Zingales, Boeri, Guerrieri: “Errore debito-crescita, ma sanare i conti”

ROMA – “La relazione tra debito pubblico e crescita di Rogoff e Reinhart è sbagliata, ma il debito va comunque ridotto”. Luigi Zingales, Paolo Guerrieri e Tito Boeri lo spiegano su La Stampa. La tesi sull’austerity proclamata dagli economisti di Harvard, Kenneth Rogoff e Carmen Reinhart, è stata ribaltata dagli economisti Michael Ash, Thomas Herndon e Robert Polli dell’università del Massachussetts.

Nonostante la teoria sia sbagliata, il debito pubblico va ridotto, spiega Guerrieri riportato da La Stampa:

“«È caduto un pilastro delle politiche di austerità: il fatto che ci sia un rapporto di causa ed effetto tra un debito alto e la crescita”

Il dubbio sorto nel mondo dell’economia, spiega la Stampa, è che i tagli alla spesa e l’aumento delle tasse non possano essere affrontati sulla base di “modelli classici”:

“Da un po’ di tempo a qualcuno è venuto il dubbio – il Fmi è tra di essi – che c’è qualche problema con i modelli “classici” che vengono usati per calcolare la reazione del Pil ai tagli alla spesa o all’aumento delle tasse. Oppure per valutare il peso del debito pubblico sulle economie. E per giustificare, in sostanza, l’austerità come cura maestra”.

Oltre al premio Nobel Paul Krugman, che pensa che l’errore di Rogoff e Reinhart fosse comunque in “buona fede”, a parlare di un “errore imbarazzante”, ma non voluto, è l’economista di Chicago Zingales:

“Zingales dubita che «siano stati volutamente manipolati i dati», avanza l’ipotesi che sia stato un errore «a volte accade che si controllino maggiormente i dati che rappresentano elementi che non ti aspetti» – ma ne trae una conclusione importante. «Il caso dimostra che è fondamentale l’accesso ai dati utilizzati nei saggi», che insomma «sia possibile verificare la veridicità di un’analisi». In effetti una parte del dibattito si è concentrata sul fatto che per molto tempo i dettagli del saggio dei due economisti non fossero del tutto accessibili. Attenzione, però, avverte, a trarne conclusioni sbagliate: «Tutto ciò non vuol dire certo che un alto livello del debito faccia bene all’economia»”.

Nonostante l’errore sia confermato, Tito Boeri invita a tener presente che l’effetto del debito c’è e nega il peso politico dei due economisti di Harvard, spiega La Stampa:

“Tito Boeri ritiene che l’errore ci sia e che non sia secondario, ma invita a riflettere sul fatto «che anche se l’effetto del debito è minore di quanto sostenuto dai due economisti di Harvard, comunque c’è». È un bene che esista un dibattito accademico su queste questioni, osserva l’economista della Bocconi. Ma Boeri è molto meno convinto di molti suoi colleghi che il saggio abbia avuto un peso politico: «non credo che Rogoff e Reinhart abbiano influito molto sull’opinione pubblica tedesca..», ironizza”.

Infine c’è Guerrieri che ricorda come “la fragilità del saggio Rogoff-Reinhart era nota da tempo”, scrive La Stampa_

“, ma «per la prima volta si è dimostrato che non esiste alcun rapporto di causa ed effetto tra un debito elevato e la crescita». Una tesi che per l’economista del College of Europe di Bruges «implicava che i Paesi con un debito sopra il 90% non potessero azzardare politiche fiscali compensative». La confutazione «è importante perché conferma che sono le condizioni di contesto dinamico che determinano il rapporto tra debito e crescita». Un altro colpo, conclude, «all’idea che l’unica ricetta per questa crisi siano le politiche di austerità».

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