ROMA – “Diversamente antimafia”, questo il titolo dell’editoriale sul Fatto Quotidiano a firma di Marco Travaglio:
I casi sono due: o il professor Giovanni Fiandaca, giurista di chiara fame candidato del Pd alle Europee, è molto furbo, oppure è molto ingenuo. Martedì, giorno in cui la Cassazione doveva decidere se confermare o annullare la condanna di Dell’Utri a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, Fiandaca pubblicava un articolo contro il concorso esterno sul Foglio di Ferrara&Berlusconi, da sempre colluso con Dell’Utri. E nel giugno 2013, vigilia della decisione della Corte d’assise di Palermo sulla richiesta degli imputati di spostare a Roma il processo sulla trattativa Stato-mafia, pubblicò sempre sul suo Foglio preferito un saggio intitolato “Il processo sulla trattativa è una boiata pazzesca”, previo pagamento del copyright al suo maestro, il ragionier Ugo Fantozzi.
La tesi, naturalmente, era che il processo dovesse traslocare a Roma, infatti i giudici decisero che restasse a Palermo. Non appena partì, Fiandaca scrisse in fretta e furia un “saggio” con lo storico Salvatore Lupo in cui si rimangiava anni di negazionismo: dopo aver sempre definito la trattativa “cosiddetta” e “presunta”, ammise che “la trattativa c’è stata”, ma la assolse in quanto “insindacabile penalmente” e “giuridicamente legittima”, ispirata dallo “stato di necessità” e “a fin di bene”. Quel bene che costò la vita a 16 persone e la salute a una quarantina nelle stragi di via D’Amelio, via dei Georgofili e via Palestro. Effetti collaterali. E soprattutto nessun reato e nessun colpevole. Il fatto che Fiandaca scriva i suoi manuali di diritto a quattro mani con l’avvocato Enzo Musco, difensore del generale Mori, è solo una coincidenza. Del resto il Pd ha un’attrazione fatale per gli avvocati della trattativa: ha appena portato alla Camera e al governo Umberto Del Basso de Caro, difensore di Nicola Mancino (e a sua volta inquisito per Rimborsopoli). E poi – turibola Claudia Fusani sull’Unità, la pravdina del Pd – “Fiandaca ha avuto il coraggio e il merito di criticare il processo sulla trattativa”. In effetti c’è voluto un bel coraggio, anche perché non l’aveva criticato nessuno, a parte tutti i giornaloni, i tg, i partiti e il Quirinale. Ora, per quelle critiche, Fiandaca paga un prezzo altissimo: una poltrona ben pagata al Parlamento europeo (l’ennesima, dopo quelle di membro del Csm, consulente governativo e membro di commissioni ministeriali) e una raffica di interviste-soffietto sui quotidiani di destra, centro e sinistra. Non sappiamo come abbia accolto la notizia Riina, dopo aver condannato a morte i pm che – privi del coraggio di Fiandaca – hanno istruito il processo sulla trattativa e, come direbbe Andreotti, se la sono cercata (Fiandaca però giura di “voler bene a Ingroia” ed essere “vicino a Di Matteo”).
Possiamo invece immaginare la soddisfazione di Napolitano, che ha fatto di tutto per screditarli e punirli. Già, perché quei pm sono i nemici pubblici sia del capo dello Stato sia del capo della mafia, in perfetta coerenza logica con la trattativa Stato-mafia. Ora però, nel momento stesso in cui Fiandaca sbarcherà a Bruxelles e Strasburgo, tutto si risolverà: l’eurogiurista, vincendo la naturale ritrosia per le cadreghe, ha accettato la candidatura non solo per l’“incoraggiamento del vicesegretario Guerini e del ministro Orlando” (che è già una bella soddisfazione), ma soprattutto “per dire basta al populismo giudiziario”, a “vent’anni d’intoccabilità dei magistrati” (è quel che dice anche Berlusconi) e all’“antimafia gridata”. Lui la preferisce sussurrata (…)
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