Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Rutto nazionale”

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Rutto nazionale"
Berlusconi (LaPresse)

ROMA – “Rutto nazionale”, questo il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio sulle pagine de Il Fatto Quotidiano di giovedì 11 luglio 2013.

“Nel Paese del Partito Unico Pdmenoellepiùelle, dove basta un ruttino o un peto del padrone del governo, del Parlamento e del Quirinale per scatenare l’allarme generale, accade pure questo: la serrata delle Camere in segno di lutto nazionale perché la Cassazione, anziché prescriverlo per l’ottava volta, pretende addirittura di giudicarlo in tempo utile. Una minaccia bella e buona del potere legislativo a quello giudiziario in vista del 30 luglio, spacciato come una riedizione del 25 luglio 1943, anche se tutti sanno che B., diversamente dal Duce, non finirebbe agli arresti né in ambulanza neppure se condannato e interdetto, anzi continuerebbe a comandare fuori dal Parlamento, dove peraltro già ora non mette piede. Insomma non cambierebbe nulla.

Ma il fatto che sia arrivato terzo alle elezioni (cioè ultimo, se non ci fosse il partito di Monti che svolge in Italia le funzioni della Grecia in Europa) aggiunge un tocco di surrealismo al calarsi le brache del cosiddetto Pd che, sebbene fosse arrivato primo, conta ormai quanto un pelo superfluo. (…)

E, per entrare definitivamente nella leggenda , ha affidato la comunicazione dello storico evento a tal Roberto Speranza, inopinatamente capogruppo alla Camera, lo stesso che da giorni ci spiega come superare il complesso di B. e intanto propone le stesse “riforme” della giustizia di B. Sentite che concentrato di neuroni: “Non c’è stata nessuna moratoria. Abbiamo solo votato per consentire al Pdl di tenere l’assemblea del gruppo nel pomeriggio. Abbiamo invece respinto una richiesta ingiustificata di sospendere tutti i lavori per tre giorni”. (…)

(…) Il ruggito del coniglio: ne ho prese tante, ma quante gliene ho dette! Nessuno, nel Pd come in tv e sui giornali, dedica una parola al merito della questione: B. ha un processo in Cassazione per frode fiscale perché è un monumentale evasore fiscale. Interessa a qualcuno sapere se, come dice lui, è un perseguitato politico o, come emerge dagli atti, è un delinquente matricolato? No, a nessuno, perché tutti sanno che è buona la seconda. Lo sa B. e ci mancherebbe. Lo sanno i suoi eletti, che lo conoscono bene e gli somigliano. Lo sanno i suoi elettori, che lo votano apposta e vorrebbero somigliargli. Lo sa il Pd, che gli ha fatto scegliere il presidente della Repubblica e quello del Consiglio e ha deciso di governare con lui e di riformare la Costituzione con lui, quando era arcinoto che era imputato nei processi Mediaset, Ruby, Unipol, De Gregorio e Tarantini, destinati a ripartire dopo l’incredibile pausa elettorale e post-elettorale imposta dal Quirinale. E lo sapeva naturalmente il regista di tutto: Napolitano, che il Foglio descrive sconfitto nel suo “lavoro di costruzione di un equilibrio possibile” (sarebbe un attentato alla Costituzione, ma il Colle non si degna neppure di smentirlo). Tutti insieme, in barba agli elettori che l’avevano punito con 6,5 milioni di voti in meno, hanno riportato al governo un delinquente e ora tremano all’idea che la Cassazione lo metta nero su bianco. Se cade lui, cadono tutti. Dunque la parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti: “Nessuno tocchi Cainano”.”

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