“L’uomo che rischia”, di Alessandro Baricco per Matteo Renzi

ROMA – Blitz quotidiano vi propone oggi come articolo del giorno quello dello scrittore Alessandro Baricco su Repubblica. Baricco, col titolo “L’uomo che rischia”, parla di Matteo Renzi schierandosi con il sindaci di Firenze per le primarie del centrosinistra.

Scrive Alessandro Baricco:

Da che parte sto, si sa: a sinistra. Visto che c’è questa possibilità di scegliere il nostro candidato alle prossime elezioni, ecco cosa farò domenica.

Uscirò di casa, armato di una certa pazienza, e andrò a votare Renzi alle primarie. Perché lo farò è cosa di scarsissimo interesse, ma perché lo farà una sacco di gente, questo è un fenomeno interessante, e non sono proprio sicuro che tutti l’abbiano capito bene. Posso dare, con tutta la modestia possibile, un aiutino?

Io credo che tutto nasca dal fatto che lui non ha scalato un partito, il suo, ma l’ha sfidato. L’ha fatto una prima volta a Firenze, vincendo, e ora ci sta riprovando. In un certo senso sembra aver imparato la lezione di Veltroni: se aspetti che il partito ti digerisca e ti lasci passare, quando ti apriranno le porte sarà irrimediabilmente troppo tardi. Per cui: saltare passaggi, accelerare, aggirare l’apparato e, con coraggio, rischiare. Fare un gesto del genere porta Renzi ad essere, istantaneamente, la punta di un iceberg enorme: tutta quell’Italia che, a tutti i livelli, dal piccolo ufficio pubblico al campo aperto del lavoro e della competizione, è stata stoppata dagli apparati o che è riuscita ad emergere non grazie alla vischiosità del sistema, ma nonostante quella. È un’Italia viva, che ha forza e idee, ma che il sistema riesce a bloccare o, in qualche modo, a disinnescare. Non ha praticamente voce all’interno dell’establishment che guida il Paese. Quell’Italia lì ha un’idea molto precisa in testa: il Paese non va riformato, va rifondato. E bisogna farlo con gente nuova e idee nuove, smantellando tutta una rete di privilegi e rimettendo in circolo energie intatte e menti libere. E elementare: vogliono cambiare, ma cambiare veramente. Quale momento migliore di questo, subito dopo l’implosione del disastro berlusconiano?

Renzi riconduce a una matrice di sinistra, perché rimane fortemente legato a idee di fondo come la tutela dei deboli, la lotta ai privilegi, la centralità dell’educazione, la difesa dei diritti, l’irrinunciabile pretesa di una vera giustizia sociale. Meno di sinistra sembra quando alinea idee e soluzioni: ma lì io sono rimasto a una splendida domanda di Chiamparino: privatizzare un’azienda municipalizzata e con quei soldi aprire degli asili nido è di sinistra o di destra? Dato che non c’è una risposta, mi sono abituato a pensare che al di là delle etichette ci sono soluzioni che migliorano la vita dei cittadini e altre che non lo fanno: il resto è un lusso poetico che non ci possiamo più permettere.

Se le cose stanno così, tra Renzi e la sinistra non ci dovrebbe poi essere tutto quell’attrito: e invece. Guardate la lista di quelli che appoggiano Renzi e cercate in mezzo a migliaia di nomi normali quelli di coloro che fanno parte dell’establishment di sinistra: va bene se ne trovate quattro. Stranetto no? Cosa succede? Succede che ci siamo messi, inopinatamente, a fare i difficili. È pieno di gente che simpatizza, comprende, stima, capisce, manda amichevoli saluti, ma poi gira al largo. C’è sempre una scusa buona: quelli che Renzi è arrogante, quelli che Renzi alla tivù suona falso, quelli che ha intorno Giorgio Gori, quelli che vuole spaccare il partito, quelli che è andato a cena ad Arcore, quelli che è troppo cattolico, quelli che frequenta i finanzieri delle Cayman, quelli che dietro alla facciata c’è il nulla, quelli che neanche ha un programma. […]

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