ROMA – Stavolta Andrea Guerra se ne va per davvero, e senza spiegare il perché. Dopo settimane di voci che hanno mandato in altalena il titolo dell’ultima grande multinazionale privata italiana, mercoledì 20 agosto è arrivata l’indiscrezione di stampa definitiva, in quanto non smentita: dopo dieci anni di successi e acquisizioni, con fatturato e utili in crescita impetuosa, l’ad di Luxottica lascerà il colosso degli occhiali di Agordo (Belluno).
Il mercato ha salutato l’addio del “Maradona dei manager”, con un tonfo del titolo in Borsa: in apertura ha perso poco meno del 7 per cento, per chiudere la giornata con un -3,60. Poteva andare molto peggio, ma dopo il crollo iniziale il titolo ha iniziato a risalire. Il rialzo è stato in parte neutralizzato in tarda mattinata da un laconico comunicato con cui la società si rifiutava di rilasciare commenti. Tradotto: notizia confermata. Qui si è scatenata la speculazione tra compratori e venditori con diverse idee sugli effetti dell’addio di Guerra sui destini di Luxottica, e a conti fatti la perdita è risultata contenuta.
Scrive Carlo Di Foggia sul Fatto Quotidiano:
Le modalità dell’addio suscitano interrogativi. La notizia è stata anticipata da alcuni quotidiani senza condizionale, come cosa fatta: lo storico fondatore e patron del gruppo Leonardo Del Vecchio avrebbe deciso di far fuori Guerra dopo dissidi sulle strategie, a cominciare dall’aggressiva campagna acquisti – culminata con la presa dell’americana Oakley, leader mondiale dell’occhiale sportivo – per finire al recente accordo con Google per la produzione dei Google glass. Inoltre al patron non sarebbe andata giù la chiamata pubblica di Matteo Renzi, che a avrebbe voluto Guerra come ministro dello Sviluppo e poi come amministratore delegato dell’Eni. In entrambi i casi, la smentita sarebbe arrivata con eccessivo ritardo e poca convinzione. Chi conosce Del Vecchio, però, sa che l’uomo non è incline a parlare con i giornali. Il leggendario imprenditore, 79 anni – 7 dei quali trascorsi nelle camerate del Martinitt, l’orfanotrofio di Milano che lo accolse dopo la morte del padre – da un piccolo negozio di occhiali ad Agordo ha costruito un impero che conta 8700 negozi, 73 mila dipendenti (più di Telecom), un fatturato di 7,3 miliardi di euro, decine di marchi e un valore in borsa che sfiora i 19 miliardi. In azienda non si muove nulla senza il suo consenso. Fonti interne confermano al Fatto che finora le strategie dell’Ad “sono state tutte concordate con il patron. Difficilmente sarebbe potuto accadere il contrario”.
Guerra, 49 anni, milanese di nascita ma cresciuto a Roma, il suo successo è misurato dalla ricchezza accumulata. Oltre a uno stipendio di 4-5 milioni all’anno, negli ultimi due anni ha incassato 75 milioni monetizzando le stock option assegnategli da Del Vecchio. È arrivato a Luxottica nel 2004, dopo quattro anni al timone della Merloni (ora Indesit), lasciata improvvisamente al culmine di una espansione da lui stesso guidata, poco prima che il settore degli elettrodomestici piombasse in una crisi nera. Adesso un nuovo addio. L’impressione è che Guerra abbia voluto far trapelare l’idea che sia Del Vecchio a volerlo silurare per motivi non chiari. L’imprenditore di Agordo si è limitato a rispondere con un gelido comunicato alle indiscrezioni di stampa, per marcare la distanza da una decisione che non è sua, ma per la quale non si mostra disperato. I risultati del gruppo non giustificano una cacciata. Al contrario un repentino siluramento servirebbe solo a diffondere nel mercato borsistico il sospetto che dentro la Luxottica ci sia qualche guaio nascosto, dovuto a errori di Guerra. Dunque la decisione di non smentire la notizia, confermando anzi che da tempo i due “si stanno confrontando sulle migliori strategie future del gruppo”, lascia intendere che l’addio – che gli analisti ipotizzavano da settimane – è stato già digerito, e non si temono contraccolpi (…)