Marco Travaglio: Arrestare grillino anche se non ruba, per giustizia elettorale?

Marco Travaglio: Arrestare grillino anche se non ruba, per giustizia elettorale?
Il paradosso di Marco Travaglio: Arrestare grillino anche se non ruba, per giustizia elettorale?

ROMA – Alla luce dello scandalo delle mazzette per gli appalti dell’Expo 2015 di Milano, non si può non essere d’accordo con Marco Travaglio:

“Chiunque sia stato a dedicare l’Expo Milano 2015 alla mancanza di cibo in vaste zone del mondo dev’essere un genio, dotato per giunta di un sopraffino sense of humour. Come dimostrano le carte della retata, i politici, i costruttori e i faccendieri intenti a costruirlo avevano una fame da lupi e mangiavano a quattro palmenti”.
Tutto l’articolo di Marco Travaglio è una sequenza di amare verità, che ci lasciano senza speranza:

“La corruzione è ormai considerata una variabile indipendente della politica e dell’economia. La mazzetta simpaticamente lubrifica,agevola, risolve. Guai se non ci fosse. E pazienza se poi le opere costano il doppio o il triplo che negli altri paesi: i costruttori sono contenti, i politici anche, i mediatori-professionisti-consulenti pure.
Ci rimettono solo i cittadini, con tasse sempre più alte e servizi sempre più scadenti, ma a distrarli e a trascinarli alle urne ci pensano i giornaloni e le tv a colpi di annunci e di slide. La corruzione ci ruba 60 miliardi di euro all’anno e l’evasione 180, però su eBay abbiamo venduto sei auto blu per 57 mila euro, mica bruscolini: basta venderne un altro milione e siamo a cavallo.
La reazione dei politici agli arresti fa rimpiangere Genny ‘a Carogna, che avrebbe trovato parole più adeguate.
Giorgio Napolitano, per gli amici Giorgio ‘o Gnorri, apre la sua consueta campagna elettorale invitando gli italiani a evitare “il populismo” (cioè Grillo) e a non farsi influenzare dalle retate: “Non tirerei in ballo le Europee su vicende che sono strettamente italiane”. Il fatto che in Italia si rubi più che in tutto il resto d’Europa e che lui sia il presidente strettamente italiano e non di un altro paese, non lo tange (scusi il termine).
Si rifà vivo anche Massimo D’Alema, che al nome “Greganti” salta su come la rana di Galvani. Nel 1993, appena finì dentro il Compagno G, Max attaccò il pool Mani Pulite chiamandolo “il soviet dei golpisti”, mentre l’amico Giuliano Amato e l’amico Giovanni Conso preparavano il colpo di spugna.
Ora che il Compagno G torna dentro, la Volpe del Tavoliere filosofeggia: “Non è la riedizione di Tangentopoli e comunque la corruzione non è un fatto legato ai partiti, ma è endemico della società italiana”. Ah, meno male, chissà che credevamo. Poi aggiunge: “Io resto un garantista e ho preso una certa prudenza in materia: ho calcolato che il 40-45% degli accusati vengono poi prosciolti”.
Forse dovrebbe cambiare pallottoliere: solo il 5% degli imputati di Tangentopoli furono dichiarati innocenti; gli altri “prosciolti” erano colpevoli e spesso rei confessi, anche se poi furono salvati da leggi che cambiavano i reati o cestinavano le prove, e dalla solita prescrizione (che fra l’altro salvò anche lui).
Nemmeno una parola sulle mazzette accertate, filmate e fotografate dagl’inquirenti: sono “endemiche”.
“Questa roba non fa bene”, commenta il renziano Matteo Richetti, anche se il Matteo supremo ha invitato a “non commentare”. “La cosa è preoccupante, potrebbe essere il grimaldello per scardinare tutto”, conferma Quagliariello (Ncd). E la “roba” che non fa bene, la “cosa” che li preoccupa non è la corruzione che, vista la notorietà dell’Expo, fa il giro del mondo qualificando l’Italia per quello che è; bensì il fatto che – come intonano a una sola voce Sallusti, Belpietro, Ferrara, Berlusconi (centrodestra), Cicchitto (Ncd) e Pisicchio (centrosinistra) – “gli arresti portano voti a Grillo”, dunque è “giustizia a orologeria” (Toti). Ora, per essere giusti, i giudici devono arrestare qualche grillino a caso, anche se non ruba”.

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