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Marco Travaglio: Giuliano Amato tra Romiti e Bettino Craxi. Biografia, 4 puntata

di Marco Benedetto |24 Gennaio 2015 11:43

Marco Travaglio: la sua biografia non autorizzata di Giuliano Amato è arrivata alla 4 puntata

ROMA – Marco Travaglio prosegue sul Fatto Quotidiano la sua biografia non autorizzata di Giuliano Amato, di cui si è parlato come possibile candidato a Presidente della Repubblica. Siamo alla quarta puntata. Ecco gli episodi salienti raccontati in questo numero.

1. Il racconto di Marco Travaglio parte dai contatti fra il Partito  socialista, di cui Giuliano Amato era numero due sotto Bettino Craxi, segretario politico e dominus,con la Fiat e in particolare col suo amministratore delegato Cesare Romiti, sullo sfondo della richiesta da parte della Fiat di incentivi statali per aprire un nuovo stabilimento nel Sud Italia, a Melfi in Basilicata.

” I retroscena li racconterà quattro anni dopo l’ex vicesegretario socialista Giulio Di Donato dinanzi al gup torinese Francesco Saluzzo, nel processo con rito abbreviato a Romiti per falso in bilancio e finanziamento illecito al Psi.
Gup: “Le è mai capitato di parlare con Balzamo (lo scomparso tesoriere del Psi, ndr) dei canali di finanziamento del partito?”.
Di Donato: “Mah, in maniera molto generica: Balzamo non rivelava le fonti del finanziamento, né di quello lecito né di quello non lecito. Credo che lui avesse un rapporto di questa natura con il vicesegretario vicario, Giuliano Amato. Vicario, cioè quello che si occupava di mantenere rapporti più assidui, più in contatto col segretario Craxi”.
G: “Lei cosa sa di contatti con Cesare Romiti?”.
D: “Un mese e mezzo prima delle elezioni (dell’aprile ’92, ndr) ci fu una visita di Romiti al quinto piano di via del Corso, dove c’erano gli uffici di Craxi, Amato, Acquaviva (capo della segreteria Psi, ndr). Penso che abbia parlato con Craxi e con Amato. Balzamo mi disse 48 ore più tardi che dopo quell’incontro i rapporti di sostegno finanziario dalla Fiat erano molto migliorati (infatti, il 12 marzo 1992, arrivò su un conto estero del Psi una mazzetta Fiat di 4 miliardi, ndr).
G: “Romiti con chi aveva rapporti, nel Psi?”.
D:“Più che direttamente col segretario, penso con Amato”. […]

2. Tangentopoli. Tanto tuonò che piovve: dopo gli scandali degli anni 80 a Torino, Genova, Milano e Viareggio, che vedono il Psi alla guida del partito trasversale delle mazzette, nel 1992 il pool di Milano scoperchia l’intero sistema. Il primo arrestato è Mario Chiesa, il “mariuolo” del Pio Albergo Trivulzio. Poi è la volta di altri dirigenti locali, su su fino all’ex sindaco Carlo Tognoli e a quello in carica, Paolo Pillitteri, cognato di Craxi. Trovare un socialista intonso da avvisi o manette è un’impresa. Bettino spedisce a Milano un commissario di grande esperienza accumulata con le Tangentopoli di Torino e Viareggio: Giuliano Amato.

Nella capitale di Tangentopoli, il Dottor Sottile si distingue subito per il grande slancio moralizzatore: “Ogni volta che da noi si scopre un mariuolo – proclama – quelli del Pds dicono che è un sistema di potere. Quando il mariuolo è loro, è una pecorella nera” (8.5.92). E ancora, lungimirante: “Se si guarda al tentativo di coinvolgere Craxi nella storia di Mario Chiesa, questo mi sembra il classico scandalo montato sul nulla per impedire che Craxi abbia l’incarico” (7.6.92). Infatti sarà proprio Chiesa a inguaiare Craxi.

3. Primo ministro. Dopo le elezioni-terremoto del 6-7 aprile (quadripartito al minimo storico del 51% e boom della Lega Nord) e la strage di Capaci del 23 maggio, il nuovo presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro deve nominare il nuovo premier al posto di Andreotti. […] Le alternative sono Amato e Claudio Martelli, il delfino, che però sta prendendo le distanze da Bettino. Così tocca ad Amato, ritenuto più fedele al segretario. Il Dottor Sottile mette su un esecutivo che somiglia molto a un lombrosario, l’ultimo grido della Prima Repubblica: infatti nel giro di pochi mesi perderà per strada ben sette ministri, impallinati da altrettanti avvisi di garanzia per tangenti varie.

Lo Stato, ricorda Marco Travaglio, era in bancarotta:

“I partiti si sono mangiati tutto, gli stipendi dei dipendenti pubblici sono a rischio, il debito è fuori controllo, i parametri di Maastricht sempre più lontani dall’essere rispettati. Amato, con la legge finanziaria di fine 1992, impone una cura da cavallo di tasse e tagli da 92 mila miliardi di lire. E, non bastando quelli, dispone nottetempo il prelievo forzoso del 6 per mille sui conti correnti degli italiani. Molti gli rimprovereranno una politica monetaria suicida, con la difesa a spada tratta della lira per tutta l’estate e la successiva svalutazione del 30 per cento, con annessa uscita dallo Sme (il sistema monetario europeo). I suoi futuri amici del Pds lo trattano come un incapace e un affamatore del popolo.

C’è stato solo uno che ha fatto peggio, Mario Monti, nel 2011 – 2012.

4. “Ero alla toilette“. Sentendosi braccato dai pm e tradito da Martelli che vuole “restituire l’onore perduto ai socialisti”, Craxi decide di investire Amato della successione in via del Corso. Anche perché il Dottor sempre meno Sottile gli dà una buona mano nell’attacco ai magistrati. Il 27 agosto 1992, con mirabile sensibilità istituzionale, il presidente del Consiglio partecipa alla segreteria del Psi convocata da Bettino per scatenare l’offensiva dei dossier contro Di Pietro e preceduta da alcuni minacciosi corsivi anonimi (cioè suoi) sull’Avanti! Persino il Guardasigilli Martelli capisce che non è il caso di andarci. Amato invece ci va. Dirà poi di non essersi accorto dello scopo della riunione perché, nel momento topico, si era assentato per andare alla toilette.

5. Di Pietro. Ecco il racconto di Carlo Ripa di Meana, allora ministro dell’Ambiente e amico di Craxi, interrogato nel 1995 dal pm bresciano Fabio Salamone: “Amato (nell’estate ’92, ndr) mi disse: ‘Io ho i rapporti del capo della Polizia (Vincenzo Parisi, ndr) e di tutti i servizi, che dicono che bisogna fermare questo pool, e in particolare Di Pietro, perché questi stanno mettendo in pericolo le istituzioni’…”. […] Pensavo che Craxi dovesse essere fermato prima che completasse la propria rovina personale e quella del Partito socialista… Decisi che […] avrei rotto col governo, con il partito e col mio amico Bettino… Giuliano Amato mi rimproverò: disse che l’azione giudiziaria di Mani Pulite – come indicavano i Servizi e il capo della Polizia Parisi – era un pericolo per le istituzioni. Poi il confronto tra noi dinanzi al magistrato di Brescia, con Giuliano che pretendeva di negare tutto…”.

 

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