giornale per avere ignorato che le squadracce di Sel, al corteo Pdl di Brescia (maggio), aveva­no aggredito delle manifestan­ti. «Dov’era Boldrini?» chie­demmo di fronte al suo silen­zio. «Non sapevo- si è giustifica­ta lei – Ma esprimo tutta la mia solidarietà a quelle donne che hanno ricevuto insulti in quan­to donne». In quanto berlusco­niane – sottinteso – ben gli sta.

“Prima di cinque figli (oltre a lei, tre fratelli e una sorella), Laura appartiene a una cospi­cua famiglia, molto cattolica, dell’anconetano. Il ceppo è di Matelica, il borgo di Enrico Mat­tei e dell’amico Massimo Bol­drini, pezzo grosso dell’ Eni e lontano parente di Laura.

“Do­po le prime scuole in campa­gna, la ragazza si trasferì a Jesi, ­città natale di Federico II – per il liceo. Era uno spirito ribelle, un simil maschiaccio che non sta­va mai con le ragazze. Col pa­dre, austero avvocato conserva­tore, che le aveva insegnato le preghiere in latino, rompe i ponti quando, dopo la licenza, decide di partire per il Venezue­la a fare la campesina tra le risa­ie, tirando poi a lungo con un gi­ro in Centro America prima di approdare a New York.

“Tornata in Italia, traslocò a Roma per fre­quentare Legge alla Sapienza, mentre l’idea di occuparsi dei drammi del mondo si faceva sempre più strada. Fino alla lau­rea, prese l’abitudine di trascor­rere sei mesi l’anno nei Paesi a rischio, con il babbo sempre più arrabbiato e la mamma, an­tiquaria, a tenerle teneramente bordone.

“Dopo il diploma, abbracciò il giornalismo. Iniziò come precaria Rai, poi fu portavoce all’ Onu.In questa ve­ste, si occupò prima di fame alla Fao,poi di emigrazione all’ Alto commissariato, viaggiando in tutti i posti che la Farnesina sconsiglia ai turisti: Irak, Afgha­nistan, Kossovo, Sudan, eccete­ra. Tra i giornalisti prese il mari­to, Luca Nicosia, da cui ebbe Anastasia, oggi di vent’anni.

“Presto divorziata e amareggia­ta si tuffò nel lavoro. C’è chi la ri­corda, anni fa, invitata a un ma­trimonio, fare un discorsetto bilingue alla coppia di amici italo­inglese in cui, agli auguri, ag­giungeva ammonimenti sui tra­nelli della vita in comune. Una petulante proiezione della pro­pria esperienza fallita e indizio della sua incapacità di vedere il lato lieto dell’esistenza. Che è, per chi scrive, l’esatta immagi­ne negativa che la presidente Boldrini rimanda ogni volta che appare in tv”.

 

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