“Mangio quello che voi buttate via”, la cena di Leonardo: 53 anni e disoccupato
Pubblicato il 30 Novembre 2013 - 12:21 OLTRE 6 MESI FA
MILANO – “Mangio quello che voi buttate via”, è la cena di Leonardo, non l’ultima, ma una delle tante. Leonardo Martino, è italiano, ha 53 anni e fa, anzi faceva, il cuoco. Adesso è disoccupato e cena alla mensa della Fondazione Fratelli di San Francesco di via Michele Saponaro a Milano, estrema periferia sud. Scrive Michele Brambilla per la Stampa:
Perché dico che quest’uomo mangia quello che buttiamo via noi? Perché, anche se continuiamo a lamentarci per via della crisi, noi italiani schifiamo ogni anno 6 milioni di tonnellate di cibo perfettamente commestibile. Tradotto in soldi, tredici miliardi di euro
Oggi, davanti a novemila supermercati, 135.000 volontari del Banco Alimentare chiederanno a chi esce con il carrello della spesa di donare qualcosa, che poi sarà destinato a 8.800 strutture caritative come questa di via Saponaro a Milano: in totale, a 1.800.000 poveri e nuovi poveri. «Da quando c’è la crisi donano parti più piccole della propria spesa», mi dice una volontaria, «ma donano tutti o quasi, e sa perché? Perché dicono: potrebbe capitare anche a me».
La storia di Leonardo Martino è la dimostrazione che le certezze di una volta non ci sono più: «Sono venuto a Milano dalla Puglia che avevo quattordici anni, e a 16 lavoravo già. In cucina al ristorante La Villetta di viale Zara. Poi in altri ristoranti, fino a quando sono andato a vivere in Inghilterra, a Manchester. Ho avuto una compagna, inglese, e due figlie: due gemelle che oggi hanno 15 anni. Undici anni fa mi sono separato e sono tornato in Italia». Dove ha trovato un Paese che cominciava a cambiare: «Avevo 42 anni e già non trovavo più un posto fisso. Mi arrangiavo un po’ di qua e un po’ di là, magari sul lago di Garda. Lavori saltuari. L’ultimo è stato due anni fa qui in via Vigevano, in un Coffee Burger. Facevo hamburger, che per un cuoco non è il massimo: ma insomma. È durata 28 giorni, poi mi è partito il rene sinistro, e ho dovuto operarmi. Uscito dall’ospedale, il posto non c’era più. Ho cominciato a mandare curriculum, perché oggi funziona così: non ti vogliono neanche incontrare per un colloquio, tutto via Internet… Da allora non ho più lavoro, non ho più casa, non ho più niente. Vivo qui alla Fondazione dei Fratelli San Francesco, e meno male che ci sono questi, altrimenti non saprei dove andare a sbattere la testa».