Manifattura italiana, persi 25 miliardi nel 2013

Il grafico del Sole 24 Ore
Il grafico del Sole 24 Ore

ROMA – 25 miliardi, tanto ha perso la manifattura italiana nel 2013. “Più di 60 milioni al giorno, sabati e domeniche inclusi” scrive il Sole 24 Ore:

La perdita di fatturato media dell’industria italiana nel 2013 significa in sintesi questo, la chiusura giornaliera di una media azienda. Anzi, per gli standard nazionali, lo stop quotidiano di una realtà più che robusta, con dimensioni ben oltre la media.
Uno shock di proporzioni enormi, stimato dagli analisti di Prometeia e Intesa SanPaolo in poco meno di 25 miliardi di euro di mancati ricavi, frenata vicina al 3% in valori correnti nel 2013 che si aggiunge ai 45 miliardi già persi dall’industria italiana nel corso dell’anno precedente.
Il “dimagrimento” evidenziato dal Rapporto dei Settori Industriali, inevitabile del resto alla luce degli oltre 14mila fallimenti registrati nel corso del 2013 tra le aziende italiane, è visibile quasi ovunque con l’eccezione di farmaceutica ed elettrodomestici, unici comparti a chiudere l’anno con il segno più.
In posizioni intermedie c’è solo l’alimentare, settore anticiclico per eccellenza, capace di chiudere l’anno quasi alla pari, con un calo dei ricavi limitato allo 0,5%, poco più di mezzo miliardo in valore assoluto. Altrove è invece una lunga sequenza di segni meno, con il picco negativo della metallurgia, in caduta dell’8%.
Un “colpo” che vale oltre quattro miliardi di mancati ricavi, in linea con il gap realizzato dai prodotti in metallo. Male anche auto e moto, elettrotecnica, prodotti e materiali legati alle costruzioni, settore quest’ultimo che non ha alcuna possibilità di difendersi contando sull’export. Nei conti delle aziende la crisi si traduce dunque in un gap di oltre il 9% dei ricavi in due anni, scenario già negativo a cui si aggiunge però una preoccupazione ulteriore sui margini.
Gli analisti di Prometeia e Intesa SanPaolo vedono anzitutto questa difficoltà: concorrenza internazionale, debolezza della domanda e inflazione al palo rendono impervia la strada del ritocco dei listini. Scenario che incide inevitabilmente sulla redditività, «con la concreta possibilità che i risultati finanziari delle imprese manifatturiere possano sperimentare un nuovo peggioramento rispetto ai già critici livelli del 2012». Per fortuna il quadro non è fatto solo di ombre e gli ultimi mesi hanno messo in evidenza segnali di recupero sia sul fronte interno che su quello internazionale. A partire dai mesi estivi, infatti, il ruolo di traino delle vendite italiane all’estero è passato dai mercati più remoti a quelli comunitari, che per ben cinque trimestri avevano invece dato un contributo negativo al nostro export.
Un’inversione di rotta cruciale, perché anche se negli ultimi anni il ruolo dei mercati extra-Ue è cresciuto nel portafoglio ordini delle aziende, la parte principale dei ricavi esteri è ancora realizzata a ridosso dei confini nazionali, in primis tra Germania e Francia.
Altro dato confortante è il recupero in termini relativi delle nostre merci, che pur in un contesto complicato dal continuo affacciarsi di nuovi competitor, riescono a guadagnare quote di mercato nella maggioranza dei paesi extra-Ue.
Nella meccanica, ad esempio, l’aumento delle quote si verifica in mercati extra-Ue che valgono il 75% del totale e risultati analoghi si verificano anche per alimentari e auto-moto, con percentuali appena inferiori per l’elettrotecnica.
Se la componente estera offre ancora l’unica spinta propulsiva alle nostre aziende, la novità principale degli ultimi mesi è una graduale inversione di rotta della domanda interna, con segnali positivi diffusi a quasi tutti i settori, a cominciare dal ritrovato segno più per le immatricolazioni di auto.
Indicazioni che, secondo gli analisti, «segnalano il superamento del punto di minimo di questa seconda fase della crisi», lasciando sperare in un ritorno alla crescita anche per la quota domestica del fatturato manifatturiero.
Ripresa della domanda che tuttavia incontra ancora numerosi ostacoli sia dal lato delle famiglie, con consumi previsti ancora deboli nel 2014, che da quello delle imprese, frenate anche da un evidente eccesso di capacità produttiva. Cautela che si rafforza anche alla luce delle valutazioni di ieri della Bce, secondo cui la ripresa europea resta fragile, comunque a ritmo lento, non priva di incertezze.
Ma almeno sul fronte degli investimenti, ribadiscono gli analisti di Prometeia e Intesa-SanPaolo, l’Italia avrebbe qualche carta da giocare per provare a rilanciare la domanda. 
Uno stallo che potrebbe essere almeno in parte superato dallo sblocco degli incentivi sui macchinari, la cosiddetta Sabatini-bis inserita formalmente la scorsa estate all’interno del decreto del Fare. Che a otto mesi dal varo del provvedimento ancora attende i regolamenti attuativi necessari.

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