ROMA – La proprietà vive un momento difficile. All’invidia sociale si è sostituito l’odio sociale. Il Parlamento risente di questo ambiente. Il civile principio che si deve tassare il reddito di un bene, e solo il reddito, appare superato, benché costituzionalmente protetto.
Ora, lo Stato sembra non accontentarsi più del reddito, vuole il patrimonio. L’invocazione di alcuno (prendeteci il 100 per cento del reddito, ma del reddito), sembra anch’essa superata. Si vuole tassare il valore dei beni (a parte che non sia neanche individuato correttamente, ma – invece – a casaccio: certe volte all’insù e altre all’ingiù).
Scrive Corrado Sforza Fogliani sul Giornale:
La stampa oligopolista, in mano alla finanza, chiede – per il catasto – di allineare i valori, per tassarli. Varato su base reddituale in tempi civili (quelli dell’appena nato Stato unitario), avrà ora anche un valore per ogni unità immobiliare, oltre la rendita (che misura –o dovrebbe misurare – il reddito). L’Europa (della finanza) è anch’essa allineata: si vuole scoraggiare il risparmio privato dall’investimento immobiliare. Le tasse più inique, per premere su tale tipo di investimento, vengono varate:da ultimo,s’è pensato perfino allo sfitto involontario. Si teorizza – anche da cattedre di costituzionalisti ritenuti insigni – il «tributo ablativo», assegnando all’imposizione fiscale un’incostituzionale funzione di esproprio surrettizio (e quindi senza indennizzo) e, comunque, di redistribuzione (socialista) della ricchezza. Che si definisce – ipocritamente, in malafede – tale, anche quando non la si può realizzare sul mercato come spesso capita ai nostri tempi (e quindi, ricchezza non è).
S’invoca la progressività fiscale (costituzionalmente legata ai redditi) addirittura anche per i tributi reali, volutamente ignorando che, per la forte progressività del nostro sistema fiscale, il 10 per cento della popolazione con redditi più elevati contribuisce già per più del 50 per cento all’intero gettito delle imposte.
La stampa confindustriale pretende di dettare l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, e predica di tutelare (cioè di favorire fiscalmente) «imprese e lavoro», come se ogni investimento non creasse lavoro.
Impone il concetto – a chi vuol crederci, solo per «far cassa» – che quella immobiliare è una ricchezza statica, a bella posta ignorando – com’è di comune conoscenza – la sua componente dinamica (…)