Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Un mandante è per sempre”

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Un mandante è per sempre"
Travaglio (LaPresse)

ROMA – “Un mandante è per sempre”, questo il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio sulle pagine de Il Fatto Quotidiano in edicola oggi, giovedì 5 settembre.

“Che il Banano sia furibondo con i suoi onorevoli avvocati Ghedini e Longo, che l’anno scorso non gl’impedirono, anzi gli suggerirono di votare la legge Severino, aiutandolo a infilare la testa nel cappio e a stringersi il nodo scorsoio intorno al collo, è cosa nota. Che sia molto deluso anche dai superpoteri del principe del foro Franco Coppi, spacciato dai soliti ben informati per un supereroe specializzato nel far assolvere i colpevoli in Cassazione, è risaputo. Ciò che ancora non si sapeva è che avesse già trovato il sostituto, il 64° difensore della sua lunga carriera di imputato: Piero Ostellino.

Il quale ieri, sul Corriere, ha voluto gentilmente anticipare la nuova linea difensiva di B. da spendere – si suppone – dinanzi alla Corte di Strasburgo. Analizzando con la consueta perizia giuridica le motivazioni della Cassazione, l’autorevole Ostellino ha scoperto che B. è stato condannato per “una nuova fattispecie giuridica di delinquente della quale finora la giurisprudenza non aveva notizia: l’“ideatore di reato’”. (…)

Ma lui, evidentemente, le conosceva già per scienza infusa. Stavolta invece si occupa di quelle del processo Mediaset, depositate dalla Cassazione il 29 agosto, e riesce a leggervi ciò che nessuno, nemmeno Coppi e Ghedini e Longo messi insieme, nemmeno il Giornale, il Foglio, Libero, Panorama, il Tg4 e Studio Aperto avevano notato. Per esempio ha scoperto che B. è stato condannato da solo, appunto come “ideatore di reato”, mentre “i suoi sodali, pur avendo commesso il reato da titolari di cariche societarie, non sono stati incriminati”.

Quindi “d’ora in poi chiunque scriva un libro giallo nel quale descriva in dettaglio il modo migliore di rapinare la Banca d’Italia sappia che è passibile di condanna anche se, e quando, altri lo facciano davvero”. Gli sfugge che l’ideatore si chiama anche mandante o concorrente nel delitto ed esiste dall’età della pietra. Ma soprattutto che, insieme a B., sono stati incriminati e processati e condannati i suoi sodali Agrama, Galetto e Lorenzano, senza contare Del Bue e Giraudi salvati dalla prescrizione, Cuomo e Bernasconi defunti e Confalonieri assolto. Ma questi, per un giureconsulto che vola alto come Ostellino, sono solo dettagli. Ciò che conta è la sua sapienza giuridica, che lui distilla sul Corriere spiegando che al massimo B., come ideatore di reato, ha “manifestato una brutta intenzione” o “una cattiva coscienza” e dunque “andava assolto”: solo “l’arbitrarietà di una certa magistratura” poteva processarlo e condannarlo inventandosi “un nuovo reato” per “accusare qualcuno senza prove” e condannarlo “per ragioni politiche”, cioè per “liberarsi del capo di un movimento che si oppone all’egemonia della sinistra”.

Il che “dà la misura dell’abisso giuridico e morale in cui è caduto il Paese”, obnubilato da “una sempre ben orchestrata campagna mediatica” a cui – si suppone – contribuiscono anche i cronisti del Corriere , i quali hanno dato ampio conto delle vere motivazioni della sentenza. Che purtroppo non sono quelle descritte da Ostellino, di cui non resta che sperare che non le abbia lette, altrimenti bisognerebbe concludere che non ha capito una mazza. (…)

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