Marco Travaglio. Renzi a Berlusconi: Socio, i gufi mi hanno sgamato, ci ho provato

Marco Travaglio. Renzi a Berlusconi: Socio, i gufi mi hanno sgamato, ci ho provato
Renzi e Berlusconi. “Socio, ci ho provato, i gufi mi hanno sgamato”, parola di Marco Travaglio

ROMA – Sostiene Marco Travaglio in un editoriale intitolato “La buccia del Banana” e  pubblicato sul Fatto del 6 gennaio 2015: ormai è chiaro che è Matteo Renzi il padre del Salva Berlusconi, la norma inserita nel decreto fiscale ufficialmente chiamato “Schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra Fisco e contribuente”. Tutti lo sanno, ma nessuno ci vuole credere, Così Marco Travaglio se la prende con

“i colleghi di giornali e tv che, a parte il Corriere, sono ancora a caccia della “manina” che quatta quatta, alla vigilia di Natale, ha infilato l’articolo 19-bis, il Salva Silvio, e altre amenità nel decreto attuativo della delega fiscale licenziato dal ministero dell’Economia poco prima del suo ingresso nel Consiglio dei ministri del 24 dicembre. Rassegnatevi: la manina è quella di Matteo Renzi. L’ha detto lui stesso al nostro giornale, con la spudorata franchezza che gli è propria”.

L’articolo, efficace e pungente come nello stile, è però troppo focalizzati nella polemica con i “colleghi” e non va a fondo su due punti importanti, che pure tocca.

1. Il ruolo di Antonella Manzione, ex capo dei vigili di Firenze, che Renzi ha fatto carte false per portarsi a Palazzo Chigi come capo dell’Ufficio Legislativo. La vicenda del Salva Berlusconi fa capire il perché. Purtroppo, Marco Travaglio non approfondisce:

“Resta poi da capire chi, materialmente, abbia scritto il codicillo incriminato (il capo dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi, Antonella Manzione, non c’entra: dunque è stato uno degli avvocati e giuristi che Renzi dice di aver consultato? E quale? E per caso difende qualche imputato eccellente per delitti fiscali? Dagospia fa il nome di Coppi, che smentisce. Ma un tecnico molto esperto e interessato ci ha lasciato lo zampino)”.

Difficile non vedere l’intero disegno. Se a capo del Legislativo ci fosse stato un funzionario della Legge, la Salva Berlusconi, chiunque l’avesse scritta, non sarebbe passata. Con un vigile urbano alla consolle, si trattava solo di regolare il traffico dei commi.

2. Il giro di carte in mano a Matteo Renzi. Travaglio scrive: “Ora comunque il premier può dire al partner Nazareno: “Ehi socio, io ci ho provato, ma i soliti gufi mi hanno sgamato””. Non va a fondo nel cogliere la nuova situazione: se il Salva Berlusconi fosse passato, Berlusconi avrebbe ottenuto quello che voleva, il ripristino della sua agibilità politica, e Matteo Renzi avrebbe dovuto condurre le due difficilissime partite che lo aspettano da subito, l’approvazione della legge elettorale, Italicum, e la elezione del Presidente della Repubblica. Sono ormai storia i precedenti di Berlusconi che fa saltare il tavolo dopo avere portato a casa il risultato, rimangiandosi ogni parola data. Per Renzi sarebbe stato un “famo a fidasse”.

Ora che Renzi ha tenuto fede alla sua parte del deal, saltato per cause di forza maggiore, è lo stesso Renzi a avere il coltello alla gola di Berlusconi. Se Berlusconi sgarra, addio condono. Da notare che Renzi non ha detto “non se ne parla più”. Ha semplicemente risolto tutto con un rinvio. Pensare che Renzi sia così doppio e sottile, per quanto concittadino di Nicolò Machiavelli, da avere lui stesso architettato la trappola è certamente troppo. Certamente si tratta di una eccezionale fortuna. In ogni caso ha trasformato una mezza débacle in un rafforzamento strategico forse decisivo.

C’è invece un terzo punto, che finora i giornali, tutti presi da Berlusconi, hanno sottovalutato e che Marco Travaglio mette in evidenza:

3. il condono fiscale di massa per tutti gli evasori e i frodatori.

L’articolo ha invece come contenuto principale la

“strepitosa beota ingenuità dei commentatori governativi, disposti a fare i finti tonti e persino a passare per fessi pur di scagionare Renzi: anche dopo che lo stesso premier le ha confessate.

Signore, è stata una svista. Sentite Stefano Folli su Repubblica: “L’operazione era maldestra, tanto maldestra da rendere verosimile che né Renzi né Berlusconi fossero i diretti responsabili del pasticcio”, anzi della “buccia di banana” messa lì da chissà chi per far inciampare l’Infallibile Presidente del Consiglio. La prova? Eccola: “I due avrebbero scelto meglio l’argomento e le modalità, se avessero voluto mettere a segno un colpo di tale rilievo qual è la riabilitazione pubblica del leader di Forza Italia… Nessuno dei due, né il premier né il suo semi-alleato del Nazareno, hanno (sic, ndr) il minimo interesse oggi a riaccendere i riflettori su una stagione passata… Quindi è possibile che la norma, che pure era stata infilata nel decreto, sia passata per l’eccesso di zelo di qualcuno, ma senza un coinvolgimento politico ad alto livello”.

Par di sognare: se non fosse stato per i gufi del Fatto Quotidiano, che ha raccolto la denuncia del sottosegretario Zanetti sull’abnormità della soglia del 3% (non solo di evasione, ma persino di frode), nessuno ne avrebbe parlato né l’avrebbe collegata al caso Berlusconi (come han fatto il nostro giornale e altri due giorni fa): il decreto dello scandalo, grazie anche al torpore delle feste, sarebbe approdato alle commissioni parlamentari per il visto finale (non c’è neppure dibattito né voto: è l’attuazione di una legge delega) e a quest’ora sarebbe già legge dello Stato sulla Gazzetta Ufficiale. E Berlusconi avrebbe già chiesto l’incidente di esecuzione alla Corte d’appello per farsi cancellare la condanna con tutti gli annessi e connessi.

A quel punto tutti avrebbero recitato la parte delle vergini violate: “Oddio, non ce n’eravamo accorti, ma purtroppo cosa fatta capo ha, pazienza”. Il guaio di Renzi (e di Berlusconi) è che esiste ancora qualche sprazzo di libera informazione, che l’ha colto con le mani nel sacco. Ora comunque il premier può dire al partner Nazareno: “Ehi socio, io ci ho provato, ma i soliti gufi mi hanno sgamato”. Dove sarebbe dunque l’“operazione maldestra” e quali “argomentazioni e modalità” sarebbero state “migliori” di quelle usate da Renzi & C.? Mistero.

Il Premier ha sempre ragione. Sempre su Repubblica anche Gianluigi Pellegrino, in un articolo peraltro severissimo sul contenuto della “riforma” fiscale, ipotizza la presenza di misteriose “serpi covate in seno a Palazzo Chigi che giocano proprie indicibili partite” all’insaputa del povero Matteo, e se la prende con quelli che “non l’hanno avvertito né messo in campana”. Anche il Duce era innocente per definizione: la colpa era sempre di chi lo circondava e lo mal consigliava. Ragazzi, sveglia: l’ha detto Renzi che la norma l’ha fatta Renzi. Fatevene una ragione, è andata così. […] Nella migliore delle ipotesi, siamo governati da dilettanti, anzi da ignoranti allo sbaraglio. […]

“L’impronta digitale. Prendiamo sul serio le parole di Renzi al Tg5: “Se qualcuno immagina chissà quale scambio, non c’è problema: ci fermiamo. Questa norma la rimanderemo in Parlamento solo dopo l’elezione del Quirinale e dopo che Berlusconi avrà completato il suo periodo a Cesano Boscone, e dimostreremo che non c’è nessun inciucio strano”. Delle due l’una. O la norma non è stata fatta per B. anche se salva B. – come giura Renzi, appellandosi all’eterogenesi dei fini – e allora non si capisce che c’entrino l’elezione del nuovo capo dello Stato e, a maggior ragione, la fine dei servizi sociali di B.; ergo abbiamo un governo di cialtroni. Oppure è stata fatta per B. (o anche per B.), e dunque attendere le due scadenze che lo riguardano ha un senso; ma allora abbiamo un governo di bugiardi. In ogni caso, siamo in buone mani”.

 

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