Libero: “Dal 1 luglio le tasse sul risparmio passano dal 20% al 26%”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Giugno 2014 - 09:48 OLTRE 6 MESI FA
Libero: "Dal 1 luglio le tasse sul risparmio passano dal 20% al 26%"

Il grafico di Libero

ROMA – Martedì 1 luglio le tasse sul risparmio passano dal 20 al 26%: dopo l’imposta sul bollo, un’altra patrimoniale di fatto. Salvi solo i Bot, sberla su azioni, obbligazioni e conti deposito. Pressione record in Europa.

Scrive Ugo Bertone su Libero:

La parola patrimoniale resta un tabù. Ma, nei fatti, ormai ci siamo. In meno di tre anni i balzelli sul risparmio si sono moltiplicati: bolli sui depositi titoli, aumenti di aliquote dal 12,5 al 20% (gennaio 2012) su titoli, fondi e conti di deposito, nuovi aumenti dei bolli dallo 0,15 allo 0,20%, la novità della Tobin tax all’italiana suggerita da frau Merkel, che ben si è guardata dall’imporla ai contribuenti tedeschi. Ora, a completare l’opera, arriva, a far data dal 1˚ luglio, l’aumento dal 20 al 26% delle aliquote sulle rendite finanziare tra cui rientrano gli interessi e altri proventi derivanti da conti correnti e depositi bancari e postali, obbligazioni, nonché sui proventi di fondi comuni (salvo la parte investita in titoli di Stato), sulle polizze vita, i dividendi e le plusvalenze sulle azioni. Tutto quanto, insomma, con l’eccezione di Bot, Btp e buoni fruttiferi postali (e delle varie emissioni degli enti internazionali riconosciuti, vedi Bei, Birs, Banca Mondiale) che restano al vecchio 12,5%.

L’operazione che, secondo un tweet del responsabile economico del Pd Filippo Taddei, costerà ai contribuenti italiani «meno di un caffè al mese», è presentata come l’adeguamento del fisco italiano alle aliquote in vigore nel resto d’Europa, necessaria per finanziare il taglio dell’Irap. Nel corso del 2014, il caffè del dottor Taddei comporterà per le tasche dei contribuenti un salasso di circa 755 milioni, tanti quanti ne produrrà il prelievo da conti correnti, libretti postali e certificati di deposito. Ma già nel 2015 il gettito previsto salirà a 3 miliardi. In linea con il resto d’Europa. O no? È assai dubbio che con questa manovra il livello della tassazione delle rendite finanziarie si adeguerà alla media europea, come sostenuto dal governo. Al contrario, con le ultime modifiche i risparmiatori italiani si inseriscono anche in questo campo a pieno diritto tra i più tartassati al mondo. Prendiamo, tanto per fare un esempio, il caso di un investimento di 10 mila euro con un rendimento del 3% in un anno con un profitto di 300 euro. A questa somma devo sottrarre il 26%, ossia 78 euro cui devo aggiungere l’imposta di bollo dello 0,2 per mille che si applica sull’intero capitale investito (in questo caso 20 euro). Alla fine pagherò dunque all’erario 98 euro, il 32,6% dei miei guadagni.

Ma se il rendimento ottenuto in un anno fosse invece del 2% il prelievo sarebbe di 72 euro: il 36% dei profitti. Senza contare la Tobin tax dell’1 per mille che si applica in caso di vendita di titoli di società italiane. Insomma, più basso è il rendimento degli investimenti (come in questa stagione di costo del denaro in discesa) e più alta la tassazione, perché incide di più il bollo. Che succede negli altri Paesi? Le aliquote, è vero, sono simili o anche più alte.

Ma gli altri Paesi europei hanno una tassazione Irpef notevolmente più bassa e offrono servizi migliori dei nostri. Non solo. Un po’ ovunque, la tassazione sulle rendite punta a incentivare il risparmio delle famiglie con due obiettivi: rafforzare il terzo pilastro previdenziale per contrastare la crisi della previdenza pubblica; incanalare risorse verso le imprese.

In Gran Bretagna l’imposta dal 2010 è stata aumentata dal 18 al 28% ma resta al 18% per coloro che dichiarano redditi non superiori alle 35 mila sterline. Londra ha poi varato di recente conti intestati aminorenni, smobilizzabili solo con la maggiore età e completamente esentasse. In Francia l’imposta arriva a sfiorare il 35% nel caso dei contribuenti più abbienti,ma esiste un forte sgravio per i risparmi delle famiglie investiti per almeno cinque anni. La Germania ha un’aliquota pari alla nostra, oltre il 26%, ma prevede sconti fiscali fino a un certo tetto ed è prevista la compensazione tra redditi di capitale (cedole e interessi) e redditi diversi. Giusto o sbagliato, tutti hanno un metodo (…)