ROMA – “L’amorale della favola”, Marco Travaglio, dalle pagine del Fatto Quotidiano (11 ottobre) risponde a Massimo Adinolfi, un botta e risposta a distanza su amnistia e indulto:
Un principio che, osserva il noto filosofo citando l’incolpevole Walter Benjamin, è sintomo di un “ruvido e inflessibile senso di giustizia” che “si tiene” in un tutt’uno “con la vendetta”, contro il “senso di umanità e rispetto della dignità della persona”. Se fosse solo Adinolfi, non meriterebbe neppure di perdere tempo per rispondergli. Ma la disgraziata sinistra italiana, la peggiore del mondo, è piena di Adinolfi convinti che il principio “chi sbaglia paga” sia roba fascista. “Morale reazionaria”.
Il pover’uomo forse ignora che il principio “chi sbaglia paga” è la base di ogni morale, punto, senz’aggettivi. Si chiama etica della responsabilità. Che, in campo penale, si traduce in “certezza della pena”. Ciascuno, quando compie un’azione, deve sapere a quali conseguenze va incontro. Se quell’azione è un delitto, c’è un Codice penale che l’avverte della sanzione che gli toccherà. E la sanzione, per essere efficace (“deterrente”, se non è troppo reazionario il concetto), dev’essere poi irrogata.
Altrimenti, se uno sa che una cosa è vietata ma, facendola, non gli succede niente, o è virtuoso per natura, oppure la fa. Per impeto, per interesse, per abitudine. Solo così lo Stato può arrogarsi il diritto di amministrare la giustizia al posto dei singoli cittadini che subiscono un torto: altrimenti ciascuno si fa giustizia da sé e quella sì che è giustizia di piazza, un po ’ anzi molto reazionaria e “giustizialista”. Sono concetti elementari che potrebbe capire anche un Adinolfi qualsiasi, se la sinistra italiana fosse dominata da culture democratiche dotate di un minimo senso dello Stato: invece è anch’essa, come questa destra, figlia di culture autoritarie (togliattismo) e impunitarie (craxismo, cattocomunismo, lottacontinuismo e gruppettarismo anni 70) che non hanno mai introiettato il principio di legalità (la legge è uguale per tutti) e l’etica della responsabilità (non a caso il cattolicesimo liberale di De Gasperi ed Einaudi o “democratico” di Dossetti, e l’azionismo dei Galante Garrone, Mila, Firpo e Sylos Labini sono sempre rimasti in minoranza).
Sono queste culture dominanti a sinistra, oltreché i politici ricattati o ricattabili, che Berlusconi deve ringraziare se da 20 anni lo lasciano scorrazzare indisturbato sulle spoglie della nostra democrazia. Non è un caso se la sinistra nominò Del Turco presidente dell’Antimafia, Boato relatore sulla Giustizia in Bicamerale, Manconi sottosegretario alla Giustizia, Buemi estensore dell’indulto 2006, ri-Manconi scriba del colpo di spugna prossimo venturo. Il fatto poi che abbiamo osato scrivere che l’indulto, proposto da Napolitano sulla falsariga di quello del 2006, si applicherà anche a B., sbugiardando chiunque lo neghi, è per Adinolfi il sintomo di un’ossessione malata: “Travaglio sarebbe in grado di tirare in ballo Berlusconi anche in caso di collisione di un meteorite sulla Terra: tutti scappano, vuoi vedere che il meteorite è precipitato per consentire a Berlusconi di farla franca?”. Forse lo spiritoso filosofo in questi vent’anni è stato su Saturno e non ha potuto assistere ai continui salvataggi di B. da parte dei suoi, ma anche della cosiddetta sinistra. Che, lo ricordo, è tuttora al governo con lui. In ogni caso, invece di cianciare di Benjamin e di meteoriti, questi Kant de noantri potrebbero spendere poche righe per spiegarci una cosa molto semplice: per quale strano motivo l’indulto del 2006 si applicava a B. e invece quello gemello in cantiere ora non si applicherebbe a B. È un concetto piuttosto elementare: se indulto A = indulto B, Berlusconi la sfanga anche stavolta. Forza, Adinolfi, ce la puoi fare anche tu.