ROMA – Il Pd vuole candidare alle prossime europee Lucia Annibali, la donna sfregiata con l’acido da due albanesi e dal suo ex Luca Varano. Una scelta che indigna Camillo Langone che, sul Giornale, definisce tutto come un ricatto morale. Perché dalla vedova D’Antona alla madre di Carlo Giuliani sembra essere una prassi politica quella di assoldare familiari di chi ha subito disgrazie.
Per Langone, il Pd altro non fa (come da tradizione della sinistra italiana) che campare sulle altrui disgrazie. E il commento parte proprio da un elenco
Campare sulle disgrazie, vecchio vizio della sinistra. Olga Di Serio, vedova di Massimo D’Antona ucciso a Roma nel 1999, venne candidata dai diessini ed eletta alla Camera. Adelaide Gaggio, detta Haidi Giuliani, madre di Carlo Giuliani ucciso a Genova nel 2001, venne candidata da Rifondazione comunista ed eletta al Senato. Rosa Maria Villecco, vedova di Nicola Calipari ucciso a Baghdad nel 2005, venne candidata dai diessini, eletta, poi ricandidata dai piddini e rieletta.
E tralascio altri casi e ne dimentico altri ancora trattandosi di una contabilità lunga e complicata che fra l’altro sembrava ormai inutile: Matteo Renzi non aveva rovesciato la sinistra come un calzino? Non aveva spazzato via costumi e malcostumi del Novecento comunista e post? Sembrava, ma l’ipotizzata candidatura di Lucia Annibali, alle elezioni europee per il Partito democratico, fa pensare che da quelle parti sia cambiato poco.
Certo, il caso della Annibali è drammatico e lo stesso Langone spiega che al posto suo accetterebbe:
Ovviamente questa non è una polemica nei confronti dell’avvocata di Urbino sfregiata con l’acido dall’ex fidanzato in combutta con due complici albanesi, secondo la recentissima sentenza che ha distribuito un totale di quarantotto anni di carcere ai tre personaggi. La signora Annibali che certo ha passato terribili momenti, che certo ha subito danni morali e materiali incommensurabili, ha tutto il diritto di accettare tutte le candidature che vuole. Fossi io nella sua situazione (ma anche non nella sua situazione), al comodo e iper-retribuito seggio di Strasburgo ci farei più di un pensierino.
Langone quindi spiega la sua teoria del ricatto
Questa è una polemica nei confronti di una parte politica che strumentalizza abitualmente i morti e i feriti, invece. Lucia Annibali ha subito una grande violenza fisica, la sua candidatura da parte del Pd sarebbe una piccola violenza intellettuale nei confronti di chi, come me, ha intenzione di votare altrove. Voglio chiamarlo col nome che si merita: è un ricatto morale.
Non ho capito a chi è venuto in mente, se a Renzi o ai due vicesegretari, Deborah Serracchiani e Lorenzo Guerini, sta di fatto che l’ipotesi circola ed è stata confermata dall’ Unità , il giornale fondato da Antonio Gramsci: «L’avvocatessa urbinate è stata contattata nelle scorse settimane dalla segreteria nazionale Pd, che le ha chiesto la disponibilità a candidarsi per le Europee».
Il linguaggio è un filo brezneviano («Segreteria nazionale Pd» cosa significa in concreto? Chi ha telefonato a Lucia Annibali?) ma ciò nonostante ha fugato ogni dubbio. Parlavo di ricatto morale: continuando a candidare le vittime, la sinistra è come se dicesse che i carnefici stanno a destra. Non voti la vedova Calipari, la vedova D’Antona, mamma Giuliani?
Allora sei un insensibile, un duro di cuore, un bruto. Se la Annibali accettasse («Non ha sciolto la riserva» scrive l’ Unità ) chi non la votasse correrebbe il rischio di essere considerato un simpatizzante dei dementi che l’hanno sfigurata. È schifosamente sleale che una parte politica cerchi di appropriarsi del monopolio del bene, un anelito che appartiene a tutti.
Quindi la conclusione: non bisogna essere di sinistra per essere contro chi tira acido.
Non c’è bisogno di essere renziani per essere contrari al lancio di acido solforico sulla faccia delle persone. La candidatura Annibali ha il sapore di un’accusa, magari contro gli elettori che si ostinano a votare centrodestra, magari contro i maschi che si ostinano a essere maschi, secondo il ragionamento formulato dalla sinistra Boldrini subito dopo la sentenza: «La violenza di genere non è mai un fatto privato». E invece no: Costituzione (articolo 27) e religione (Confiteor) ci ricordano che la responsabilità è personale e la responsabilità della violenza subita da Lucia Annibali, lo ha detto il tribunale di Pesaro, è di Luca Varani.