Libero: “Laura Boldrini umiliata da Repubblica”

Libero: "Laura Boldrini umiliata da Repubblica"
Libero: “Laura Boldrini umiliata da Repubblica”

ROMA – Laura Boldrini umiliata da Repubblica, scrive Fausto Carioti su Libero: “Il giornale critica la «ghigliottina», lei si giustifica e mette nero su bianco che non ricapiterà”.

L’articolo di Fausto Carioti:

I referenti della terza carica dello Stato non sono gli elettori-contribuenti, ai quali deve il proprio status, né quello che dovrebbe essere il wat – chdog, il cane da guardia di ogni democrazia: cioè la stampa, le rare volte in cui esercita la propria funzione critica (ad esempio passando al setaccio i bilanci del Parlamento e chiedendo conto di sprechi e privilegi). No, l’orizzonte di Laura Boldrini è molto più ristretto: sono gli editorialisti che un tempo si sarebbero detti radicalchic, impegnati a contestarla da sinistra, unico luogo da cui accetta di essere messa in discussione. Dinanzi a costoro la presidente della Camera sente il dovere di giustificarsi, spiegarsi, quasi scusarsi, cercare una riappacificazione: sono dei vostri, perché ce l’avete con me? Per tutto il resto ci sono i comunicati del portavoce, il giornalista Roberto Natale, candidato nelle liste di Sel alle ultime politiche, non eletto ma subito ripescato dalle amorevoli mani della Boldrini. Si spiega così la scena imbarazzante (per l’istituzione parlamentare) che ha visto ieri apparire sulle pagine di Repubblica una lettera della presidente della Camera, in replica a Barbara Spinelli. La Boldrini, che non si è mai sentita in dovere di rispondere alle numerose inchieste su come l’amministrazione di Montecitorio spende i soldi degli italiani, mostra tutta la propria sudditanza politica e culturale producendosi in una lunga giustificazione sul perché ha dovuto usare la “ghigliot – tina” parlamentare sui deputati grillini. Scelta che il giorno prima, sullo stesso quotidiano, la Spinelli aveva contestato. «Scopo primario della nuova legge elettorale», scriveva, «è la governabilità, ripetono Pd, Berlusconi, Letta. Ma la governabilità “morti – fica gravemente la rappresentanza”, ha ricordato domenica Eugenio Scalfari. In questo quadro si colloca la rivolta di 5 Stelle contro la ghigliottina cui è ricorsa Laura Boldrini. Anche se biecamente insultata, è lecito criticarla per aver decapitato il dibattito sul decreto Imu-Bankitalia. Il taglio operato dalla lama è un ennesimo segno del sisma: i parlamenti sono d’ingombro, e negati». L’accusa, insomma, è che la Boldrini, ponendo fine con le maniere forti all’ostruzio – nismo grillino, abbia contribuito nientemeno che alla fine della Democrazia. Poche parole all’interno di un ragionamento più vasto, che visto però il pulpito da cui provenivano hanno lasciato il segno sulla presidente della Camera. La quale si è sentita costretta a rendere conto del proprio operato producendo nella lettera a Repubbli – ca una lunga serie di spiegazioni dettagliate quanto inefficaci, sul genere di quelle che gli imputati colpevoli snocciolano in tribunale. «Ho deciso di ricorrere a questo strumento estremo – che peraltro al Senato viene usato senza scandalo – solo dopo aver garantito che tutte le fasi di esame fossero completate. Il testo era stato già votato dal Senato…». Etc etc. Per chiudere con la promessa che non ci proverà più: «È stata – e tale voglio che rimanga – una misura del tutto eccezionale». Raggelante la risposta dell’altra papessa (quella vera), che della memoria difensiva della Boldrini mostra di aver letto sì e no una riga su cinque: «La ghigliottina forse era lecita. Il suo uso in questo momento della storia italiana è lungi dall’essere edificante: il Parlamento ne esce danneggiato in modo grave». Saluto finale: «Non mi sarei forse spinta a definire “eversori” i rappresentanti di 5 Stelle». È il modo annoiato con cui i sovrani trattano quei sudditi che, dopo aver baciato l’anello, pretendono pure di stare a discutere con loro. Tanto, qualcuno che si senta onorato dal subire certe umiliazioni lo troveranno sempre. Così vanno le cose nel molto democratico mondo della cultura progressista.

L’articolo di Barbara Spinelli

La risposta di Laura Boldrini:

Caro direttore, ho letto con attenzione l’articolo di ieri di Barbara Spinelli. Il ruolo istituzionale non mi consente di esprimere la mia opinione sulle considerazioni di carattere politico e di motivare così i punti di consenso e di dissenso.
Debbo però precisare qualcosa in merito alla scelta di far uso della “ghigliottina” sul decreto legge Imu-Bankitalia. Barbara Spinelli sostiene che avrei “decapitato il dibattito”. Non è così: ho deciso di ricorrere a questo strumento estremo — che peraltro al Senato viene usato senza scandalo — solo dopo aver garantito che tutte le fasi di esame fossero completate. Il testo era stato già votato dal Senato e su di esso il Governo aveva ricevuto la fiducia della Camera (a Montecitorio, infatti, a differenza di quanto avviene al Senato, i decreti-legge sui quali il governo mette la fiducia vengono di fatto votati due volte). Prima della messa in votazione, si erano già svolti la discussione generale, il dibattito sulla fiducia, l’illustrazione e poi il voto su 123 ordini del giorno. Successivamente sono intervenuti per dichiarazione di voto finale deputati di tutti i gruppi. Senza contare la discussione inCommissione, l’Aula ha dedicato a questo decreto circa 27 ore. Non mi sembra proprio che si possa parlare di un “dibattito decapitato”!
A 4 ore dalla scadenza, restavano iscritti a parlare 164 deputati con l’obiettivo esplicito di impedire che l’aula votasse entro i 60 giorni previsti dalla Costituzione.
Mi sono assunta responsabilità anche per conto di altri, che hanno preferito attestarsi su posizioni rigide e non si sono resi disponibili a quella mediazione che avrebbe evitato alla Presidenza della Camera di ricorrere ad una misura indubbiamente forte. L’ho fatto non certo per rendere “omaggio alle trojke”,ma perché erano in gioco gli interessi di milioni di famiglie,che proprio grazie a quel decreto erano state esentate dal pagamento dell’Imu.Ed anche perché, una volta espletate tutte le fasi dell’esame, ritengo giusto che la Camera sia messa in condizione di votare, magari anche votare contro, ma non rinunciando al diritto-dovere di decidere. La minoranza deve poter far valere tutti i suoi diritti — ed io li ho garantiti — ma non fino ad impedire a una maggioranza di esercitare le sue prerogative. E proprio chi giustamente difende il fondamento parlamentare della nostra Repubblica deve tenere al fatto che le Camere siano il luogo in cui il dibattito — anche aspro — sa poi arrivare ad un voto. Altrimenti si rischia di portare acqua al mulino populista delle campagne contro l’utilità delle istituzioni rappresentative.
Nel dire questo non nego che si sia trattato di una decisione complicata e considero ovviamente legittime le critiche. Critiche che non avrei ricevuto se avessi privilegiatoragioni di opportunità politica anziché esercitare le mie responsabilità istituzionalidi garanzia. Comunque è stata — e tale voglio che rimanga — una misura del tutto eccezionale. Per questo ho scritto al Presidente del Consiglio, invitandolo a valutare il ricorso ai decreti-legge con particolare rigore, perché il lavoro parlamentare non può consistere quasi totalmente nel loro esame, come invece da anni accade. E per la stessa ragione stiamo tirando le fila di un lavoro intenso per la riforma del Regolamento — in particolare del procedimento legislativo — da più parti auspicata.
Ci sono dei momenti, dice San Paolo, in cui «tutto è lecito ma non tutto edifica». La ghigliottina forse era lecita. Il suo uso in questo momento della storia italiana è lungi dall’essere edificante: il Parlamento ne esce danneggiato in modo grave. Ovvio che condanno quel che è accaduto dopo: gli insulti e le minacce che Lei ha ricevuto offendono anche me, anche se non mi sarei forse spinta fino a definire «eversori» i rappresentanti di 5 Stelle.

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