Manovra, Monti attacca il Governo, Serie A: prime pagine e rassegna stampa

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La prima pagina del Corriere della Sera

ROMA – Sei miliardi dagli immobili. Il Corriere della Sera: “Progetto dello Stato per ridurre il debito pubblico: l’istituzione di un superfondo, aperto ai privati, che avrà lo scopo di vendere caserme, carceri, ospedali e altri immobili per un controvalore di 6 miliardi e 100 milioni di euro. L’Inail, che parteciperà all’operazione conferendo parte del patrimonio immobiliare dell’ente, contribuirà anche alla costituzione del fondo con circa 2 miliardi. Tasse sulla casa, il Tesoro contro il Pdl.”

Tasse sulla casa, scontro tra Pdl e Tesoro. L’articolo a firma di Mario Sensini:

La legge di Stabilità non è ancora arrivata in Parlamento e già la polemica politica torna ad infiammarsi. Nel mirino c’è la riforma dell’Imu del 2014, con l’arrivo della Tasi accanto alla vecchia tassa sui rifiuti. Secondo la relazione tecnica, il gettito del nuovo tributo sui servizi indivisibili dei Comuni, 3,7 miliardi, sarà superiore a quello dell’Imu sulla prima casa, 3,3 miliardi (aliquota standard), che viene abolita. E la cosa è stata duramente contestata dai lealisti del Pdl, che con Daniele Capezzone parlano di stangata in arrivo.

Il ministero dell’Economia è tornato sulla questione nel pomeriggio, con una nota per spiegare che i 3,7 miliardi della nuova imposta sono da mettere in rapporto ai 4,7 garantiti dall’Imu e dalla vecchia Tarsu sui servizi, che è stata cancellata e assorbita dalla Tasi. Un miliardo di meno, sostiene il Tesoro, coperto con un trasferimento dello Stato ai Comuni. Il nuovo regime fiscale della casa, in ogni caso, non sarà comunque tanto più leggero. Le prime case pagheranno meno, ma sugli altri immobili le tasse rischiano di essere più pesanti di oggi, soprattutto nel caso delle case sfitte, sulle quali oltre a Imu e Tasi, si tornerà a pagare anche l’Irpef sulla rendita catastale. E non sarà, quello della casa, l’unico scoglio che la manovra dovrà superare in Parlamento.

Carceri, scuole, ospedali e palazzi. Nel superfondo degli immobili di Stato. L’articolo a firma di Sergio Rizzo:

Chi protestava che il centro storico della Capitale veniva privato del pronto soccorso. Chi sosteneva che si voleva infliggere un colpo mortale alla sanità pubblica. Chi sospettava una manovra per favorire la speculazione edilizia… Risultato: che da cinque anni il San Giacomo, uno stabile enorme fra via di Ripetta e via del Corso, è vuoto. E Dio solo sa quanto costa alla fuRegione per evitare che cada a pezzi. Perché un tale patrimonio non viene riutilizzato? Vi spiegheranno che la faccenda è complicata. L’immobile è vincolato e poi c’è la questione sollevata da Olivia Salviati, discendente del cardinale Antonio Maria Salviati che al tempo lo regalò allo Stato pontificio: sostiene che fu donato esplicitamente per usi benefici e non può essere impiegato che per quelli. Insomma, se qualcuno ha pensato di trasformarlo in uffici, o peggio ancora di metterci un albergo, se lo può scordare. Anche se in questi frangenti far risparmiare qualche euro alla collettività, diciamo la verità, può ben essere considerata un’opera benefica. E pazienza se l’ultimo Papa Re è sceso dal trono un secolo e mezzo fa e l’ospedale è finito in proprietà prima al Regno d’Italia e successivamente alla Regione Lazio. Il fatto è che per cinque lunghi anni nessuno si è occupato di risolvere la faccenda.

Quale sia il motivo, se le inerzie burocratiche o altro, poco importa. La storia del San Giacomo spiega bene quanto sia complicato in Italia gestire l’immenso patrimonio pubblico senza rimetterci l’osso del collo. Alla fine degli anni Novanta una commissione guidata dall’ex ministro della Funzione pubblica Sabino Cassese lo valutò in una somma equivalente a oltre 700 miliardi di euro attuali. Stime successive hanno calcolato per i beni pubblici effettivamente cedibili un valore compreso fra 300 e 400 miliardi. Eppure, mentre la rendita di un patrimonio tanto imponente è inesistente, lo Stato e le amministrazioni pubbliche locali spendono 12 miliardi l’anno per affittare locali dai privati. Un’analisi svolta dal gruppo di lavoro di Pietro Giarda ha appurato che soltanto la polizia e i carabinieri sopportano per canoni passivi un esborso superiore a 600 milioni l’anno.

Monti: governo succube del Pdl, si scrive Letta e si legge Brunetta. L’articolo a firma di Marco Galluzzo:

«Tutto è condizionato da Berlusconi, dalla sua posizione». E fosse solo questo. La conseguenza è che «il governo Letta è inginocchiato al Pdl, tanto che spesso» le misure «si scrivono Letta, ma si leggono Brunetta». E a proposito di ginocchia: l’attuale ministro Mario Mauro, presunto traditore, «venne da me in ginocchio pregandomi di prenderlo».

Mario Monti viene intervistato nel corso della trasmissione In mezz’ora . Dice di tutto e in modo non sempre pacato, almeno nei contenuti. Nel mirino c’è il governo, che dovrebbe durare «cinque anni, che ha il miglior premier possibile», ma poi «per il predominare di Pd e Pdl è diventato il governo del disfare alcune riforme fatte in passato».

Una critica che si porta dietro un’analisi: «Tutto è condizionato dalla posizione del senatore Berlusconi. D’altra parte dopo che varammo la legge Severino, Alfano alla Camera ritirò la fiducia alla politica economica del mio governo». Senza un contratto di coalizione chiaro, prosegue l’ex premier, accadrà in futuro quello che è successo per la manovra, con Letta che sull’Imu «si è inginocchiato al Pdl, con la conseguenza di una manovra non adeguata sul cuneo fiscale e facendo aumentare l’Iva». Insomma Letta sarà anche bravissimo ma secondo Monti sta sbagliando tutto, a cominciare dai fondamentali. Misure errate e senza riforme strutturali.

Nonostante il caos interno a Scelta civica c’è ancora più di una chance che alla fine il gruppo del Senato resti in piedi, «alcuni di quegli undici senatori che hanno messo la firma su quella dichiarazione mi hanno detto di loro iniziativa in queste ore che non intendono assolutamente seguire gli altri su due cose: voteranno per la decadenza di Berlusconi e non vogliono un gruppo con l’Udc».

La prima pagina di Repubblica: “Manovra, un assalto da 10 miliardi”.

La prima pagina della Stampa: “Monti, attacco al Governo”.

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La prima pagina de Il Fatto Quotidiano: “Senti chi ruba”.

La prima pagina de Il Giornale: “Tasse scoperto il trucco”.

Renzi impallina le larghe intese: “Mai, se vinco”. L’articolo del Fatto Quotidiano a firma di Eduardo Di Blasi:

La prima notizia è che Matteo Renzi sceglie l’Unità dell’appena defenestrato direttore Claudio Sardo, per rilanciare la propria sfida al partito (l’ultimo colloquio con il quotidiano fondato da Antonio Gramsci risaliva all’anno prima, sempre sotto primarie). La seconda è che, nell’approssimarsi della data dell’8 dicembre in cui il popolo dei gazebo pd dovrà eleggere il segretario del partito, Renzi lancia un messaggio spot chiaro: “Se vinco io, mai più larghe intese”. E lo articola nel modo seguente: “Se vinco io il Pd presenterà una proposta di legge elettorale molto netta che imponga il bipolarismo e l’alternanza. Io voglio che le larghe intese non tornino mai più. Se qualcuno immagina che le larghe intese siano il futuro, e non mi riferisco a Enrico Letta che è un convinto bipolarista, sappia che con noi non riusciranno”.

E’ un messaggio “a tutti”, spiega, perchè “il Pd non appartiene a qualcuno”. Così, mentre smotta verso il Pdl un pezzo non irrelevante della Scenta civica di Monti e i centristi del Pdl provano a inventarsi un futuro Dc una volta decaduto il signore di Arcore, Renzi si mette a far la diga tra i suoi. Le sirene centriste e le larghe intese tenute a battesimo in due governi consecutivi (Monti e Letta) dal capo dello Stato con la spiegazione d’essere l’unico governo possibile, devono finire. Sul tema, Renzi è netto: “Che ci siano ambienti politici e culturali che immaginano un grande centro è un dato di fatto. Ma sarebbe dannoso per l’Italia. È un disegno che va respinto. Per questo chiedo che dal congresso esca con forza l’indicazione per il bipolarismo, senza ambiguità. I nostalgici del grande centro sono certo anche in Scelta civica, ma li abbiamo anche noi, li ha il Pdl. Però nel Paese sono minoranza. I cittadini vogliono scegliere: o centrosinistra o centrodestra”. Il modello elettorale del sindaco di Firenze è del resto quello che un tempo era bandiera del-l’intero Pd: maggioritario a doppio turno sul modello francese o su quello dei sindaci italiani.

In tenda a Porta Pia contro euro e governo “Siamo disperati”. L’articolo de La Stampa a firma di Mattia Feltri:

Fernando, disoccupato di 52 anni, dice: «Il mio sogno è un gelato». Ha fatto il ferraio, il fabbro, ha lavorato nell’edilizia, in una fabbrica di gomma. È entusiasta che i giornalisti parlino con lui. Dice: «Domani compro La Stampa. Quanto costa?». Uno e trenta. «Eh, buonanotte. Io con un euro e trenta ci compro un chilo di pasta e il pomodoro e ci mangio quattro giorni». Dice di essere un esodato ma non ne ha chiaro il concetto. Ha contributi versati in Italia, Germania, Belgio. Fa lavoretti per la Caritas. «In cambio mi danno qualche soldo, qualche vestito. Così non devo andare a rubare». Vive in un appartamento occupato, «nove punto sette metri. Ma sono un privilegiato perché sono da solo e ho un televisore di trent’anni che funziona ancora bene».

Alle 15.30 un ragazzo col megafono chiama a raduno i suoi, giovani dei centri sociali di Bologna e circondario. Saranno due o trecento. Vanno ai pullman. In piazza, davanti a Porta Pia e sotto al monumento al bersagliere, rimangono in poche centinaia. Hanno le tende, siedono sui cartoni. Ci sono bambini di ogni età. La più piccola si chiama Elisa e ha tre anni. Ragazzi ascoltano la musica e ballano, suonano strumenti a percussione, bevono birra italiana. Si gioca a pallone e si ascolta Tutto il calcio minuto per minuto. Due vecchi peruviani hanno piazzato una scacchiera su una cassetta di frutta. Ragazze puntellate di piercing si esibiscono con clavette, anelli e palle.

Jamal ha ventuno anni, i genitori eritrei ma è nato a Roma. Fa il meccanico per 850 euro al mese. «Abitavo in due stanze a 600 euro ma mi hanno sfrattato. Io e mia moglie eravamo sulla strada, allora ho preso il primo appartamento che ho trovato. Mille e 200 euro. L’ho lasciato subito». Adesso vive in occupazione. Qui sono rimasti soprattutto quelli dei comitati e delle associazioni per la casa. Gli altri stanno tornando verso le loro città, il loro mestiere. Alexandro ha 30 anni, è peruviano, abita a Monte Mario per 800 euro e 800 ne ricava dall’impiego di badante. «Viviamo coi soldi di mia moglie, che però è incinta. Fra tre mesi partorisce e per qualche tempo non so che faremo». Sua moglie è baby sitter. Ha appena finito di pulire una grande pentola in cui hanno cotto la pasta: sono venuti con bombola e fornello. Juan ha 35 anni, due figli di dieci e tre. Fa il muratore: «D’estate arrivo a guadagnare mille e duecento euro al mese, ma d’inverno il lavoro è poco, e ci sono dei mesi in cui non riesco a pagare l’affitto e il padrone dice che una volta o l’altra mi butta fuori». «La casa si prende», dicono gli striscioni. Oppure: «Occupamo perché non sapemo ’ndo annà». «Riappropriazione, sollevazione».

Tasi + Tari = Trise. Ecco chi pagherà di più. L’articolo de La Stampa a firma di Sandra Riccio:

Alla fine rimpiangeremo la vecchia Imu. Se non altro per la serie di rompicapi a cui ci costringerà la nuova tassazione sulla casa. Le novità, presenti nelle prime formulazioni della legge di Stabilità, riguarderanno i proprietari di immobili ma colpiranno anche gli inquilini che si troveranno a pagare, anche loro, una quota di tributi. La vera stangata però sarà sulle seconde case ormai considerate come bene di lusso dal Fisco e sempre più tartassate.

Tutto partirà l’anno prossimo, a gennaio. Per capire meglio cosa ci aspetta iniziamo dalla Tasi, la tassa appena introdotta e nuova di zecca che servirà per finanziare i servizi così detti indivisibili (per esempio l’illuminazione pubblica e la manutenzione delle strade). Un balzello in più, già ribattezzato “paga e tasi”, che andrà in pratica a sostituire l’Imu sulla prima casa, abrogata dalla legge di Stabilità. Sulle abitazioni poi peserà anche la Tari (tariffa sui rifiuti) che non è altro che la vecchia Tarsu. Queste due imposte, Tasi e Tari, formeranno la Trise, detta anche la “tassa triste”.

La nuova Imu sulla prima casa –  I possessori di prima casa non pagheranno più l’Imu. Per loro ci sarà, come detto, la Trise formata appunto da Tasi e Tari. Non tutti i possessori di abitazione principale saranno esentati dall’Imu perché continueranno a pagarla ancora gli immobili di pregio (accatastate come A/1, A/8 e A/9).

Quanto ci costerà la Tasi? Dalle prime formulazioni, l’aliquota base dovrebbe essere dell’uno per mille ma i Comuni potranno alzare questa imposta fino al 2,5 per mille. Con un limite però: la Tasi non dovrà comunque costare più dell’aliquota massima dell’Imu maggiorata dell’uno per mille. Quindi non dovrà superare il 7 per mille sulla prima casa (e l’11,6 per mille sulle altre case). Pagheremo di più o di meno di quel che dovevamo sborsare per l’Imu a seconda di quel che decideranno i Sindaci. Dai calcoli fatti dall’Ufficio Studi Uil, se l’aliquota applicata sarà quella base (1 per mille) allora il risparmio medio arriverà a 139 euro. Nel caso opposto ci saranno da pagare, in media, 18 euro in più. Questi dati però saranno validi solo per il 2014 perché dal 2015 cambierà di nuovo tutto. Secondo le attuali formulazioni, il tetto tornerà all’aliquota massima dell’Imu e dunque il 6 per mille per le prime case (per le seconde il 10,6 per mille).

 

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