Libero contro Cecile Kyenge: “Promette adozioni, 52 genitori prigionieri in Congo”

Cécile-Kyenge libero
La prima pagina di Libero del 3 dicembre

ROMA – Libero attacca Cecile Kyenge: “Si è fidata dei vertici congolesi, spiegando che i problemi burocratici sarebbero stati risolti in fretta”. Cinquantadue i concittadini ancora in Africa, in condizioni precarie, in attesa di un via libera dalle autorità per ripartire con i figli ottenuti. Ma i tempi sembrano lunghi.

Scrive Roberta Catania su Libero:

Troncato sul nascere il tentativo di riformare la legge sulla cittadinanza in Italia, il ministro per l’Integrazione, Cécile Kyenge, prende una porta in faccia anche nel suo Paese di origine. In Congo, l’oculista del governo Letta ha presoacuore le adozioni internazionali. Sulla parola, il 4 novembre scorso, aveva ottenuto il lieto fine per 26 adozioni bloccate da un cavillo burocratico; nella realtà, la Kyenge è stata presa per il naso e quelle pratiche sono a tutt’oggi prive del timbro che consenta ai bambini di lasciare l’Africa. Quell’unico cavillo rimasto a tenere in sospeso il sogno di 26 famiglie italiane sarebbe dovuto essere depennato «dopo un paio di giorni», le avevano garantito. Era, secondole autorità locali,unproforma per il quale sarebbe stata sufficiente una verifica tra il ministero degli Interni congolese e l’ambasciata italiana a Kinshasa. Un check di verifica, per controllare che le due liste con i nomi dei genitori adottivi «approvati dall’iter» combaciassero. Un’operazione di poco conto e da sbrigare in una manciata di minuti. Invece, a un mese da quella promessa, subito rimbalzata dalla Kyenge, il ministro ha semplicemente illuso molti italiani di poter vedere finalmente il figlio dormire nella cameretta rimasta da sempre vuota.

Di più. Al rientro in Italia la Kyenge si è vantata di avere fatto «ripristinare tutte le pratiche di adozione che avevano già ricevuto l’approvazione definitiva delle autorità locali», queste 26, appunto. Ora, però, della situazione in stallo, preferisce non parlare più. Del resto, non è certamente una carta da giocare sotto i riflettori dei media e in un momento politico delicato. La vicenda delle adozioni in Congoera esplosa il 25 settembre scorso, data in cui tutte le pratiche erano state congelate in attesa di più rigorosi controlli. «Sette coppie », accetta di raccontare a Libero l’ambasciatore italiano a Kinshasa, Pio Mariani, «erano rimaste intrappolate da quella data spartiacque, un limite che quelle persone ignoravano. Già in città da molti giorni, in procinto di ripartire, le sette coppie avevano avuto la sfortuna di fare i biglietti aerei dopo quel confine temporale. Una banalità che, con impegno, sono riuscito a far inquadrare come una sfortunata fatalità per la quale sarebbe stato opportuno chiudere un occhio. Certo», assicura il diplomatico, «nel far ripartire quelle 14 persone con i loro bambini ha pesato l’incontro tra il ministro dell’Interno congolese e il nostro per l’integrazione». Ma quelle sette famiglie hanno toccato il suolo italiano prima che la Kyenge toccasse quello africano, all’inizio di novembre. Accettando comunque di dare alla ministra il merito di queste adozioni andate in porto, elevandoil fiasco delle26famiglieancora bloccate inCongoa “un mezzo successo”, l’incontro del 4 novembre è stato invece sicuramente venduto per ciò che non era e, infatti, ancora non è stato. «Un ottimo risultato» privo del tassello finale, perciò ancora prematuro da essere definito come «successo ».

Tanto che quel tassello finale, un incontro veloce tra i delegati dei due Paesi, non trova posto nell’agenda delle autorità congolesi. Intanto, da oltre un mese, le 26 coppie di genitori sono ostaggio del loro sogno di tornare a casa come una famiglia. Esauste dalle condizioni di disagio in cui stanno affrontando questo calvario, quelle 52 persone continuano nonostante tutto a rimanere vicino ai figli. Le condizioni sono disumane: i nostri connazionali dormono sul pavimento di una stanza dell’orfanotrofio del capoluogo, sono senza acqua corrente, si lavano con quella piovana, sono senza elettricità e alcuni hanno terminato le scorte dei medicinali salva-vita. Anche la profilassi per la malaria è al limite dell’efficacia e, colpo di grazia, chi aveva preso un paio di settimane di ferie per andare a prendere il figlio è stato licenziato. L’assenza si sarebbe protratta oltre i limiti, secondo alcuni datori di lavoro, e l’impiego è sfumato. Lei, Cécile Kyenge lo sa, sa tutto. L’ambasciatore italiano a Kinshasa tiene informato il ministero in Italia, riversa sul suo referente lo sconforto per il silenzio delle autorità locali (…)

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