Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Costituenti e costituiti”

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Costituenti e costituiti"
La prima pagina del Fatto

ROMA – “Costituenti e costituiti” è il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano del 3 luglio:

Prima di usare i padri costituenti (quelli veri del 1946-‘47) per fare da palo e tenere il sacco a chi vuole regalare l’immunità parlamentare ai consiglieri regionali e ai sindaci che la Casta nominerà senatori, non più eletti e quasi del tutto sprovvisti del potere legislativo, bisognerebbe almeno conoscere i lavori preparatori della Costituzione. E sapere a che cosa pensavano, auspicavano e temevano i 70 Costituenti quando discussero, scrissero e votarono l’articolo 68 della Carta sulle guarentigie dei parlamentari. Che alla fine suonava così: “I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale; né può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura. Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile”. Il 29 ottobre ‘93, in piena Tangentopoli e dopo decenni di abusi, le Camere lasciarono intatto il primo comma (insindacabilità per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle funzioni) e riformarono gli altri: per le indagini e l’esecuzione di sentenze definitive fu tolta l’autorizzazione a procedere, che invece rimase per arresti, perquisizioni e altre limitazioni della libertà, e fu aggiunta per le intercettazioni e i sequestri di corrispondenza.

I costituenti iniziano a occuparsi dell’immunità in II Sottocommissione il 19 settembre 1946. Poco prima hanno discusso se non sia il caso di sottrarre alla giustizia domestica delle Camere la verifica sulla regolarità dell’elezioni dei singoli membri e di affidarla – come propone Costantino Mortati, sostenuto da Giovanni Leone e Aldo Bozzi – a un tribunale esterno di consiglieri di Stato, per “tutelare le minoranze da ogni possibile ingiustizia commessa a loro danno dalla maggioranza”. Il ricordo del fascismo è vivo e incombente. E la sacralità del Parlamento come palestra di democrazia non è ancora inquinata dagli abusi di Casta. Leone osserva: “La Camera, autolimitandosi sulla verifica dei poteri, darebbe al Paese un esempio di serenità e nobiltà di comportamento. Cioè che gioverebbe, non nuocerebbe al suo prestigio”. La proposta resta minoritaria, ma questo è lo spirito che anima i costituenti.

Anche sull’immunità, incombe il timore che una magistratura uscita intatta dal fascismo (mai epurata, dunque portata al conformismo verso il potere e omologata anche per estrazione sociale alle classi dominanti) diventi il braccio armato del governo contro minoranze e opposizioni. Tantopiù che all’epoca gli arresti e le perquisizioni posson essere effettuati direttamente dalle forze di polizia (dipendenti dal governo), senza l’ordine del giudice. Di qui la preoccupazione, espressa per esempio da Leone, che “un atto dell’autorità giudiziaria o di polizia possa essere ispirato da una valutazione o da un orientamento politico” per impedire “a un deputato la libera esplicazione del suo mandato parlamentare”. Vige il Codice Rocco, con ampi poteri alle polizie (con facoltà di fermo) e con il processo inquisitorio (il giudice istruttore dominus delle indagini, affiancato dal pm, e le difese in soggezione). Molti costituenti sono allarmati dal potere dell’“agente di pubblica sicurezza” di dare “la prima valutazione dei reati al fine dell’arresto in flagranza”. Perciò stabiliscono che i parlamentari colti in flagranza di reato possano essere arrestati solo per i delitti che prevedono l’arresto obbligatorio, e in seguito la Camera possa valutare la fondatezza o meno della cattura. Emilio Lussu però precisa: “L’essenziale è che il deputato non commetta nessun delitto; ma, se ne commette, deve ricadere sotto la legge comune e non godere di una situazione di privilegio” (…)

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